Rinascerò in Tibet. Recensione di Maria Teresa De Donato
Un animo sensibile e una notevole profondità di pensiero emergono da quest’opera dell’Autore tibetano Samar Darkpa, Rinascerò in Tibet, Raccolta poetica di Samar Darkpa (Fiori D’Asia Editrice).
Le numerose citazioni relative alla Natura, ai suoi simboli e alla conseguente perfetta osmosi con l’Uomo caratterizzano i suoi versi riportandoci, per certi aspetti, alla produzione letteraria di alcuni poeti decadenti.
Tuttavia, mentre i poemi di alcuni membri del Decadentismo cercano di raggiungere una perfezione puramente estetica, la poesia di Samar mira, nel regolare riferimento a questo processo di compenetrazione tra Uomo e Natura, a sollecitare la riflessione, l’analisi introspettiva, la ricerca interiore, l’intendimento delle metafore della Vita, visibili attraverso ogni esperienza che viviamo e ogni cosa, evento e persona in cui ci imbattiamo:
“Solo,
come una particella,
ho chiuso gli occhi e
ho visto i misteri del mondo.
…
Solo,
…
sono trasceso.
Promettimi di farmi ritornare in vita,
così immortale per sempre sarò.”
(Darkpa, 2023, pp. 25, 26)
La comprensione, quindi, non solo del Sé, ma anche del Tutto, è, di fatto, il fine ultimo della sua opera:
“Anche accendere una lampada al Ghee può portare alla comprensione del mondo attraverso la preghiera. La sua luce può condurre alla saggezza e alla longevità. Il burro rappresenta la nostra tradizione, la civiltà e gli usi tibetani.” (pp. 18, 19)
Il linguaggio, pur essendo altamente poetico nella sua forma più pura e genuina, è privo di quegli elementi estetici tanto cari ai nostri poeti decadenti.
Nella loro essenza i versi di Samar ci ricordano piuttosto quelli del grande poeta ermetico Salvatore Quasimodo quando scriveva
“Ciascuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di sole:
ed è subito sera.”
Salvatore Quasimodo
Tuttavia, benché dall’opera di Quasimodo emerga un senso di drammaticità e di disillusione nei confronti della Vita, in quella di Samar, al contrario, l’elemento determinante è dato dalla presa di coscienza e serena accettazione della realtà cui l’Autore approda attraverso l’osservazione e, soprattutto, il suo percorso spirituale.
Samar trascorre, infatti, quindici anni come monaco buddista, dedicando il suo tempo alla preghiera, alla meditazione, alla recitazione dei sutra, allo studio della grammatica e della letteratura nonché alla trascrizione delle Sacre Scritture.
La sua vita monastica e l’immersione nello studio delle varie discipline e attività religiose, pur consentendogli un aumento della consapevolezza, della conoscenza e l’allontanamento dalla vita materiale e dall’attaccamento alle cose, impattano in maniera profonda anche la sfera legata ai sentimenti e all’amore.
L’Amore, quello sentimentale ed erotico, viene apparentemente inabissato dalla sua fede e dalla sua percezione che ‘il distacco dalle cose del mondo’ significhi necessariamente non lasciarsi imprigionare dall’Amore e dalla Passione. “Tu sei già completo in te stesso. Non hai bisogno di un altro per raggiungere la tua totalità”: questo, nella sua essenza, sembra essere il messaggio implicito.
Benché Samar avrà anche questa esperienza ‘carnale’ e si scoprirà innamorato della ragazza in questione, l’Autore la lascerà all’indomani dall’aver trascorso la notte con lei. Dovrà farlo. La sua fede considera una donna che ha fatto abbandonare la vita monastica a un uomo, una rakshasa, ossia “un demone che si ciba di carne umana”. (Darkpa, 2023, p. 53)
Questo abbandono, tuttavia, lascerà una profonda ferita emotiva in lui dalla quale avrà difficoltà a riprendersi.
Al contrario, l’Amore incondizionato e legato soprattutto ai ricordi dell’infanzia rimarrà, di fatto, intatto e tesoreggiato nel suo cuore:
“Quando ripenso al mio paese natale, a me stesso bambino e a quei giorni avvolti dal calore e dalla tenerezza, mi rendo conto di provare nostalgia. Della mia infanzia, mi manca tutto…Ora accendo sempre una lampada al buio, come se nel suo riflesso potessi ancora vedere la mia infanzia vivere i tempi passati. È come una stella che lampeggia nella memoria e che, emanando calore, permette al mio cuore di espandersi.” (p. 19)
“Mamma:
nel petto ha una steppa,
due montagne di neve ammantate,
…
un mondo di pace e di quiete.
…
È così grande:
nel suo abbraccio c’è
il miracolo della reincarnazione.”
(p. 23)
“Fammi scomparire qui,
nei ricordi dell’infanzia.
Mi basteranno per la vita eterna.”
(p. 29)
L’altalenarsi tra Cielo e Terra e tra Legno, Fuoco, Terra, Metallo e Acqua, ossia i cinque elementi che rappresentano i pilastri del pensiero cinese, così come i riferimenti a cibi specifici della sua terra – tra cui la Tsampa (cereale tibetano simile al nostro dado) e il Ghee o burro di yak che si ricava dal latte – sono anch’essi un fattore determinante dei versi di questo poeta:
“Mi tuffo nell’abbraccio della terra madre:
…
In sogno la mia stirpe era riflessa
nei fiori di burro di yak.”
(p. 29)
Il Creato, attraverso tutte le sue componenti, spirituali e materiali che siano, ci parla, ci comunica le sue più profonde e intrinseche verità: Tutto è connesso, in continuo movimento, si trasforma incessantemente in un perenne ciclo di rinascite. Noi guardiamo il Tutto adempiersi sotto i nostri occhi e l’unica cosa che possiamo fare è osservare, apprezzare e cercare di capire sentendoci parte integrante di questo processo:
“Un raggio di luce nel buio
mi accompagnerà,
fino al giorno in cui rinascerò.
La mia anima è una pietra in natura,
senza età,
in viaggio da millenni.”
(p. 31)
Le varie fasi della Vita, che nel caso di Samar Darkpa, in questa sua raccolta poetica vengono rappresentate dal suo essere stato
· Bambino,
· Monaco pastore,
· Giovane nomade,
· Poeta e
· Chef
delineano il processo di crescita e trasformazione dell’Autore stesso, evidenziandone, per ogni tappa, le caratteristiche salienti, psicologiche, emotive, mentali e comportamentali.
La casualità non esiste e il destino di Samar sembra essersi già delineato ancor prima della sua nascita. “Sono nato e cresciuto nel villaggio di Samar, nella contea di Zhuoni, nella regione del Gannan…’ – afferma, infatti, ‘da piccolo mi chiamavo Tigzen Kyab, che significa ‘Predisposto al bene’.” (p. 12)
È proprio l’essere ‘predisposto al bene’ che lo fa ‘innamorare del sentiero spirituale’ con cui dà ‘un nuovo inizio alla sua vita’ (pp. 33, 34) e lo porta a lasciare il suo villaggio e a diventare l’unico ‘monaco al pascolo’.
Il suo amore per la vita nomade viene frainteso e attribuito a una sorta di irrequitezza. Al contrario, come affermerà lui stesso, esso scaturiva dalla sua sofferenza a rimanere nel villaggio dopo la morte di suo padre. (p. 37)
Il sentiero spirituale e la sua fede buddista lo plasmano e lo fanno nascere a nuova Vita:
“Labrang è uno dei sei più grandi monasteri della scuola Gelug del buddismo tibetano. … Si trova all’incrocio tra due culture asiatiche importanti: la tibetana e la mongola. … La sua atmosfera è solenne… . Uscendo da questa scuola non si è più dei semplici monaci. … Il buddismo mi ha dato tanto: la saggezza, il senso di completezza, lo sguardo sempre rivolto alla preghiera e al bene dell’umanità, la rinuncia ai propri interessi, la ferma opposizione alla guerra. Ora, da uomo comune, ciò che posso fare è continuare a pregare per la pace e controllare gli impulsi come l’invidia e il rancore.” (pp. 39, 40)
Rinascerò in Tibet non è, quindi, solo la raccolta poetica dell’unione tra Uomo e Natura, dei ricordi dell’infanzia e dell’amore incondizionato, ma anche e soprattutto un inno alla Conoscenza, del Sé prim’ancora che degli altri, della Consapevolezza, del Rispetto, della Tolleranza e dell’Accettazione della nostra diversità.
È una pubblicazione intesa a promuovere pace ed equilibrio in noi stessi per poi estenderli al Mondo.
“Dopo l’esperienza nel monastero a Labrang mi trasferii presso la Scuola Assistenziale Maschile della città di Lajia … Lì appresi il rispetto per gli altri e capii che solo la letteratura poteva liberarmi dall’ignoranza e dalla volgarità. Studiarla era un percorso arduo che mi avrebbe elevato, perciò dovevo impegnarmi seriamente.” (p. 51)
Ebbene sì, la Letteratura, così come l’Arte e la Cultura in generale, la Meditazione e la Spiritualità possono elevarci, farci crescere, aprire non solo la nostra mente ma anche e, soprattutto, il nostro cuore, i nostri orizzonti e farci comprendere cosa significhi essere veramente in pace con se stessi. Solo allora, una volta che saremo ‘centrati’ e avremo raggiunto tale pace interiore, potremo finalmente contribuire alla Pace nel Mondo.
Grazie, Samar Darkpa, per questi suoi insegnamenti e, soprattutto, per questo suo messaggio di speranza. Ne abbiamo realmente bisogno, ora più che mai.
Rinascerò in Tibet è, dunque, una raccolta in versi, integrata da alcuni cenni biografici, scritta in un linguaggio poetico semplice, spirituale e, al tempo stesso, terreno, una sorta di ‘ode pastorale’ che rapirà l’anima del lettore inducendolo a una profonda riflessione e conseguente revisione circa le priorità nella sua vita e ciò per cui valga veramente la pena vivere.
È una lettura che consiglio vivamente a tutti.
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