Il nostro amico Kobe
Un’estate di pochi anni fa, mio figlio, dovendo leggere un libro per le vacanze mi disse: “Se proprio devo, preferisco questo” e mi propose così Un italiano di nome Kobe scritto da Andrea Barocci con prefazione di Ettore Messina, edito da Absolutely Free Editore.
Allora per me il basket era semplicemente lo sport praticato da mio figlio ma, per rispetto delle passioni altrui e della lettura, accettai di buon grado di affiancarmi a lui nella lettura.
Venni così a scoprire la vita italiana di uno dei campioni del basket più famosi e amati al mondo e mi appassionai al punto di andare oltre.
Il libro raccontava, come accennato sopra, della storia del piccolo Kobe che visse in Italia quando suo padre giocò dapprima a Rieti, poi a Reggio Calabria, Pistoia e Reggio Emilia.
In una delle prime pagine c’è scritto: “Sta per salutare quando appaiono alle sue spalle due bambine dallo sguardo timido che si stringono nei cappottini blu. Il gigante accarezza loro i capelli ricci e crespi e poi si volta, in attesa. Passa qualche secondo ed ecco entrare trotterellando un esserino. È il più piccolo delle sorelle. Non cammina, saltella, come pervaso da un’energia misteriosa……aspetta, prima però dimmi come ti chiami. So già che dimenticherò subito il tuo nome, tu comunque dimmelo lo stesso.” “ My name is Kobe Bryant”.
Il libro continua, quindi, raccontando la vita del piccolo Kobe, della scuola, degli amici e delle sue prime volte nel basket.
Il suo fu subito un modo speciale di approccio al gioco, aveva più di una marcia in più e, qualche volta, quando lasciava i suoi compagni di squadra per andare a tirare, i suoi piccoli coetanei piangevano perché non potevano mai giocare!
Kobe viveva nel e per il basket.
La famiglia di Joe Bryant fu felice in Italia. Si raccontano nel libro episodi di incontri con giocatori, giornalisti e allenatori ma anche di rapporti sociali e umani intessuti con affetto e stima nelle città in cui vissero.
Ebbene, Kobe Bryant è diventato il grande campione che tutti gli appassionati di basket hanno amato.
A tre giorni dalla sua tragica e improvvisa scomparsa arriva, quindi, il mio modestissimo tributo. Non subito, perché a volte i dispiaceri devono essere appena metabolizzati, altre conducono a scrivere di getto. Forse, chissà, per l’incredulità o perché mi sentivo inadeguata a scrivere su un grande campione come lui.
Ma, chi scrive capirà, mi era rimasto qualcosa dentro, come un tarlo, che faceva sentire a me stessa che stavo mancando in qualcosa.
In più mi correva l’obbligo morale nei confronti di chi mi aveva presentato a suo tempo il personaggio Kobe Bryant e mi sono detta che tanti ragazzi semplici, sconosciuti, tanti quarantenni e di più, chiamiamoli pure semplicemente baskettari, avrebbero volentieri unito alle loro lacrime un saluto, un addio speciale, di vero cuore. Così, senza ricordare le sue mirabili imprese, le sue leggendarie vittorie e l’insegnamento che Kobe Bryant ha dato a chiunque appartenesse al meraviglioso mondo del basket, ho pensato al mio amico di sempre, il libro e ho voluto immaginare il campione prematuramente e ingiustamente scomparso, in ogni campo di basket, in palazzetti o palestre di scuola e dovunque ci sia un buco con una retina intorno.
Grazie Kobe, riposa in pace.
Un saluto da tutti noi.
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