Il viaggio di Ecuba di Gianni Guardigli

Giovedì 9 novembre 2017, Teatro Elicantropo di Napoli

Il viaggio di Ecuba di Gianni Guardigli

In scena Ecuba viaggia a piedi fra i binari dell’Europa, in cui c’è chi erige muri di filo spinato e chi chiude pesanti porte di vecchi treni

Partirà dal Teatro Elicantropo di Napoli, giovedì 9 novembre 2017 alle ore 21.00 (repliche fino a domenica 12), la tournèe de Il viaggio di Ecuba di Gianni Guardigli, con la regia di Francesco Branchetti e presentato da Foxtrot Golf di Roma.

A vestire i panni dell’eroina è Isabella Giannone, la quale dà vita ad un monologo che, attingendo al mito, tratteggia e delinea la figura di un’Ecuba dei giorni nostri, e, in un momento di esodi imponenti e dolorosi, canta la sua pene di fronte al disfacimento del suo mondo.

La perdita della patria, della terra, della tranquillità, la perdita dei figli che se ne vanno, uno ad uno, è il toccante leitmotiv delle tappe della vita di questa “mater dolorosa”. Vive il passaggio fra due periodi storici, in cui il futuro è una paurosa incognita.

Questa Ecuba moderna parla un linguaggio “misto”, attraverso il racconto di una piccola vita che si scontra con i terreni problemi del quotidiano con improvvise impennate poetiche, che elevano la sua sensibilità al “linguaggio di tutte le madri”. E’ la lingua del cuore di chi dà la vita e non si rassegnerà mai al vedere questa stessa vita che si dissolve, preda dell’ingiustizia annidata nel potere, nelle guerre, nelle prevaricazioni.

“I tempi che stiamo vivendo – afferma l’autore Gianni Guardigli – ci proiettano verso un’inevitabile riflessione sul senso della vita e sul valore di essa. Fino a qualche anno fa il rispetto di questo potente valore sembrava una intoccabile sicurezza. Ora siamo sempre meno sconcertati di fronte a uno scivolamento continuo e inesorabile verso l’assuefazione, di fronte a raccapriccianti spettacoli di totale disprezzo della sacralità della propria vita e di quella degli altri. Ecco perché sempre più decisamente sento la necessità di dare al teatro e alla scrittura teatrale il compito di sondare e riflettere su ciò che significa “essere umani” e “agire da umani”.

Andare ad attingere nel patrimonio immenso della tragedia greca è vitale come attaccarsi a una bombola di ossigeno, quando il respiro non basta.

Qui Ecuba viaggia a piedi fra i binari dell’Europa, in cui c’è chi erige muri di filo spinato e chi chiude pesanti porte di vecchi treni.

Ma c’è anche chi si accosta al viandante per passargli una bottiglietta d’acqua e chi offre una branda di una stanza in una casa modesta, per condividere il viaggio terreno con altri esseri umani, compagni di cammino.

Ecuba urla la sua verità come una coscienza spietata può parlarci di notte, quando i sogni hanno il coraggio di urlarci in faccia le verità più scomode. In questo allestimento, Ecuba diventa una povera donna di oggi, che porta in sé le intuizioni di un profeta.

 

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