“Il Mese Classico”. Intervista a Roberto Roganti su Ludwig van Beethoven di Maria Teresa De Donato

Amici carissimi, oggi è venuto a trovarci di nuovo l’amico e collega Autore e Blogger Roberto Roganti che, per la sua Rubrica Il Mese Classico, ci presenterà un grande compositore.

MTDD: Ciao Roberto e grazie per essere di nuovo qui con noi.

RR: Grazie a te, Maria Teresa, per l’invito.

MTDD: Roberto, so che per oggi hai pensato di parlarci di uno dei più famosi compositori di musica classica che sia mai esistito: Ludwig van Beethoven.

Cosa puoi dirci di lui?

RR: Ludwig van Beethoven, che nacque a Bonn il 16 dicembre 1770 e morì a Vienna il 26 marzo 1827, era di origine fiamminga: il nonno si era stabilito a Bonn nel 1732 proveniente da Malines e suo padre Johann era cantore alla corte dell’arcivescovo di Colonia. Ludwig studiò dapprima col padre e si esibì in pubblico come pianista già nel 1778, approfondendo poi le conoscenze musicali con C. G. Neefe. Ben presto attivo nel Teatro di Corte, nel 1789 si iscrisse alla Facoltà di Filosofia dell’Università di Bonn. Nel 1787, un viaggio a Vienna e un decisivo incontro con Mozart ebbero un’influenza radicale sulla sua formazione di musicista pur iniziando al tempo stesso per lui un periodo di tristi condizioni familiari. Nel 1787 morì sua madre ed egli, dovendo provvedere al mantenimento del padre alcolizzato, si impiegò come violista nell’orchestra di corte. Peraltro nell’ambiente di Bonn intrecciò proficui contatti con mecenati ed artisti che mantennero viva in lui la passione per la sua arte. Per intervento di Haydn, che conobbe durante una breve sosta a Bonn, ebbe la possibilità nel 1792 di recarsi nuovamente a Vienna. Da Vienna non ritornò più nella città natale in quanto suo padre morì nello stesso anno del suo trapianto in Austria.

MTDD: Oltre a quella di Mozart, Beethoven subì l’influenza di altri personaggi di rilievo in ambito professionale?

RR: Sì. Nella capitale austriaca, infatti, studiò con Haydn, con Schenk ed infine con Albrechtsberger, ma anche con Salieri per quanto riguarda l’approfondimento della vocalità italiana. Intanto, grazie alla protezione del conte di Waldstein che lo aveva conosciuto a Bonn, Ludwig era entrato in contatto con i più noti nomi dell’aristocrazia viennese, tra cui i Lichnowski e i Lobkowitz. Nel 1795 tenne il primo concerto pubblico, imponendosi immediatamente per le qualità delle sue interpretazioni, e nel 1796 fece un giro di concerti in Germania e Boemia.

Ma con l’inizio dei disturbi dell’udito, che nel 1802 arriveranno a gettarlo sull’orlo del suicidio (ricordiamo il famoso testamento di Heiligenstadt), cominciò ad isolarsi sempre più, mentre si affermava anche oltre i confini la sua fama di compositore. Dopo il 1800 la sua produzione acquistò un ritmo rapidissimo, e nel 1808 gli venne assicurata, grazie all’interessamento di alcuni nobili mecenati, una pensione annua. La cospicua pensione, tuttavia, fu ben presto ridotta a una misera cifra in seguito all’inflazione, mentre con la morte del fratello Kaspar gli venne affidata la tutela del nipote Karl, un giovane scapestrato che sarebbe stato fonte di continue gravissime preoccupazioni per lui. La sua fama si sparse sempre più in tutt’Europa; gli editori si contendevano i suoi lavori, ed egli era considerato press’a poco una gloria nazionale. Purtroppo la sordità peggiorò a tal punto che negli ultimi anni di vita fu possibile comunicare con lui solo per iscritto. Karl gli procurò una serie di noie e nel 1816-17 una grave bronchite minò la sua pur solida fibra. Nel 1815 apparve per l’ultima volta in pubblico come pianista; da allora si chiuse sempre più in se stesso, mentre negli ultimi anni fu oppresso da qualche preoccupazione finanziaria, anche se le sue opere continuavano a essere ricercate dagli editori ed i concerti di musiche sue incontravano un favore che nessun altro compositore aveva mai raggiunto prima d’allora. Nel 1826 Karl tentò il suicidio; nello stesso anno, dopo un soggiorno in campagna presso il fratello Johann, Beethoven tornò a Vienna sotto l’infuriare di una tempesta di neve e cadde ammalato di polmonite. Trascurato, il male si aggravò, e nell’inverno il musicista dovette sottoporsi a una serie di operazioni: ma l’idropisia congiunta con una grave infiammazione polmonare lo stroncò dopo tre giorni trascorsi in un’incoscienza pressoché totale. Pochi giorni prima di morire aveva ricevuto una visita di Schubert, che lo adorava e lo avrebbe seguito un anno dopo nella tomba.

MTDD: Un immenso talento unito ad un’esistenza alquanto travagliata dunque.

RR: Infatti. Nella storia della musica Beethoven è una figura d’uomo e d’artista assolutamente nuova. Nella vita cercò sempre, e disperatamente, la libertà e l’indipendenza. Formatosi proprio negli anni in cui la rivoluzione francese dettava all’umanità leggi nuove di fratellanza e di uguaglianza, egli sentì che anche l’artista ha il dovere di lavorare per tutti i suoi simili.

MTDD: Questo aspetto è davvero interessante. Come espresse a livello professionale questa sua convinzione?

RR: Beethoven fu il primo a spezzare ogni rapporto di subordinazione con l’aristocrazia e per primo visse del proprio lavoro, che offriva ai suoi editori pretendendo che egli fosse compensato per quello che valeva. Mentre tutti i suoi predecessori, fino a Mozart e Haydn, avevano vissuto e lavorato nell’ambito di una cerchia ristretta, sovvenzionati dai loro padroni e dai teatri reali, Beethoven cercò impetuosamente il contatto con un pubblico sempre più vasto.

MTDD: Come venne recepito questo suo atteggiamento negli ambienti che frequentava?

RR: Questo atteggiamento di assoluto svincolamento da un mondo che già all’inizio dell’800 iniziava a decadere si rifletté nella sua vita e nei suoi rapporti con gli uomini. Fu persona dal carattere difficile e solo pochissimi poterono entrare con lui in rapporti di amicizia anche se mai di vera intimità. Bisognoso d’amore come pochi altri, paradossalmente non riuscì a trovarlo nemmeno con le donne: nella sua vita ne passarono a decine (ricorderemo solo Giulietta Guicciardi, Therese von Brunswik, la contessa Erdody, Bettina Brentano e la cantante Amalie von Sebald), ma in nessuna poté trovare la compagna della vita.

MTDD: Potremmo descrivere Beethoven, dunque, come un individuo che, pur avendo difficoltà nelle relazioni personali e sentimentali, era dotato di un grandissimo talento che gli permise di dare il meglio di se stesso proprio in ambito professionale e, nello specifico, in quello musicale.

RR: Assolutamente sì. Infatti fu per certo uno sconfinato bisogno di libertà che lo spinse a isolarsi sempre più dal mondo, per affidare alla propria opera il suo messaggio all’umanità, che lo indusse a muoversi in una dimensione irreale che fa della sua vita un’avventura delle più insolite, e per certi versi incredibili, che la storia ci abbia tramandato.

MTDD: Quali sono state le caratteristiche più salienti della sua produzione?

RR: Nella sua musica il disordine della sua vita e la scontrosità del suo carattere si risolvono in una comunicazione semplice e diretta, dettata da un’altissima forza geniale. Nelle prime opere egli assorbe e dibatte la problematica stilistica posta dai suoi grandi predecessori, Haydn e Mozart. Quando raggiunse ventidue anni, Mozart era già morto e Haydn era giunto al periodo più fastoso della sua maturità: il giovane Beethoven vedeva ormai il mondo con occhio nuovo, vivificato e stimolato dai grandi avvenimenti storici che ne accompagnavano la formazione (la rivoluzione francese innanzitutto), e nello stesso tempo si immerse nelle conquiste che Mozart e Haydn avevano fatto per poterle poi personalmente vivificare con una diversa carica espressiva. Le prime sonate per pianoforte, i primi quartetti, le due prime sinfonie (ma balenanti eccezioni si presentano fin d’ora, ad esempio nella Sonata in do minore Patetica per pianoforte op. 13, che è del 1798) riflettono così una sensibilità ancora legata alla musica del ‘700, anche se questi lavori non si potrà mai assegnarli a una precisa categoria stilistica come il rococò. Ma in queste opere si avverte una ricerca instancabile, ossia la messa a punto di uno stile personalissimo che, a poco a poco, si enuncerà luminosamente nelle più grandi creazioni della virilità.

Il nome di Beethoven è legato indissolubilmente a quello della forma-sonata. È in questa forma, a lui tramandata dalla scuola di Mannheim, da C. Ph. E. Bach e da altri musicisti del ‘700, che trova lo stimolo espressivo e costruttivo a lui più congeniale.

Egli conia con grandiosa capacità plastica i due temi principali della sonata e, nell’arte dello sviluppo, raggiunge vette prima di lui inaccessibili. Nei suoi sviluppi si scatenano conflitti dominati da un equilibrio superiore, nei suoi temi si distende un lirismo che precorre quello del romanticismo successivo. È soprattutto questo elemento formale che predomina nelle opere del periodo di mezzo, nella maggior parte delle sinfonie e delle sonate pianistiche, nei quartetti che precedono gli ultimi, dove si inaugura un mondo nuovo di vertiginosa ricerca formale ed espressiva.

MTDD: Se dovessimo riassumere l’opera di Beethoven da un punto di vista semantico e stilistico, cosa potremmo dire?

RR: In Beethoven parla finalmente tutta l’umanità: l’elementare concisione dei suoi temi e dei suoi sviluppi lo porta vicino all’uomo della strada, alla massa che fin’allora era stata praticamente esclusa – se se ne eccettua il fenomeno dell’opera teatrale – dalla musica. E nelle opere di mezzo viene appunto alla superficie questo impeto di fratellanza, di comunicazione con tutti i propri simili, per elevarli e dar loro una precisa coscienza di uomini. Infine, anche la forma si infrange, lascia la via libera, sul filo di una tecnica ormai trascendentale, alla fantasia nel suo autonomo plasmarsi, all’invenzione pura che va oltre ogni vincolo ed ogni schema formale. È il caso degli ultimi quartetti, della Nona Sinfonia, delle ultime sonate per pianoforte, opere sconvolgenti nella loro radicalità espressiva, sconcertanti per l’altezza a cui in esse giunge l’espressione artistica. Qui Beethoven si libra in sfere inesplorate, schiude alla musica possibilità che solo dopo molti decenni i posteri comprenderanno a pieno nella loro genialità. L’opera di Beethoven è un cosmo in cui l’uomo si trova immediatamente riflesso, nelle sue passioni più irruenti come nei suoi sentimenti più nobili.

Tra le composizioni orchestrali hanno ancora un’importanza non trascurabile le 11 ouvertures che Beethoven scrisse per commedie e balletti e per la sua unica opera teatrale, il Fidelio. Si tenga presente che anche nell’ouverture Beethoven adottò la forma-sonata, convalidando con l’autorità del suo genio una struttura che si andava affermando a fine ‘800 e che si scostava sostanzialmente dall’ouverture di tipo italiano (A. Scarlatti) o francese (Lulli).

MTDD: Quali opere di Beethoven ci proponi oggi e perché?

RR: Oggi vi propongo le opere in elenco indicandovene anche le caratteristiche principali.

Buona lettura e buon ascolto!

Le Creature di Prometeo op. 43 (Die Geschopfe des Prometheus):

L”‘Ouverture” al balletto denota le caratteristiche dello stile giovanile di Beethoven. È un pezzo molto brillante, ammirevole per l’incessante vita ritmica, quasi un gioco elegante e scorrevole di idee musicali fresche e giovanili.

Re Stefano op. 117 (1811):

L’ouverture, che è la pagina più energica, è introdotta da quattro squilli asciutti, solenni, arcaizzanti ed è poi concepita su due idee musicali che si alternano l’una all’altra e si ripetono con mutamenti di strumentale e quindi di colorito, la prima prevalentemente lirica ed esotica (“all’Ongarese” scrive Beethoven quando riprende questo tema nel brano n. 4, l’elegante Coro delle donne che accompagnano la sposa) e la seconda impetuosa e bellica. Lo stile e il carattere degli altri brani sono adeguati con maestria, ma anche in forma per lo più impersonalmente solenne, alle esigenze sceniche.

Le Rovine d’Atene op. 113 (1811):

Il dramma allegorico Le rovine di Atene, presenta una scrittura di carattere sinfonico. Oggi nelle sale da concerto è spesso eseguita l’ouverture in cui tutti i temi principali dell’opera sono organizzati nella forma-sonata. La decadenza della Grecia, che langue sotto la dominazione turca, e di Atene, nella quale torna dopo un’assenza di duemila anni Minerva che ha ricevuto il perdono da Giove, è rappresentata, nell’introduzione, Andante con moto, da un tema ascendente staccato che giunge ai violini e dal successivo motivo affidato agli archi, che anticipano il secondo brano Il duetto tra il Greco e la Greca,  mentre i due seguenti temi marziali, esposti nella solare tonalità di sol maggiore alludono all’accordo tra il popolo ungherese e i suoi governanti. Il successivo, Allegro ma non troppo, in forma-sonata, non presenta alcun riferimento tematico con le altre musiche di scena.

Egmont Ouverture op. 84 (1809):

L”‘Ouverture” all’Egmont di Goethe ha il carattere di una semplice introduzione al dramma, di cui sembra riflettere gli appassionati aneliti di libertà, risolvendosi in un canto di giubilo.

Coriolano “Ouverture” op. 62 (1807):

Composta, parallelamente alla Quinta Sinfonia, nel 1807, l’Ouverture al Coriolano (una tragedia di Heinrich Collin oggi dimenticata) è una delle composizioni più fosche e tragiche che il musicista abbia concepito. Essa si iscrive indelebilmente nella memoria dell’ascoltatore per la drammaticità dell’inciso iniziale, per l’irrequietudine del primo tema anelante, per il nobile lirismo del secondo tema in mi bemolle (l’ouverture è in do minore, la stessa tonalità della Quinta). Dopo una serie di contrasti e di conflitti che si incalzano senza requie per tutto il pezzo, esso si conclude sull’inciso tragico dell’inizio, che si estingue con un effetto sinistro nel registro grave degli archi.

La Festa onomastica op. 115 (1815):

La Zur Namensfeier Ouverture (così chiamata dalla nota preposta da Beethoven alla partitura autografa, da cui risulta che la composizione fu ultimata «nel mese di vendemmia del 1814, la sera dell’onomastico del nostro Imperatore», ossia il 4 ottobre, festa di San Francesco) è uno dei primi esempi di Ouverture da concerto, un «genere» fiorito agli inizi del secolo XIX, come conseguenza dell’evoluzione dell’«accademia», da aristocratico trattamento musicale dell’ancìen regime a carattere eminentemente cameristico (anche se in esso venivano eseguiti i Concerti per pianoforte di Mozart e le Sinfonie di Haydn) a manifestazione pubblica di natura spettacolare e di massiccia e composita costituzione.

La serata, della durata di varie ore, poteva comprendere un paio di Sinfonie, un concerto per strumento solista e orchestra, un oratorio o una cantata, il tutto preceduto da un’introduzione sinfonica composta ad hoc e concluso da un’improvvisazione dell’autore al pianoforte: pantagruelica imbandigione musicale, oggi difficile da smaltire.

La Consacrazione della casa op. 124 (Die Weihe des Hauses), “Ouverture” (1822):

Composta per l’inaugurazione del nuovo Josephstadter Theater. È un pezzo ideato in uno spirito quasi handeliano, una vera composizione “d’occasione” nel senso più nobile e maestoso del termine. Inutile cercare conflitti drammatici: questa musica si svolge come un arazzo sonoro, passando da un “Maestoso e sostenuto” di impronta solenne, a una fanfara più vivace che sfocia in una fuga luminosa e ridente. La mano del musicista vi è felice anche e soprattutto nelle parti contrappuntistiche, e ad esse si aggiunge un fastoso trattamento dell’orchestra che conclude il pezzo in modo veramente monumentale, in uno sfolgorante do maggiore.

Leonora n. 1, n. 2 e n. 3:

Le tre “Ouvertures” Leonora furono composte per la prima e la seconda versione di Fidelio. La prima non soddisfece l’autore, che nello stesso anno della rappresentazione di Fidelio (1805) ne approntò una seconda; mentre la versione oggi più nota è la terza, composta per la ripresa dell’opera nel 1806. È uno dei lavori più vari e avvincenti creati da Beethoven nel campo sinfonico. La complessità formale, che sfugge a ogni tentativo di classificazione, è pari solo alla ricchezza di idee che anticipano e simboleggiano con grandiosa pregnanza d’espressione gli elementi fondamentali del dramma. Così troviamo condensati nel giro di pochi minuti, i temi caratteristici di alcuni importanti personaggi di Fidelio: nel passaggio dai tempi lenti a quelli allegri o rapidi, nelle misteriose fanfare che interrompono d’improvviso il fluire della musica, nell’esultanza del tema principale dell’Allegro (che si inizia dopo un Adagio di vaste proporzioni), la Leonora n. 3 è una pagina di ampio respiro, vivida, penetrante, spontanea come poche altre di questo genere.

Fidelio op. 72c:

Nel 1814, ripresentando al pubblico viennese una nuova versione del Fidelio, Beethoven scriveva una quarta ouverture, che viene anche oggi normalmente eseguita a introduzione dell’opera. Con le tre Leonore questa ouverture non ha nulla a che fare: qui il compositore non impiega temi tratti dall’opera e i suoi incisivi tratti di drammaticità si risolvono in una pagina di concezione sostanzialmente rapida e brillante.

MTDD: Grazie, Roberto, per aver partecipato a questa intervista e per tutte le informazioni che ci hai fornito su uno dei massimi esponenti della musica classica che sia mai esistito. Spero di averti di nuovo mio ospite in futuro.

RR: Grazie a te, Maria Teresa, per avermi invitato. È sempre un piacere partecipare alle tue interviste. Tornerò volentieri per presentare altri grandi Maestri e Compositori classici.

Il presente articolo è stato pubblicato anche al seguente link: https://holistic-coaching-dedonato.blogspot.com/2023/02/ludwig-van-beethoven-ludwig-bonn-16_01197068528.html

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About Maria Teresa De Donato

Romana di nascita, dopo aver studiato lingue straniere e giornalismo in Italia, si è trasferita negli USA dove vive da oltre 28 anni ed ha ultimato i suoi studi giornalistici presso l’American College of Journalism e conseguito le lauree Bachelor, Master e Dottorato di Ricerca in Salute Olistica presso Global College of Natural Medicine, specializzandosi in Omeopatia Classica, Ayurveda e Medicina Tradizionale Cinese. Un’appassionata blogger, dal 1995 ad oggi ha collaborato con varie riviste, giornali e periodici in qualità di giornalista freelance. Scrittrice eclettica, olistica e multidisciplinare è anche autrice di numerose pubblicazioni, tra cui due romanzi. I suoi libri sono disponibili su tutti i canali di distribuzione Amazon, librerie incluse.