Nola, scrigno di ricchezze nascoste nel Museo Archeologico
Una visita improvvisata, ma suggerita dalla curiosità, quella che ieri mi ha portato a scoprire i tesori archeologici di un’area molto interessante in provincia di Napoli. Al di sotto dell’area del tutto urbanizzata ancora nascoste rimangono le vestigia di antiche civiltà, le cui memorie sono sepolte dai materiali emessi dal Somma- Vesuvio più di 3500 anni fa, classificati come “Pomici di Avellino”.
Fu, infatti, un’eruzione di tipo pliniano, per capirci come quella che seppellì Pompei nel 79 d. C., a sommergere nel 1550 a. C. più o meno, le zone nolane e l’avellinese in un evento anomalo rispetto alle altre eruzioni, poiché la direzione dei venti prevalenti indirizzò in quell’occasione i materiali ad Est, verso Avellino.
Fatto sta che, grazie a questa anomala condizione, oggi la preistoria Campana è restituita cristallizzata nel momento dell’evento vulcanico. Capanne che hanno lasciato l’impronta dei pali e delle coperture, oggetti di uso quotidiano che sono riemersi come nuovi dalle ceneri e dai lapilli, una vita di comunità raccolta dagli archeologi. Le ricostruzioni che si ritrovano nel Museo Archeologico di Nola ci parlano di condivisione, ordine e gusto nell’abbellire d’arte gli oggetti di cui quegli uomini e quelle donne si servivano ogni giorno.
Una scoperta altrettanto piacevole è stata quella della presenza etrusca in queste zone tra l’VIII e il VI secolo a. C., testimoniata da corredi funerari completi sia femminili che maschili, i primi distinguibili in particolare dalla presenza di rocchetti e fusi per la tessitura e da una più corposa dotazione di monili. La ricostruzione di una tomba femminile ricca di un ampio corredo funebre, e anche di un’arma nella mano della defunta, ci parla anche della posizione della donna in quella società, una piacevole sorpresa.
Non mancano le unicità, come la presenza di una spada corta, tipo daga, ma sorprendentemente intera, particolare che ne fa un esemplare unico nel suo genere, dotata di un fodero con finiture in avorio, appartenente all’VIII secolo a. C. e ritrovata nella tomba n.266 di Nola.
Piano dopo piano, gli ambienti accolgono materiali appartenenti dall’epoca greca all’età romana imperiale, fino a testimonianze medievali e maioliche rinascimentali.
Un ampio ambiente è dedicato, infine, alla mostra della Festa dei gigli in miniatura, inaugurata lo scorso giugno, che rappresenta la riproduzione in scala di Nola con il percorso storico dei gigli, realizzato da artisti amatoriali dell’associazione Movimento Piazza d’Armi, in collaborazione con la direzione Regionale Musei della Campania, finalizzata alla valorizzazione del patrimonio immateriale e delle tradizioni popolari nolane. Vi sono esposti anche diversi modelli in scala dei vari gigli realizzati in occasione delle diverse edizioni.
Un museo insomma di cui consiglio una vista, rammaricandomi della scarsa pubblicità che ingiustamente lo rende poco conosciuto.
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