“Il Mese Classico”. Intervista a Roberto Roganti di Maria Teresa De Donato
MTTD: Ciao Roberto e benvenuto di nuovo al nostro appuntamento.
Quale grande compositore ci introduci oggi?
RR: Ciao Maria Teresa e bentrovata. È sempre un piacere incontrarti e poter presentare grandi musicisti del passato ai nostri lettori.
Oggi ho pensato di presentarvene due: l’italiano Giorgio Federico Ghedini e il polacco Henryk Wieniawski.
MTDD: Iniziamo con Ghedini, dunque. Puoi darci qualche cenno biografico?
RR: Ghedini nacque a Cuneo l’11 luglio 1892 e morì a Nervi il 25 marzo 1965. Studiò a Torino violoncello e composizione, diplomandosi nel 1911. Fu poi, per qualche anno, maestro sostituto al Teatro Regio e dal 1918 insegnante alla Scuola municipale di canto corale di Torino, passando più tardi alla cattedra di composizione di quel Conservatorio. Dal 1941 insegnò al Conservatorio di Milano, di cui fu direttore dal 1951 al 1962.
MTDD: Vuoi parlarci di qualche particolarità della sua produzione?
RR: Volentieri. Mi farebbe piacere ricordare la sua Partita per orchestra del 1926.
MTDD: Iniziamo magari con lo spiegare cosa sia una ‘partita’…
RR: Certo. Nella musica italiana dei primi decenni del secolo scorso la forma della partita ebbe una fortuna sorprendente. Nella ricerca, comune a tutti i musicisti delle recenti generazioni, di un allacciamento con la tradizione musicale italiana, questa forma dovette sembrare la più adatta a racchiudere un modo di espressione profondamente italiano e insieme avvertito dei più recenti sviluppi della musica. Di fatto, nella generale tendenza alla classicità, questa forma strumentale si prestò particolarmente bene all’operazione di “ricupero” di una tradizione strumentale, che era stata interrotta per quasi due secoli dall’imporsi dell’opera lirica. La serie delle partite fu inaugurata da Casella nel 1925, poi venne questa di Ghedini, cui seguirono nel 1932 quelle di Petrassi e Dallapiccola.
La Partita è una composizione tipica del periodo “barocco” e costruttivista di Ghedini, intessuta di ritmi vigorosi, di un contrappunto sanguigno e sapiente, assai elaborata anche nel trattamento orchestrale, non aliena da aspri urti armonici ma ispirata a una chiara linearità di discorso. È scritta per normale orchestra sinfonica e comprende i seguenti temi: “Entrata” (‘Allegro gagliardo’), “Corrente” (‘Sereno, dolce e primaverile’), “Siciliana” (‘Lento, pensoso e mesto’), “Bourrée I e II,” “Giga,” dove non sembrerebbe errato scorgere un certo influsso hindemithiano (l’indicazione di tempo è ‘Velato e grigio’).
MTDD: Molto interessante. Cosa puoi dirci di Henryk Wieniawski?
RR: Henryk Wieniawski nacque a Lublino, in Polonia, il 10 luglio 1835 e morì a Mosca il 2 aprile 1880. Compiuti gli studi di violino a Varsavia e Parigi, iniziò assai presto a farsi applaudire come concertista di altissima classe in tutta Europa e dal 1860 al 1872 fu violinista di corte a Pietroburgo. Fu anche insegnante al Conservatorio di Bruxelles, ma non abbandonò mai la carriera concertistica, che lo impose al mondo come uno dei maggiori virtuosi del secolo.
MTDD: In cosa si distinse in particolare?
RR: Noto soprattutto come esecutore, anche la sua produzione musicale va considerata essenzialmente dal punto di vista della evoluzione e delle innovazioni della tecnica violinistica. Egli innestò la grande scuola di Paganini sulla sensibilità musicale slava, arricchendo il violino di effetti impensati, ampliandone la tavolozza timbrica e le possibilità tecniche. Il suo modo di trattare lo strumento è tipicamente slavo, non immune da influssi zigani, ed egli può a buon diritto essere considerato l’iniziatore e insieme il massimo rappresentante della scuola violinistica polacca. Oltre ai due concerti per violino e orchestra, compose una gran quantità di pezzi per il suo strumento, con o senza accompagnamento di pianoforte e di orchestra: polacche, mazurke, variazioni, fantasie, miniature, studi.
MTDD: Ti viene in mente qualche sua particolare produzione da presentare ai nostri lettori?
RR: Dovendo scegliere, opterei sicuramente per il Concerto n. 2 in re minore per violino e orchestra op. 22 del 1870.
MTDD: Perché proprio questa?
RR: Perché si tratta di un’opera più matura ed equilibrata della precedente. Questo Concerto non presenta difficoltà tecniche superiori a quella ma è infinitamente più interessante dal punto di vista musicale. Vi sono melodie vibrate e toccanti, la costruzione è chiara e ben delineata, l’istanza tecnica non prevale su quella espressiva e insomma si può a ragione affermare che questo lavoro merita pienamente il favore che ancora oggi gli dimostrano esecutori e pubblico.
MTDD: Puoi fornirci qualche ulteriore dettaglio tecnico?
RR: Certamente. Composto nei tre tempi tradizionali, il Concerto è così suddiviso: “Allegro moderato” collegato senza interruzione, mediante una breve frase del solo clarinetto alla seguente “Romanza” (‘Andante non troppo’), e finale “Allegro moderato (à la zingara),” in cui bene si palesano le influenze sullo stile di Wieniawski del violinismo zigano.
MTDD: Grazie Roberto per tutte queste informazioni e per continuare a presentarci questi grandi compositori, noti o anche meno noti, le cui opere continuano sicuramente ad arricchire l’Umanità culturalmente. Ti aspetto volentieri per una prossima intervista.
RR: Grazie, Maria Teresa. È sempre un piacere essere tuo ospite.
Riferimenti a questi due compositori sono disponibili anche al seguente link:
https://holistic-coaching-dedonato.blogspot.com/p/der-klassische-monat.html
Nella foto di apertura Giorgio Federico Ghedini (1948)
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