9 settembre 1943, così il sindaco di Piacenza ricorda i caduti

La storia di un popolo e di una Nazione sono un percorso lungo il quale anche dai passaggi più tragici e cruenti siamo chiamati a trarre la giusta ispirazione per affrontare il presente e l’adeguato insegnamento da trasferire a chi costruirà il nostro futuro. Rinnovare il ricordo di quei passaggi non è certo un gesto ritualistico che sbiadisce con il passare del tempo, ma oltre che un doveroso omaggio a chi di quei passaggi fu purtroppo anche tragicamente protagonista e fatalmente vittima, è uno straordinario momento che ci permette di rafforzare il nostro comune senso di appartenenza e di identità.

L’alba del 9 settembre del 1943 è per la comunità piacentina uno di quei tragici passaggi del suo percorso storico, che oggi vogliamo ricordare, per celebrare il coraggio, l’ardore e lo sprezzo del pericolo di coloro che persero la vita per difendere la propria città, animati da ideali di libertà e desiderio di pace. Con questa cerimonia, che viviamo ogni anno con uguale profondo trasporto, ci impegniamo a rendere l’estremo sacrificio di quei soldati e di quei civili il più alto e nobile strumento per rinnovare in ognuno di noi quegli ideali, nel nostro oggi e per il nostro domani.

Dopo l’annuncio alla radio da parte del maresciallo Badoglio dell’armistizio firmato pochi giorni prima con gli americani, su un popolo devastato ed esausto da anni di Guerra, quello che poteva apparire un passaggio fondamentale verso l’imminente conclusione del lungo e tragico secondo conflitto mondiale, in realtà apriva un’ulteriore lunga stagione di profonda sofferenza.
Su una Nazione già fortemente segnata da anni di guerra, con una popolazione allo stremo delle forze, si aggiungeva, all’indomani dell’armistizio, lo smarrimento creato dal repentino mutamento di scenari e a pagare il prezzo più salato fu, ancora una volta, il popolo italiano, chiamato ad affrontare con le proprie esanimi forze la nuova realtà.

Piacenza, come tanti altri centri e paesi medio piccoli della nostra nazione, dove forse ancora più cruenta divenne la battaglia, non fu da meno e contò subito, in quell’alba del 9 settembre 1943, i suoi morti, propri figli tragicamente caduti in un conflitto a fuoco, il cui commosso ricordo il passare degli anni non può offuscare e che oggi, a 76 anni di distanza, ci troviamo a commemorare con lo stesso trasporto e la giusta riconoscenza.

Forse proprio in quei primi attimi di smarrimento che seguirono l’annuncio dell’armistizio gli italiani trovarono dentro di sé i più alti e nobili sentimenti risorgimentali di Patria, la volontà di sentirsi popolo e di difendere non solo la propria vita, ma quella dei propri concittadini. Nella tragicità del momento si riaffermava così allora nel modo più puro e spontaneo la voglia di essere una nazione libera e in pace, anche al di là e al di sopra di ogni ideologia, di appartenenza o convinzione personale.

Fu così anche a Piacenza dove, a poche ore dall’annuncio del generale Badoglio, dopo aver pianificato una strategia di azione per l’intera notte, il tenente colonnello Coperchini schierò due presìdi armati del 4° Reggimento Artiglieria di Piacenza da lui capitanato proprio qui a Barriera Genova, a protezione dell’ingresso del centro storico; mentre una terza postazione fu posizionata nella zona del vecchio campo sportivo.

Nelle prime, drammatiche ore di quel mattino del 9 settembre, le truppe tedesche avanzavano riuscendo a far breccia da Ovest sino a giungere in via Genova, accerchiando gli avamposti anche da piazzale Torino e via XXIV Maggio. Ma fu il supporto fornito dalla forza aerea che si sollevò dall’aeroporto di San Damiano a rappresentare l’arma decisiva per l’esercito tedesco che riuscì a distruggere in breve tempo i nostri carri armati. Un’alba di sangue nella quale persero la vita, insieme al colonnello Coperchini, accorso per prestare aiuto nello scontro, soldati italiani e civili che spontaneamente imbracciarono in quella circostanza le armi per difendere la propria terra e l’onore della propria Patria.

Fu, purtroppo, quella l’alba di una nuova stagione di scontri, di disperazione, di morti e di violenza che avrebbe percorso l’Italia ancora per mesi e mesi, lasciando ferite che neppure il tempo sembra riuscire a rimarginare.

Il 9 settembre di Piacenza non fu e non è solo un momento storico, non è solo un episodio drammatico all’interno di un percorso, ma è soprattutto il più alto esempio di come la nostra città ha saputo affrontare la tragicità degli eventi e, in un cammino purtroppo attraversato anche da vite spezzate spesso nel fiore dell’età, ha dimostrato di saper difendere i valori di pace e di libertà che la Medaglia d’Oro al Valore Militare le testimonierà per sempre.

Patrizia Barbieri, sindaco di Piacenza

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