Storia di una strana magia

Per molti alunni domani avrà inizio l’anno scolastico. Ai bambini che cominceranno questo lungo ma importantissimo percorso di apprendimento vogliamo rivolgere i nostri auguri e così agli insegnanti che li accompagneranno nelle molteplici esperienze che i più piccoli faranno per la prima volta con il mondo della conoscenza. Dedichiamo a tutti voi questa bella fiaba di Antonietta Urciuoli.

Buon anno scolastico a tutti!

Iniziava l’anno scolastico. Per molti bambini si prospettava una strana notte.

Si svegliavano a tutte le ore. Si giravano e rigiravano nei loro lettini, assumendo posizioni strane come mettersi a pancia in giù per poi ritornare a pancia su per prendere sonno.

Nel buio della notte, sbuffando, giravano e rigiravano il cuscino, lo piegavano, lo prendevano a pugni, sottoponendolo a veri e propri tormenti: tanto che alla fine, non sapendo cosa altro fare, lo lanciavano ripetutamente in aria e, una volta, giunto a terra, lo prendevano a calci come fosse una palla e, quando le loro palpebre furono diventate pesanti, sprofondarono in un dolce sonno.

Al mattino, nelle case, si sentirono le mamme gridare: Presto bambini! Presto! E’ ora di alzarsi. – Ohibò ! Giaààà . . . giààà – risposero i bambini che con i loro occhiuzzi semiaperti e a fatica obbedirono.

Assonnati raggiunsero la cucina e, dopo aver fatto colazione, grazie all’acqua fredda del rubinetto, si svegliarono del tutto.

Quel giorno c’era troppa agitazione nell’aria. Alle mamme si aggiunsero le nonne. Le raccomandazioni di entrambe caddero come pioggia scrosciante. Stai attento! Dicevano la mamma e il babbo di Giorgio. – Sii educato con gli insegnanti – ripeteva la nonnina Carla che si era alzata all’alba come se dovesse partire per la guerra.

Non mancarono le raccomandazioni del nonno che, come sempre, lo riportavano ai suoi tempi. Data la sua età avanzata ripeteva di continuo le stesse, identiche frasi. Si tuffava, come per incanto, nel suo passato fatto di privazioni e castighi.

Giorgio apparentemente faceva finta di ascoltarlo per non offenderlo. Ma, in coscienza, quella sua scuola, priva di bidello, lontana chilometri da casa da raggiungere a piedi, non riusciva proprio a comprenderla. Era convinto che suo nonno Pietro gli raccontasse solo ed esclusivamente frottole.

Pensate che gli parlava del cappello con la scritta “ASINO” che veniva messo in testa a chi non voleva studiare. Ma era vero! Si chiedeva sgranando gli occhi e ripetendo Uahaah… Uahaaah

La scuola di nonno Pietro era pura fantasia. Molto diversa di quella del nostro Giorgio.

Infatti, la sua Dirigente Scolastica aveva voluto che gli alunni delle classi prime della primaria non dovessero avere un forte impatto con il nuovo ambiente. Quindi, alcuni giorni prima dell’apertura dell’anno scolastico aveva organizzato con i docenti la “giornata dell’accoglienza”.

Il lettore si chiederà che cos’era questa giornata che variava da scuola a scuola in città? Anche nonno Pietro scuotendo il capo disse tra sè:- Non ci capisco proprio niente!-La mamma di Giorgio aveva cercato di spiegarglielo ma con esito negativo.

Intanto Giorgio aveva già conosciuto i suoi insegnanti e aveva visto la sua aula con tanti palloncini colorati. Aveva visto anche gli alunni delle classi quinte che apparivano dei veri saputelli.

Dimostravano cosa avevano appreso e che cosa offrisse la scuola ai nuovi iscritti. In quelle ore di canti e festa Giorgio era riuscito a far scomparire lo spauracchio della nuova scuola dove bisognava leggere, scrivere e fare di conti.

Nel suo cuoricino, però, era rimasta la scuola dell’infanzia con tutti i suoi cari giochi. Nella scuola primaria come diceva sempre la nonna bisognava studiare – studiare e studiare.

Quando il bidello suonò la campanella il primo giorno di scuola, un rumore assordante richiamò tutti.

Le porte furono aperte e i bambini della ” I A e I B” raggiunsero la loro classe nei loro grembiuli nuovi di colore blu, con il colletto bianco, candido come la neve.

La maestra Paola li accolse sulla soglia. Li fece accomodare sfiorandoli con una dolce carezza. Alcuni fecero un po’ di resistenza nel lasciare la mano della mamma. Qualcuno lasciò scendere qualche lacrima nel separarsi dai genitori.

Quando gli adulti andarono via, finalmente ritornò la calma nel corridoio e nelle aule.

Solo allora, la maestra disse ai bambini: prendete un foglio e l’astuccio e cominciate a disegnare. Tutti ubbidirono e così ebbe inizio la lezione.

Ogni bambino cercò di fare un bel disegno mentre la maestra li osservava ad uno ad uno. Dopo il disegno comunicò agli alunni che per un periodo avrebbero adoperato solo ed esclusivamente la matita.

Alle 13.30 la campanella suonò di nuovo, annunciando che il primo giorno di scuola era terminato. Quel giorno, non furono assegnati i compiti da svolgere a casa.

Intanto la maestra Paola diceva tra sé mentre tornava a casa – Speriamo bene! Venticinque alunni sono tanti, sarà sicuramente un anno duro!-

I giorni seguenti si cominciò a lavorare seriamente. Ci fu la filastrocca delle vocali che gli alunni appresero con piacere.

Alla parete c’era il cartellone dell’autunno che attraeva con i suoi colori gli alunni e poi c’erano le fiabe.

Grazie a ogni fiaba la maestra rappresentava le letterine con la storia degli animaletti.

Grazie a ogni fiaba la maestra rappresentava le letterine con la storia degli animaletti. In pochi giorni oltre alle letterine i bambini conobbero tanti animaletti e appresero tante notizie interessanti.

Il disegno che li attraeva tanto era quello della tartaruga che portava avanti i bambini con i libri in testa.

Una frase che ripeteva sempre la maestra Paola era: “ TUTTI INSIEME E SENZA FRETTA “.

Apprendere le cinque vocali e tutte le lettere dell’alfabeto non era facile.

La scuola dell’infanzia era più bella perché si giocava soltanto.

Nella scuola primaria bisognava innanzitutto imparare le regole che erano tante :

1) Non arrivare in ritardo a scuola.

2) Parlare solo quando si è interrogati.

3) Alzare la mano quando si vuole parlare. etc. etc.

Poi bisognava prestare sempre attenzione quando la maestra spiegava. Se qualcuno sbagliava, la maestra gli faceva notare l’errore che non si poteva ripetere. C’erano tanti sbagli che venivano commessi.

Quando la maestra Paola dettava c’era sempre qualcuno che piangeva perché avendo dato la sua manina alla O l’aveva trasformata in A. Qualche altro aveva aggiunto qualche zampetta di troppo trasformando la N (Enne) in M (EMME).

Ma come per magia accadeva una cosa strana. La maestra si avvicinava all’alunno che aveva sbagliato e tutto si aggiustava.

Giorgio non si rendeva conto di ciò che accadeva. Guardava attentamente e notava che la maestra faceva scomparire le manine sbagliate o le zampette. – Come farà? – si chiesero più di una volta tutti i bambini.

Passarono giorni e giorni e quando tutti, proprio tutti, ebbero appreso le vocali e le consonanti si lasciò la matita per far posto alla penna.

Un bel giorno la maestra chiamò alla cattedra tutti i bambini e svelò loro il segreto della sua magia.

A Londra aveva acquistato un oggetto di colore azzurro scuro. Su di esso c’era una scritta “ Learn from your MASTAKES ” che tradotto in italiano significa “IMPARA DAI TUOI ERRORI” – Era una gomma per cancellare.

Grazie a quella gomma la maestra era riuscita a cancellare gli errori commessi e ora potevano finalmente adoperare la penna.

Dopo aver appreso con tanta fatica e tanti errori, potevano continuare.

Gli alunni restarono sorpresi. Era stata la gomma a fare tante magie. Era stato proprio quell’oggetto ad aiutarli ad apprendere a scrivere. I bambini felici della scoperta osservarono attentamente la gomma. Essa era rettangolare, grossa e il suo colore era quella del mare.

Tutti i bambini la salutarono prima che la maestra la posasse in una scatoletta di metallo e la sistemasse per sempre nell’armadio.

Quella gomma era stata davvero tanto magica al punto che tutti i bambini della “ I A e I B ” la portarono per sempre nei loro cuori.

                                                                       Antonietta Urciuoli

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