UN CAMBIAMENTO EPOCALE NELLE MANI DELLE DONNE – IL PRESIDENTE PEPE (URUGUAY) AL VERTICE CELAC

Una figura eccezionale nel panorama politico internazionale. Stiamo parlando di José Alberto Pepe Mùjica Cordano, presidente dell’Uruguay da quasi tre anni;  non ha conto in banca, non possiede nulla e vive con lo stipendio di un bancario, 800 euro al mese, in piena semplicità, senza scorte o auto blu. Ha rinunciato al 90% del compenso dovutogli come presidente, devolvendolo allo sviluppo delle zone più povere dell’Uruguay , per la costruzione di case con acqua e luce. Ha rinunciato da anni anche alla pensione di senatore, donandola interamente in beneficenza. Abita a Rincón del Cerro, nella periferia di Montevideo, in una fattoria tra cavalli, mucche e galline, proprietà della moglie, la senatrice Lucía Topolansky. Spiega, riguardo al suo stipendio: “Questi soldi, anche se sono pochi, mi devono bastare perché la maggior parte degli uruguaiani vive con molto meno”…

Un uomo normale, un politico piuttosto anomalo, ha le idee chiare su quello che vuole per il suo Paese e per l’America latina. Al vertice della CELAC, che si è svolto in Cile alla fine di gennaio, Pepe (come si fa chiamare dal postino, ma anche dagli altri capi di stato) ha tenuto un discorso che vale la pena di leggere.

Dopo aver invitato gli altri stati partecipanti al vertice a camminare insieme perché uniti si può essere forti e difesi, ha analizzato le ragioni del cambiamento mondiale in atto, per allargare il discorso a un tema molto più ampio. Partendo dal valore della cultura, della vita e della donna per arrivare all’ambiente.

 Le ragioni del cambiamento, per Mùjica, stanno “nello sviluppo delle forze produttive, nell’impatto tecnologico e nella trasformazione della cultura. L’America Latina entra in un altro mondo a causa della rivoluzione informatica e di quella della biologia, che diventa impattante, quando la scienza si avvicina alle chiavi di Dio e inizia a trasformare la vita. Questo cambiamento culturale si avverte nel fatto che una volta non avremmo potuto neanche sederci qui insieme, mentre ora siamo disposti a caricarci lo zaino delle nostre differenze e camminare insieme. Questo non si è mai verificato nella storia della nostra America. Questo succede perché non c’è il padrone del Nord, stiamo diventando padroni di noi stessi. Stiamo cercando di costruire un dialogo tra pari con gli altri paesi del mondo. Questo è un momento particolare. Una cosa è verificare un fatto, un’altra è averne coscienza. E questo dipende dalla cultura, perciò è importante l’insegnamento. L’insegnamento inizia nell’utero. Se non c’è una battaglia colossale nei primi 6-7 anni di vita, tutto ciò che tenteremo  dopo è condizionato. Oggi sappiamo cose che prima non sapevamo. Ciò significa che dobbiamo  tornare alla madre e alla famiglia, ma non per ragioni tradizionali e istintive, bensì per la legge fondamentale di come funzioniamo noi primati, che abbiamo una caratteristica di cui non possiamo fare a meno: la madre, che è, in definitiva, la  prima maestra formatrice, è il primo strumento di educazione. E credo ce sia una grande complicazione. Il ruolo delle donne in politica non riguarda, come si propone, l’uguaglianza dei diritti: questo è ovvio! Il problema è che la donna è la chiave della vita umana. E non ci è mai venuto in mente di dare una pensione alle donne che hanno generato e cresciuto tre o quattro figli. Né di metterlo in risalto, come la cosa più importante che accade sul pianeta. È enorme la funzione di essere madre e di assumere questo impegno, ma ciò richiede un bagaglio culturale e una formazione. L’insegnamento va a braccetto con la cultura e le donne esercitano la trasmissione della cultura. Ma siccome viviamo in una società capitalistica e determinata nella rotta degli andamenti del mercato, la nostra cultura è funzionale ai bisogni del mercato e non necessariamente ai bisogni della vita. Per esempio: in India c’è il tabù di non uccidere le vacche. Può sembrare agli allevatori di bestiame una specie di arretratezza. Non si uccidono le vacche giovani, si consumano le vacche vecchie che muoiono. Si mangiano i cadaveri. Ma il fatto glorioso di non uccidere le vacche è ciò che ha garantito all’India quel poco di proteine animali necessario a sopravvivere; cosa non possibile, altrimenti, in tempi di carestia se la fame avesse spinto a far scomparire tutte le vacche. Il tabù culturale è stato funzionale, a lungo termine, agli interessi della vita. E tutte le antiche culture sono piene di cose del genere. È, a volte, la nostra ignoranza a farci perdere. Ecco, quindi, che la cultura contemporanea non è funzionale alla vita. E allora, che i nostri bambini sprechino pure, che lascino i rubinetti aperti e che si sprechi l’acqua, che non spegnano la luce, che rompano pure le cose e che le buttino per strada. Tutto ciò è funzionale al mercato, non è funzionale alla vita. Poi vogliamo curare l’ambiente, ma non educhiamo i bambini. La nostra cultura è inzuppata di ciò che conviene all’accumulazione di tipo capitalistico. È un business! Da qui l’insegnamento e la costruzione di una cultura nell’ambito dell’insegnamento per curare e difendere la vita mi sembra che sia una delle chiavi che dovremmo includere nell’agenda e discutere in senso positivo”. E’ un grande!

                                                                                                                              Eleonora Davide

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