Calabria, alla ricerca di un po’ di fresco. Papasidero sorprende
Parasidero è un comune in provincia di Cosenza e diverse sono le teorie sull’origine del bizzarro nome di questo paesino conficcato tra le gole dell’alta valle del fiume Lao, tra i versanti verdeggianti del Parco del Pollino. Lontano dalla costa e dalle spiagge affollate dai bagnanti, richiede la pazienza di affrontare l’infinita successione di curve, ma il tragitto consigliato, se si proviene da Scalea, è quello che si dirige con la SP3 a ridosso dell’abitato di Santa Domenica Talao per poi proseguire e prendere l’indicazione per Papasidero, in tutto 23 chilometri.
L’Alto Tirreno calabro custodisce preziosi tesori anche lontano dal mare, come abbiamo visto in occasione della visita a Orsomarso e a Maierà . Il nostro viaggio, quindi, continua alla ricerca di perle come queste, baciate dalla bellezza della natura, ma anche dalla ricchezza di una lunga storia.

Insospettatamente il paesino di Papasidero si presenta più ricco di luoghi da visitare di quanti ci saremmo aspettati. Il più pubblicizzato è la Grotta del Romito, una decina di chilometri fuori dal paese, in contrada Nuppolara, che vanta incisioni rupestri risalenti al Paleolitico, ma poiché è visitabile solo con le guide, bisognerebbe conoscere l’orario delle visite per non rischiare di dover aspettare troppo di avere accesso all’area o non riuscirvi affatto.

Bene, comunque c’è altro: il Santuario di Nostra Signora di Costantinopoli, per esempio, o la Chiesa di San Costantino e poi i Ruderi del Castello Normanno-Svevo, e non scordiamo le spiagge sul fiume Lao che, raggiungibili da ripide discese percorribili anche in automobile, regalano frescura e sollievo nei caldi giorni estivi. In questa zona del fiume Lao è possibile anche fare Rafting. Proprio nei pressi della Grotta del Romito una discesa utilizzata da chi pratica questo sport conduce a una costruzione particolare. Le spalle in cemento di un ponte di grandi dimensioni si fronteggiano sulle due sponde del fiume, ma il ponte non c’è. Si tratta in realtà di quel che resta di una costruzione di architettura innovativa, realizzata dalla Rubner Holzbau, una delle prime aziende in Europa nello studio e realizzazione di infrastrutture in legno lamellare, un ponte in legno percorribile in auto, costruito nel 2000 e intitolato a Stefano Gioia, crollato nel 2017, dopo la provvidenziale chiusura, caldeggiata dai cittadini, preoccupati per lo stato del manufatto. La mancanza di manutenzione aveva rischiato di trasformarsi in una tragedia.

Quindi, se si opta per la visita al Castello, proprio al di sopra dell’abitato di Papasidero, percorrendo una salita con indicazione, che si apre nel centro ed è percorribile in auto, si scopre un’imponente costruzione circondata da una notevole cinta muraria, con una piccola e nascosta porta di accesso, in diversi tratti ancora intatta; mentre gli ambienti interni della struttura sono ben distinguibili, è presente una scalinata, che porta ai piani superiori, dove si trova anche un camino e una fornace; suggestivo l’ambiente al pian terreno, forse un tempo sottostante al piano di calpestio, con volta a botte e curiose nicchie alle pareti, sulle quali si distingue benissimo l’intonaco. A fianco alla porta di accesso agli ambienti interni, oltre il cortile, si apre una singolare piccola bifora. Lo stato di abbandono dell’intera struttura suggerirebbe, però, di mettere in sicurezza, per evitare pericoli di crollo.

In ogni modo il sito è molto interessante, ma avrei voluto sapere di più sulla sua storia. Invitiamo il lettore a leggere le informazioni che ho trovato, pubblicate comunque su un sito istituzionale.

La presenza di un castello medievale è di grande interesse, ma non insolita in questa parte di Calabria, dove la rete di manieri era molto fitta e ha origini molto antiche, spesso legate alla difesa delle coste dai pirati saraceni, poi ampliata dai Normanni, Svevi, Angioini e Aragonesi. Così a Scalea, come a Cirella, Belvedere, Valle dell’Abatemarco, Sangineto ecc. Una storia che racconta di una solida presenza feudale, con le sue regole e la sua capillare organizzazione del territorio, in un tempo che sembra ormai perso nell’abbandono e nell’oblio. Intorno a questa storia potrebbero prendere vita, invece, rievocazioni che ridonino lustro a un passato che ha ancora molto da insegnare.
Il panorama che si gode dalla collina su cui si erge il maniero è suggestivo e la vicinanza al belvedere della torre campanaria dell’appena sottostante chiesa madre, dedicata a San Costantino, ha un impatto visivo importante. Ci si affaccia così sul corso del fiume Lao e soprattutto sul Santuario addossato alla roccia, cui si accede dal paese attraverso una discesa a gradoni di roccia e un ponticello sul fiume. Anche questo va assolutamente visitato, ma sarà per una prossima volta.

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