IL MUSEO LUOGO DI PRODUZIONE DELLA CONOSCENZA. UNA PROPOSTA

Ferrara, Salone dell’Economia, della Conservazione, delle Tecnologie e della Valorizzazione dei Beni Culturali e Ambientali, XXIV edizione Sala Castello, I piano, atrio, 22 marzo 2017, 14.00-18.00

A cura di Letizia Caselli, responsabile scientifico del progetto internazionale “La città dei musei. Le città della ricerca”, III edizione. Promosso da Acropoli srl in collaborazione con Bologna Fiere

Il convegno si propone di affrontare e di comprendere in modo propositivo l’argomento dello status effettivo del museo come istituto museale, la sua reale capacità scientifica e formativa che pure la recente Riforma Franceschini ha sancito. Funzione riconosciuta, con una svolta epocale per la sua storia, e compendiata nella stessa definizione di museo che accoglie quella diffusa a livello internazionale fondata dall’International Council of Museums.

Ma alcune criticità sembrano rendere tuttavia problematica la realizzazione di questo processo.

Tra le più rilevanti l’impoverimento di organico e di risorse, fatta eccezione per i grandi musei autonomi, in particolare la carenza di personale scientifico, la mancanza di direttive, l’integrazione di cultura e turismo più attenta allo sfruttamento economico del bene culturale, la crescente terziarizzazione dei servizi di gestione e valorizzazione ai privati.

Il punto centrale è come aprire il sistema-museo al mondo che lo circonda per rilanciare una sua funzione culturale dinamica, capace di misurarsi con una realtà in forte trasformazione, scandita dall’evoluzione e dalla contaminazione in continuo dei linguaggi, delle lingue e delle culture.

Un’evoluzione che tocca l’intero sistema educativo e delle conoscenze e richiede nuova conoscenza dentro e fuori il museo, negli spazi pubblici della città e delle comunità.

Il dibattito tenderà ad esplorare alcuni aspetti della situazione italiana in parallelo con quella europea, che risulta molto differente.

Nel mondo proprio i musei sono protagonisti di una “rivoluzione”.

Un mutamento anzitutto quantitativo: nella sola Europa si possono contare oggi oltre 40 mila musei, il doppio rispetto agli anni Novanta.

Un mutamento di sguardo: nel fare del museo un luogo interattivo di ricerche e di scambio di saperi soprattutto per i giovani, tra personale motivato e dalle competenze di alto livello, in collaborazione con università ed esperti internazionali.

Un mutamento concettuale: nel modo di raccontare e interpretare le proprie collezioni e di avvicinarle all’esperienza dei visitatori, dei cittadini e dei nuovi cittadini, con azioni di audience development per la popolazione straniera sempre più numerosa proveniente da culture figurative molto distanti da quella europea.

La proposta di un museo luogo di produzione della conoscenza non può essere più derogata e anche l’Italia deve prendere consapevolezza attraverso una discussione congiunta a livello accademico, politico, giornalistico in grado di portare una spinta responsabile. L’ Italia è il paese in cui è nata la legislazione della tutela del patrimonio culturale. Un lunga storia che comincia dall’Italia dei Comuni, si dipana attraverso gli Stati italiani preunitari fino alla legislazione dell’Italia unita, e che culmina nell’articolo 9 della Costituzione repubblicana, che prima al mondo inserì la tutela del paesaggio e del patrimonio culturale.

Lettera del prof. Carlo Bertelli, professore emerito delle Università della Svizzera italiana e di Losanna

L’Italia vanta nei suoi musei la tradizione più antica del mondo. Insieme agli altri musei del mondo aderisce all’International Council of Museums, il quale fa capo all’ UNESCO. È appunto dallo statuto dell’UNESCO, adottato nella 21° Conferenza Generale riunita a Vienna nel 2007, che viene definito il museo come “istituzione permanente senza fine di lucro, al servizio della società e del suo sviluppo, aperta al pubblico, che effettua ricerche sulle testimonianze materiali e immateriali dell’uomo e del suo ambiente, le acquisisce, le conserva, le comunica ed espone per scopi di studio, istruzione e diletto”.

La ricerca è dunque costitutiva del museo. Fanno oggi ricerca i musei dello Stato italiano?

Il trauma dei trasferimenti dei dirigenti, della separazione delle funzioni tra museo e territorio, la difficile ricomposizione degli archivi storici, sinora sospesa, la mancata assegnazione di personale, fanno sì che la ricerca nei nostri musei sia interrotta, abbandonata, rinviata. Che le si rinunci e la si affidi a istituti universitari italiani e stranieri, facendo venir meno una ragione fondante dell’istituzione museo.

Solo il personale amministrativo rappresenta in questo momento la continuità del museo, e non è certo in grado di sostituire quel personale scientifico che è penosamente carente.

In tali condizioni, l’Italia si trova in stato d’inferiorità rispetto agli altri paesi, mentre rinuncia a mettere a profitto, in senso scientifico, il suo enorme patrimonio custodito nei musei. In altre parole, i musei italiani dello Stato possono aver aumentato il numero dei visitatori, ma stanno erodendo l’offerta di ricerca aggiornata e nuova. I musei italiani  non sono in condizioni di fare ricerca.

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