Napoli. Alla scoperta della Chiesa dei SS. Filippo e Giacomo

Se si pensa alla lavorazione della seta in Campania, il pensiero ci riconduce a San Leucio, trascurando una storia ben più antica. Nel cuore della Napoli antica la Chiesa dei SS.Filippo e Giacomo ci racconta di un’epoca in cui Napoli era al centro della più importante lavorazione della seta che attraeva i mercanti di ogni dove. Nella massima espressione artistica e di valore Napoli assurge a un punto di riferimento che poi con Ferdinando di Borbone trova la sua ultima collocazione a San Leucio, nel tentativo di rendere seriale un’industria che nasce invece come passione manuale artigiana di fine qualità.

Oggi, grazie ai giovani dell’Associazione ‘Respiriamo Arte’, la chiesetta a margine del cuore di San Biagio dei librai, nel decumano inferiore, riapre dopo 40 anni. Essa nasconde delle sorprese ed è testimonianza di una città stratificata nei secoli che in ogni strato custodisce cultura, storia e leggende. Probabilmente l’ultimo strato, che è la nostra contemporaneità, ancora ha un primato, ma dell’indifferenza e dell’incuria verso il nostro grandissimo patrimonio, che ripone in giovani appassionati di storia la speranza di ritrovare quella dignità negata da troppo tempo e da malfattori che ne hanno, negli anni di abbandono, rapinato beni e utilizzato quei luoghi come discariche.
Una chiesa della Nobile Arte della Seta dedicata ai Santi Filippo e Giacomo protettori della pelle a protezione della confraternita dei lavoratori dei preziosi tessuti, conosciuti in tutto il regno e oltre i suoi confini. Un complesso seicentesco annesso a un Conservatorio voluto dalla Corporazione dell’Arte della Seta, nata ufficialmente nel 1477 a Napoli che, dal 1580 al 1630, si impone come grande città produttiva di seta, guidata dai Consoli della Seta. Un Conservatorio come centro di produzione e lavorazione della seta, che ‘conservava’ l’innocenza di fanciulle orfane che e famiglie affidavano alle suore del centro, protette dallo sguardo altrui da drappi di seta blu con stelle gialle.
Sì perché questi luoghi belli per i tesori che nascondono hanno come valore aggiunto le storie e leggende che i giovani ricercatori hanno scovato tra le pagine del vicino archivio storico. Come il passaggio di 300 fanciulle dal complesso del Carmine alla nuova sede dei SS. Filippo e Giacomo, con un lungo drappo di seta che le nascondeva alla vista di potenziali sguardi impuri.
La piccola chiesetta, bisognosa di grandi opere di restauro, possiede una cripta suggestiva di fine ‘500, ricca di interessanti opere d’arte come l’altare ligneo, opere in seta, pale e tele, ma al di sotto si scende e ci si trova tra importanti resti archeologici di una domus romana.

Nella facciata esterna due grandi statue rappresentanti i due santi opere in stucco di Sammartino. Negli interni vi sono giochi di cromie dei marmi con gli intagli lignei. Tra le curiosità: un vicolo nascosto nella Sagrestia ‘intatto’ dal tempo, una statua lignea dorata di San Biagio, proveniente dalla chiesa vicina, protettore della voce e della gola. Altra curiosità, raccontata dall’antropologo Marco Fiore di “Oltre i resti”, è che Napoli si caratterizzava a quei tempi per il nero cosiddetto “nero di Napoli”, famoso per non stingersi mai.
In definitiva, un paese che non preserva il suo passato difficilmente può progettare il suo futuro.

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