Rubare l’anima ai fiori di Michele Criscuoli. Recensione e intervista all’autore

Dopo una lunga attività di opinionista, autore di pregevoli editoriali di carattere politico sulla stampa locale e saggista, in cui ha propugnato sempre l’ideale del Bene Comune, Michele Criscuoli, approda al romanzo. Irpino, avvocato, giornalista pubblicista, già Tenente Colonnello dell’Aeronautica Militare, nonché attivista in circoli cattolici, presenta nel suo romanzo d’esordio Rubare l’anima ai fiori (LFA Edizioni, 2022) una storia che ha a che fare con la nostra storia nazionale.

Il romanzo narra la saga della famiglia Capone, condensando in 223 pagine una storia ricca e avvincente in cui la comprovata esperienza linguistica e di vita dell’autore si traducono in ore di gustosa lettura. A questo si aggiunge che la profondità dei temi trattati suggerisce alcune riflessioni sul senso delle scelte e sul fine stesso della vita.

Le storie di Salvatore e del figlio Giuseppe, narrate in parallelo, senza che ciò disturbi la lettura, seguono il percorso di crescita dei due protagonisti, incastonato in un periodo storico particolare. Attraverso il secondo conflitto mondiale, la lotta dei lavoratori e delle lavoratrici e il movimento culturale del ’68, l’intero romanzo condensa uno spaccato importante del “secolo breve”. Così tra coscienza di classe e privilegi riservati ai padroni, nascono gli amori infantili di Salvatore e di Giuseppe e man mano anche le passioni travolgenti, che durano per una notte o per sempre.

I valori, la dignità e i diritti dei più poveri, di beni e di vita, restano al centro delle due storie, che dialogano tra loro; i sentimenti sono trattati con pudore, conservati o meditati nel cuore, ma forse per questo più veri e vissuti con maggiore intensità dagli attori che l’autore mette in scena.

Le pagine di Rubare l’anima ai fiori trasudano di speranza nel futuro e di fiducia nelle infinite possibilità dell’uomo su questa terra. Ed è per questo che ne consiglio la lettura.

Per conoscere meglio l’autore e cosa ha mosso la stesura di questo romanzo, ho voluto fargli alcune domande.

Dalla carriera in Aeronautica Militare al romanzo. Michele Criscuoli si racconta

Chi è Michele Criscuoli, al di là della nota biografica che leggiamo in terza di copertina?

Sono una persona curiosa che ama cambiare. Dopo la laurea ho vinto un concorso da ufficiale in servizio permanente nell’Aeronautica e, dopo dodici anni, sono andato in congedo, sono tornato ad Avellino, e ho iniziato a fare l’avvocato a 38 anni. Si è trattata di una scelta di volontà familiare: sarei stato troppo poco presente per i miei tre figli continuando a fare il pendolare e non avrei rinunciato a loro per nulla al mondo, neanche per diventare generale dell’Aeronautica, dove mi avrebbe condotto la carriera militare. Undici anni fa ho smesso anche di fare l’avvocato e mi sono dedicato ai miei hobby.

La domanda è d’obbligo, se l’aspettano i nostri lettori, ma anche coloro che ti hanno conosciuto in altri ruoli, come me. Cosa ti ha spinto a scrivere un romanzo? Si tratta di un sogno che conservavi in un cassetto?

La mia passione forte è stata sempre la politica, che non ho praticato in modo attivo, candidandomi intendo, ma impegnandomici in tanti altri modi. Anche la mia attività di giornalista è stata sempre incentrata sulla politica, come ricorderai. Anche il saggio Il dono, che qualche anno fa abbiamo presentato insieme, tratta di politica. E questa ritenevo fosse la mia identità. Alla scrittura di un romanzo non avevo, invece, mai pensato. Non era il mio sogno nel cassetto. Io mi sono sorpreso di me stesso, ritrovandomi a farlo. Non mi ritenevo capace di fare una cosa del genere. Ma il primo lockdown ci ha chiusi tutti in casa e mi sono ritrovato a scrivere un racconto che ho poi pubblicato su Amazon con il titolo L’algoritmo della felicità, dove in chiave fantastica ho ragionato di politica, trovandomi inaspettatamente a prevedere anche alcune cose che poi sarebbero effettivamente capitate in questi anni. Nel secondo lockdown mi sono avviato a scrivere questo romanzo.

Hai usato la scrittura come modo per affrontare un momento difficile. Credo tu, avendone le capacità, abbia usato uno dei modi più efficaci per salvare la mente. Un’altra domanda scontata, ma che ti faccio con una certa curiosità, Michele. Quanto c’è di autobiografico in questo romanzo, oppure a cosa della tua vita e della tua esperienza hai attinto per scrivere Rubare l’anima ai fiori?

Il romanzo è un’opera di fantasia, ma molte sono state le persone e le storie che mi hanno ispirato, storie vere di persone su cui ho ricamato con l’immaginazione, caratteri, esperienze che mi hanno colpito, segnato e che ho attribuito ai miei personaggi. Mi ha ispirato mio padre e anche il riferimento alla mia vita c’è in qualche misura, ma si tratta solo di spunti. Così come lo sono i luoghi in cui è ambientata la storia. La foto in copertina è quella di mio padre che è stato da giovane in cavalleria, nei Dragoni del Re, quelli che poi sono diventati i Corazzieri. E poi lo svolgimento della trama mi ha preso e i personaggi hanno iniziato a vivere di vita propria suggerendomi di volta in volta ciò che sarebbe loro capitato. Il titolo del libro, invece, nasce da una mia affermazione, scaturita dalla meraviglia che ebbi nel vedere un mio amico scattare splendide foto di fiori in Trentino durante una vacanza. Quindi non si può definire assolutamente un romanzo autobiografico.

E a che genere preferisci venga attribuito il tuo romanzo?

Non saprei, credo storico ma anche di formazione, in virtù della crescita ed evoluzione dei due protagonisti, ma è anche una saga familiare, dopotutto. Tu che dici?

Sono completamente d’accordo con te, Michele. Ora volevo chiederti se pensi di avere imparato qualcosa da questa esperienza, giunta come Summa della tua pregressa esperienza, della tua maturità, mi sento di poter dire.

Prima non mi sarebbe stato possibile, credo, scrivere questo romanzo. All’inizio, quando facevo leggere ad alcuni amici le bozze di ciò che stavo scrivendo, pensa, nascondevo che fossi stato io l’autore. Mi vergognavo. Poi ho capito che era necessario prendermi le mie responsabilità e firmarlo. Cosa ho imparato? Che per scrivere un romanzo bisogna tener conto di tante cose, per rispettare una coerenza narrativa, così ho approfondito la storia dei tabacchifici e delle operaie che ci lavoravano, le tabacchine, di cui fino ad allora avevo sentito parlare, ma che non conoscevo bene; ho imparato che ogni cosa va approfondita e valutata nel contesto della narrazione. Scrivere un romanzo è un’esperienza molto laboriosa.

Se potessi tornare indietro, sceglieresti di fare lo scrittore anziché percorrere la strada che conosciamo? Assolutamente no, farei tutto nello stesso modo.

Hai altri sogni che desideri mettere in pratica?

Probabilmente continuerei questa storia, c’è ancora qualcosa da dire, credo.

Ti ringrazio, Michele, per il tempo che mi hi dedicato.

©Riproduzione riservata

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About Eleonora Davide

IL DIRETTORE RESPONSABILE Giornalista pubblicista, è geologa (è stata assistente universitaria presso la cattedra di Urbanistica alla Federico II di Napoli), abilitata all’insegnamento delle scienze (insegna in istituti statali) e ha molteplici interessi sia in campo culturale (organizza, promuove e presenta eventi e manifestazioni e scrive libri di storia locale), che artistico (è corista in un coro polifonico, suona la chitarra e si è laureata in Discipline storiche della musica presso il Conservatorio Domenico Cimarosa di Avellino). Crede nelle diverse possibilità che offrono i mezzi di comunicazione di massa e che un buon lavoro dia sempre buoni risultati, soprattutto quando si lavora in gruppo. “Trovo entusiasmante il fatto di poter lavorare con persone motivate e capaci, che ora hanno la possibilità di dare colore e sapore alle notizie e di mettere il loro cuore in un’impresa corale come la gestione di un giornale online. Se questa finestra sarà ben utilizzata, il mondo ci apparirà più vicino e scopriremo che, oltre che dalle scelte che faremo ogni giorno, il risultato dipenderà proprio dall’interazione con quel mondo”.