Olimpia, tragedia del passaggio regia Luisa Corcione

Giovedì 16 luglio 2020, Palazzo Reale Napoli

In scena un percorso visionario intorno alla figura di Olimpia, creatura divina

che immerge la condizione umana nella propria natura, tra l’infinito e il mortale

 

Articolato e poetico è il percorso artistico multiforme di Olimpia, tragedia del passaggio, uno studio nato dall’incontro della poesia di Luigia Sorrentino con la regia di Luisa Corcione, che debutterà, in prima assoluta, giovedì 16 luglio 2020 alle ore 22.30 nella suggestiva cornice del Giardino Romantico di Palazzo Reale a Napoli, per il Napoli Teatro Festival Italia.

Presentato da Estudio, Napoli Teatro Festival Italia in coproduzione con Art Garage, il particolare allestimento scenico rappresenta una sfida importante raccolta dalla giovane regista, nonostante le norme di sicurezza che, oggi, regolano lo spettacolo dal vivo.

Olimpia, tragedia del passaggio presenta una scenografia composta da una pavimentazione dal colore delle rocce vulcaniche e un fondale dipinto a olio dall’artista Luisa Corcione, dove l’immagine di una figura che ricorda l’antica sirena Partenope, in origine rappresentata come un uccello, attraversa il lago di Averno che si staglia sul palco.

In questa visione della città di Napoli con le sue vene fatte di rami, dove la natura entra con tutta la sua violenza, gli attori Emilio Vacca e Noemi Francesca rappresentano quella natura vulcanica catalizzatrice di tutta la poetica della scena. Il palco, come corpo dell’artista, raggruppa in sé le arti per lenire la ferita che, in questo periodo, ci ha costretto alla lontananza.

Tutte le forme d’arte, in Olimpia, tragedia del passaggio, diventano simbolo. Il coro poetico, prende vita dalle musiche di Peppe Voltarelli, eseguite al piano da Luigi Cioffi, ed è impreziosito dal sound design e gli interventi musicali di Marco Vidino, unitamente all’interpretazione coreografica di Fabrizio Varriale.

Il coro si presenta in scena anche come installazione artistica, a cura di Rosaria Corcione, composta da teste costruite con documenti burocratici, appunti e vecchi progetti, a raccontare il tempo tolto alla creazione artistica per i lavoratori dell’arte. Suoi anche i costumi e gli elementi di scena, sostituiti da opere che richiamano il nostro legame con la natura e l’unione con essa, attraverso il calco dei corpi e degli alberi.

Il trucco di Vincenzo Cucchiara sottolinea il tempo e i segni che lascia sulla memoria dell’uomo, così come anche i colori utilizzati in scena dagli attori stessi. L’installazione dell’artista Anna Corcione, opera delicata e viva, sarà esposta nel Giardino Romantico di Palazzo Reale, a racchiudere il messaggio e la forza della messa in scena, cui hanno collaborato alla regia Enrico Manzo e Federica De Filippo.

“In Olimpia, tragedia del passaggio – evidenzia Luisa Corcione – l’artista si trova nella fluidità del pensiero, dove nasce e matura l’arte. Gli elementi scenografici e quelli di costume, sono sostituiti da opere pittoriche, scultoree e istallazioni. Le musiche si uniscono alla danza e alla poesia per lasciarsi alle spalle un passato d’individualismo, isolamento e vuoto emotivo, per dare spazio ad energia vitale nella quale ritrovare una gioia possibile».

 info  3499374229 email biglietteria@napoliteatrofestival.it

Giovedì 16 luglio 2020, ore 22.30 Napoli, Giardino Romantico di Palazzo Reale

 Estudio, Napoli Teatro Festival Italia, in coproduzione con Art Garage, presentano

Olimpia, tragedia del passaggio uno studio

drammaturgia Luigia Sorrentino, con Noemi Francesca, Emilio Vacca e con Peppe Voltarelli coreografia e movimenti di scena Fabrizio Varriale, opere in scena Rosaria Corcione e Luisa Corcione, installazione Anna Corcione, musiche Peppe Voltarelli, al piano Luigi Cioffi, sound design e interventi musicali  di Marco Vidino,trucco Vincenzo Cucchiara, foto di scena Guido Mencari, aiuto regia Enrico Manzo, assistente alla regia Federica De Filippo, regia Luisa Corcione, durata della rappresentazione 55’ circa, prima assoluta

Olimpia, tragedia del passaggio, nata dall’incontro della drammaturgia di Luigia Sorrentino con la regia di Luisa Corcione, e dalla collaborazione di diverse esperienze artistiche, è un’opera unica e corale. Il collante è la poesia: un linguaggio perduto nella contemporaneità.

Emblematica la figura di Iperione, confinato nella non-luce, e poi Empedocle, l’artifex che supera la soglia fra l’umano e il divino. Il lavoro sul testo, rivela che persino l’arte che abbiamo creduto eterna, è destinata alla distruzione, nella vulnerabilità di tutto ciò che è vivente.

Il palco/grembo è il corpo di Olimpia: in esso tutto diventa armonico. La musica diviene canto di ritorno alla città, è la città è una Napoli greca e presente, dove l’umanità ritrova il sé sacro nella consapevolezza che il passaggio dell’umano è al tempo stesso, infinito e mortale.

«Nell’Olimpia, tragedia del passaggio che metto in scena – afferma Luisa Corcione – l’artista si trova nella fluidità del pensiero, dove nasce e matura l’arte.

Gli elementi scenografici e quelli di costume, sono sostituiti da opere pittoriche, scultoree e istallazioni. Le musiche si uniscono alla danza e alla poesia per lasciarsi alle spalle un passato di individualismo, isolamento e vuoto emotivo e dare spazio all’energia vitale nella quale ritrovare una gioia possibile».

Il palco/grembo, è il corpo di Olimpia: in essa tutti i corpi diventano armonici. La musica invece richiama il canto del ritorno alla città, nella consapevolezza che il passaggio dell’umano e dell’artista è al tempo stesso, infinito e mortale.

Tutto ruota intorno alla figura di Olimpia, una creatura divina che immerge la condizione umana nella propria natura, in un percorso tra l’infinito e il mortale. Il contro canto corale è emanazione di una forza verbale, corporea, psichica, che cala lo spettatore in una materia incandescente: la continua opposizione tra ciò che è eterno – immoto e immobile – e ciò che è mortale – in moto e mobile.

Un percorso visionario: si parte dalla nascita di Olimpia, per giungere alla piena esposizione di sé nelle forze del mondo, attraverso i cori di Iperione, che rimandano all’Iperione di Hölderlin, fino a giungere all’incontro vivo e pulsante con Empedocle, che pure ispirò il grande poeta tedesco.

Empedocle qui, è l’artista sacrilego: celebra l’ingegno nell’errore, nella consapevolezza che anche l’arte è destinata alla distruzione, al caos cosmico. Il ponte che Empedocle erigerà, desidera affermare l’Armonia fra i popoli, ma il suo crollo finirà con il separare irrimediabilmente, anziché unire, civiltà e culture.

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