Mia madre, donna sciamana. Intervista a Corinne Baroni
“Mia madre, donna sciamana, senza nessun perché” di Corinne Baroni, edizioni Santelli
Un libro avvincente e diretto, scritto con il cuore in mano, capace di rivelare la storia di un bellissimo rapporto tra madre e figlia su uno sfondo particolare. La madre di Corinne, Carla, ha dei doni. Vede nel cuore delle persone, è capace di riportare la serenità nei tumulti dell’anima, accompagna le persone verso la guarigione. Anni di studio e pratica con un maestro di discipline orientali aprono alla donna gli occhi sul mondo interiore e le rivelano una capacità straordinaria di guarire se stessa e gli altri. La figlia la osserva, l’ammira, l’accompagna, si nutre della sua forza, si fa partecipe della pena per le sofferenze umane, con cui si confronta la madre. Carla, un carattere poliedrico e profondo, determinato e pietoso, con una dirittura morale che qualche volta deve fare i conti con l’amore di madre che profonde, come medicina, a chi si rivolge a lei. Una donna, che per altri figli sarebbe stata ingombrante, sembra non esserlo per la volitiva Corinne che, nascosta dalla narrazione che fa della madre, viene fuori lentamente, catturando la simpatia del lettore.
Ho fatto alcune domande all’autrice, spinta da una forte curiosità sull’argomento e sul mondo di Carla.
L’urgenza di raccontare questa bellissima storia, a cui ha fatto riferimento quando ci siamo incontrate in occasione di una sua presentazione, da cosa è nata?
Tutto è nato dalla nostalgia e dalla devozione. Quando ho iniziato a scrivere questo libro era il 2004. Lavoravo al Teatro Carlo Felice di Genova e vivevo una situazione difficile. Sentivo il bisogno della vicinanza di mia madre e così ho deciso di scrivere un libro su di lei, partendo dalla descrizione dettagliata della Terapia Vibrazionale. In realtà mi accorsi più tardi che era tutto un pretesto per sentirmi più vicina a lei e un pretesto per andare a trovarla più spesso a Trento, dove viveva (ora vive a Rovereto). Approfittando della necessità di raccogliere e trascrivere tutti gli appunti delle sue lezioni con il Maestro Baba Bedi, la raggiungevo ogni quindici giorni e trascorrevo con lei intere giornate. Così è nato “Mia madre donna sciamana”. Senza nessun perché.
Parlando di sua madre parla anche di se stessa. Carla per lei è sempre stata anche qualcosa di diverso che una madre, forse una guida, che lei, a quanto si legge, ha condiviso con generosità con gli altri. Una domanda è d’obbligo: ha mai riscontrato in se stessa qualcuno dei doni di Carla?
Parlando di mia madre, parlo inevitabilmente anche di me stessa. Carla non è stata solo una madre per me, ma anche una guida, un esempio ed uno stimolo. Non posso dire di avere gli stessi doni di mia madre in termini di capacità terapeutiche, perché questa non è la mia strada, ma certamente la mia capacità di percepire e comprendere gli altri è un tratto ereditario.
Quindi in un certo senso qualcosa ho ereditato da lei soprattutto la sua capacità di percepire e comprendere le persone a un livello profondo. Questa empatia è un dono prezioso che mi ha aiutato enormemente nel mio lavoro come direttore di un teatro d’opera. Sebbene io cerchi sempre di applicare la razionalità nelle mie decisioni professionali, sentire le persone e percepirle a un livello più sottile è qualcosa che mi connette profondamente a mia madre e al suo percorso.
Il mio intento iniziale era di scrivere un manuale sulla terapia vibrazionale; ma, mentre trascrivevo i suoi appunti, il libro ha preso un’altra direzione, diventando una sorta di flusso di coscienza. Tra aneddoti, ricordi, storie vissute e incontri importanti, ho descritto il mio viaggio iniziatico e l’evoluzione del mio pensiero, costruito attraverso il rapporto con mia madre, i suoi insegnamenti e la condivisione del suo cammino.
Il suo percorso interiore, attraverso la condivisione e la scrittura, è lodevole. Mi faccia capire: ha scritto questa biografia, ma poi l’ha tenuta nel cassetto per dieci anni. Cosa è successo in questo tempo, cosa è cambiato e cosa poi l’ha convinta a pubblicarla?
Durante questo lungo periodo di riposo nel quale il manoscritto è stato lasciato a maturare insieme a me, sono cambiate molte cose nella mia vita. Sono cresciuta, sono invecchiata e la vita mi ha portato attraverso numerose esperienze che mi hanno cambiata. Quando ho ripreso in mano il libro dopo tanti anni, avevo paura che la visione che avevo di mia madre fosse cambiata, temendo di vedere lei e il nostro rapporto sotto una luce diversa.
Invece, ho scoperto che nulla è cambiato nella mia percezione di lei e nel mio approccio alla vita. Il nostro rapporto è rimasto identico, se non addirittura più forte. Abbiamo continuato a crescere e a cambiare, ma oggi accettiamo incondizionatamente la donna che l’altra è diventata.
Quello che mi ha convinta a pubblicare il libro, alla fine, è stata proprio questa consapevolezza. Ho realizzato che la profondità e la costanza del nostro legame potevano offrire qualcosa di utile agli altri. Volevo condividere la nostra storia, le lezioni apprese e la nostra evoluzione, nella speranza che potessero ispirare o aiutare coloro i quali fossero arrivati alla fine del libro.
Il mondo di conoscenze, a cui attinge l’opera che sua madre ha compiuto per alleviare le sofferenze degli altri, è molto vasto, va dall’astrologia alle scienze orientali. Anche la religione cattolica annovera pratiche relative ai processi di guarigione. Sua madre ha un orientamento religioso o idee a riguardo, che lei sappia?
Più che di orientamento religioso parlerei di fede. Mia madre ha sempre avuto un rapporto molto personale e profondo con la fede, che si intreccia intimamente con il suo percorso di vita e la sua pratica come sciamana. La sua spiritualità non è mai stata confinata entro i limiti di una dottrina religiosa specifica; piuttosto, è una comprensione fluida e inclusiva del divino, vissuta come un dialogo costante con l’universo e le sue manifestazioni.
Per Carla la fede è un ponte tra il visibile e l’invisibile, un mezzo per accedere a una saggezza che supera l’intelletto umano e si radica nel cuore e nello spirito. La sua pratica sciamanica abbraccia e rispetta diverse tradizioni e credenze, vedendo in esse l’espressione di un’unica verità fondamentale che si manifesta in modi molteplici. Questo approccio le permette di integrare insegnamenti dall’astrologia, dalle scienze orientali e da altre tradizioni, creando un metodo di cura unico e personale.
La fede, per mia madre, è anche un atto di fiducia nell’universo. È la disponibilità a lasciarsi guidare e a diventare uno strumento di guarigione e amore. È una relazione viva e dinamica con il sacro, che si esprime in ogni aspetto della sua vita quotidiana, nelle interazioni con gli altri, nella sua arte e nella dedizione al servizio degli altri.
Veniamo a lei. Il suo lavoro l’ha portata in giro per l’Italia e oggi dirige la Fondazione Teatro Carlo Coccia di Novara. Ci vuole parlare delle sue attività?
La mia attività di Direttore di un Teatro Lirico mi rende una persona felice perché il lavoro è anche la mia passione. Ho cominciato il mio percorso artistico come pianista solista, ho poi continuato come Direttore artistico di un festival nella mia città, ma l’amore per il teatro d’opera è sbocciato nel 1997, grazie a una borsa di studio presso il Teatro alla Scala di Milano; da quel momento il morso del serpente mi ha portata a lavorare in grandi Fondazioni Lirico Sinfoniche fino ad arrivare alla Direzione di un Teatro di Tradizione, il Teatro Carlo Coccia di Novara, dove sono anche il Direttore artistico e dove ho potuto mettere in pratica l’esperienza di una vita trascorsa tra i velluti dei più bei teatri d’Opera del mondo. E nel 2026, saranno trent’anni tondi tondi di vita e di passioni.
Bellissima carriera nell’arte, che certamente le ha aperto gli occhi alla bellezza. La scrittura di “Mia madre, donna sciamana” è, invece, la sua prima esperienza letteraria, dal mondo della musica e del teatro si è affacciata a quello della scrittura, e con grande bravura. Quando ha pensato di pubblicare, ha avuto difficoltà a proporre la sua idea a un editore? Ce ne vuole parlare?
Ringrazio innanzitutto per il giudizio positivo che quasi mi imbarazza, perché non mi ritengo una scrittrice, anche se scrivere mi piace da morire. Questa è la mia prima esperienza letteraria e il passaggio dal mondo della musica e del teatro a quello della scrittura è stato naturale, nelle parole vivo l’altra parte di me. Quando scrivo sono libera, non c’è più il tempo o lo spazio. Quando ho pensato per la prima volta di pubblicare il manoscritto, molti anni fa, ho provato a inviarlo timidamente a qualche editore ma, dopo le prime risposte deludenti, ho deciso di lasciar perdere.
Poi, l’anno scorso, per un caso del destino e quasi per gioco, ho ripreso in mano il manoscritto e l’ho spedito a due case editrici. Entrambe mi hanno detto di essere interessate alla pubblicazione del manoscritto, ma io ho creduto fossero le solite proposte poco serie. Così decisi di togliermi lo sfizio di incontrare personalmente uno dei due editori per sfogarmi una volta per tutte e mandarlo a quel paese de visu. Scelsi il dott. Santelli quale vittima sacrificale e fissai un incontro presso la sua Casa Editrice a Milano. Dopo i primi dieci minuti di conversazione, compresi che stava parlando seriamente e, dopo altri dieci minuti di sensi colpa, ho trascorso il resto della giornata saltellando sulle nuvole …
La sua determinazione l’ha premiata. Qualche settimana fa ha presentato il suo libro ad Avellino e così ci siamo conosciute. Come mai Avellino? C’è qualcosa che la lega a questa città?
C’è un legame particolare con una persona che vive in questa città ed è la mia ex allieva del corso di Management, Raffaella Bellezza. Il Corso si tenne a Novara durante la pandemia interamente online e io, fino al giorno della presentazione del libro ad Avellino, non l’avevo mai incontrata personalmente.
Ma, in questi anni, Raffaella mi scrisse più volte condividendo con me i suoi vari progetti e così, nel momento in cui decisi di voler presentare il libro in una forma artistica più complessa, in grado di potenziare il significato e l’esperienza della storia, un melologo appunto, ho deciso di proporre a Raffaella l’organizzare dell’evento; Raffaella ha colto il potenziale di questa forma di spettacolo e lo ha saputo organizzare in maniera perfetta, coinvolgendo artisti di valore quali Lucia Gaeta e Simone Maria Anziano.
La ringrazio per avere risposto alle mie domande e la saluto cordialmente, facendole i migliori auguri per il suo libro. Ci saluti la sua mamma!
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