Oggi a scuola serve tornare all’umano

A Napoli la nuova giunta comunale del neo sindaco Gaetano Manfredi vede nelle vesti di vice sindaco con delega all’Istruzione Mia Filippone, il dirigente dello storico Liceo Genovesi di Napoli. La scuola in primo piano, quindi, quasi a volerle dare il ruolo di formazione di futuro. Se la neo-assessora ha fatto studi classici, spero che attinga da questi per cercare di riportare nella scuola di oggi quell’Umanesimo ormai necessario come ossigeno per una scuola che persegue l’acronimo STEM, dall’inglese Science, Technology, Engineering and Mathematics, per capitalizzare l’umano. Un umanesimo inteso come ritorno a studi classici, di pensiero creativo non stigmatizzato.

La scuola di oggi ha perso la sua matrice, segue ritmi e canoni aziendali. Ha ripristinato una ferrea gerarchia con a capo il dirigente di turno che persegue finalità sempre più distanti dalle vocazioni che una scuola si dovrebbe prefiggere. La priorità non è più creare Comunità, la serenità del lavoro non è poi così necessaria, le astruse figure di sistema stravolgono la natura di docenti per vestire i panni di caterpillar al servizio di una gestione sempre più lontana dai veri bisogni. Almeno negli anni settanta gli operai, qui i docenti, lottavano insieme per ottenere diritti dal datore di lavoro, oggi gli stessi sono messi in competizione per accaparrarsi i le lusinghe e benefit dal capo e mai sono rappresentati dai pari, anzi sono spesso loro i veri ostacoli a un benessere lavorativo. Dividi et Impera ne sembra il motto. Ma il peggio è il sistema di rete politica a cui un dirigente deve intrecciarsi per non essere a sua volta isolato e quindi il Sistema progetti, soldi profusi da enti pubblici che creano come costole proprie agenzie intermediare che assorbono la gran parte del fondo erogato attraverso figure ed azioni aleatorie, non necessarie all’effettiva realizzazione della stessa.

Altra grande fetta va alle figure di sistema interna alla scuola, alle famose associazioni che gravitano, come ad annusarne profitto, attorno alle scuole. Il tutto in una rigida procedura burocratica che dovrebbe garantirne trasparenza ed efficacia. Immancabili i tutor rigorosamente docenti interni, gli ultimi dell’ingranaggio a fare da supporter dell’esperto esterno di turno raramente all’altezza del ruolo di educatore, per reclutare e convincere della bontà del prodotto alunni riottosi che fiutano l’inganno. A lui carte, registri, elenchi, bacchettati dai colleghi del gradino gerarchico superiore delle figure aleatorie di cui sopra: valutatori, progettisti, pubblicisti e via dicendo.

Lo sfigato docente/tutor, che è l’unico a lavorare alla fine, svilito completamente dal suo ruolo professionale, ininfluente nel sistema e mai ascoltato ai tavoli decisionali della scuola del capitale umano. Ma a lui si fa riferimento per un cambiamento come “distrattore” da fini altri: no alla Lezione frontale, il docente del ‘900 ancora legato ad una scuola di relazione, di comunità? Davvero patetico, anacronista! E via con la formazione da parte di formatori che non entrano in un’aula da trent’anni impegnati a formare persone già formate dall’esperienza in campo. C’è chi proponeva un pedagogista in ogni scuola che faccia un po’ di teoria, così da mettere a segno il sistema corredato da altre inutili figure di intralcio. Bisogna accaparrare fondi e visibilità, le scuole sono in aperta competizione aziendale, come se il diritto allo studio e la sua qualità in un terno al lotto per capitare in una capitanata dal dirigente più ambizioso. Una scuola inclusiva, accogliente di alunni in gran numero in difficoltà e allora via con l’ulteriore corso di formazione sul sostegno, così tagliamo i costi improduttivi del personale in eccesso e il docente multitasking seguirà tutti i suoi alunni contemporaneamente, ma mi raccomando con i percorsi individualizzati. Una valutazione che non mortifica, non boccia, non dialoga con la famiglia.

Fanno ben sperare le parole della Filippone in un’intervista al Mattino per il suo impegno a reggente del San Nazzaro in cui l’assessore parla di dedizione e di condivisione delle scelte del preside da parte dei collaboratori, a cui viene, però, richiesta dedizione totale.

Serve Umanesimo, tornare all’umano che non sia solo capitale di profitto e ancora comunità, relazione, scambio di buone pratiche, autenticità, dialogo, scuola, gesso, fondi per il reale funzionamento, dirigenti accoglienti realmente inclusivi, non temiamo di attingere dal ‘900 o secoli addietro quando la scuola era cosa pubblica per il benessere del nostro futuro.

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About Angela Ristaldo

Angela Ristaldo, giornalista pubblicista per inseguire una passione per il giornalismo nata tra i banchi di scuola come espediente didattico privilegiato per educare i ragazzi, anche in tenera età, all'autonomia di giudizio e al senso critico. Organizza da anni un giornale scolastico che spazia tra gli interessi dei ragazzi agli stimoli circostanti che la realtà propone. Laureata in Lingue è dal 2005 insegnante di scuola primaria per scelta, credendo fortemente nella scuola come veicolo e velivolo formativo di cultura: unica arma per essere vincente in questi tempi così cangianti e difficili. Amante dell’Arte, spazia nei suoi articoli, tra le più svariate tematiche dal sociale alla scuola senza mai perdere di vista la bellezza insita in tutte le cose se la si sa osservare e valutare.