L’APPUNTAMENTO di Angela Lonardo

Mancava poco alle dieci. Piero si catapultò nel piccolo caffè, travolgendo una donna che ne usciva, indolente, col suo smartphone rosa tra le mani.

Il telefonino finì rovinosamente a terra, scivolando fra le grate del tombino che occhieggiava davanti all’ingresso del bar. La ragazza sussultò contrariata, con le lacrime agli occhi.

“Come faccio ora? Su quel telefono avevo tutti i miei contatti di lavoro, i promemoria, i pin delle carte di credito, il nome della persona che dovevo incontrare stamattina. Il mio smartphone nuovo finito nella melma, tra topi e altri esseri immondi che girano tra le fogne di questa città. Non avrò mai la possibilità di recuperarlo, maledizione!”

Piero, nel precipitarsi all’interno del locale affollato, neanche si era accorto della giovane donna né del danno che le aveva procurato, per cui non immaginava di doverle chiedere scusa.

Si diresse al bancone con la velocità di una Ferrari e ordinò un caffè, mentre i suoi occhi vagavano intorno in cerca di qualcuno.

Era entrato nel locale, quella calda mattina di maggio, perché, per uno strano istinto o, forse, solo per curiosità, aveva deciso di rispondere a un’inserzione comparsa sul giornale che leggeva ogni giorno: “Bella, bionda, venticinque anni, alta un metro e sessantacinque, occhi verdi, cerca coetaneo con cui condividere la passione per i gialli e per i viaggi avventurosi”.

L’appuntamento era lì, in quel piccolo ma frequentatissimo bar, per le dieci in punto. Piero continuava concitato a guardarsi intorno, quando fu attratto da un fiore giallo disegnato sulla tazzina sporca di caffè e rossetto rosa che qualche signora, prima di lui, aveva usato per sorbire la calda, aromatica bevanda dal colore marrone scuro.

Il giallo splendente di quel fiore gli illuminò lo sguardo nel ricordo di quando aveva solo dieci anni e viveva sulle colline di Bellago, con la nonna Aurora, che lo aveva accolto in casa quando sua madre era fuggita via senza motivo, lasciandolo solo, e il padre Remo, sempre sommerso dal lavoro, aveva dimostrato di non avere mai tempo per occuparsi di lui.

Il prato che avvolgeva la piccola casa di Bellago, sempre inondata di sole, era costellato di piccoli fiori gialli e margherite sparse ovunque.

In primavera era uno spettacolo da lasciare senza fiato.

Piero giurò di avvertire ancora il profumo di quei fiori e dell’aria fresca della collina su cui rotolava da bambino insieme ai suoi compagni.

Echeggiarono nella mente le parole che la nonna gli sussurrava prima del bacio della buonanotte per consolarlo e non fargli sentire l’assenza dei genitori. La nostalgia salì alla gola bloccandogli, per un attimo, il respiro.

Piero tornò alla realtà con un pensiero che si agitava nella mente, martellandogli il cervello.

Che cosa avrebbe pensato nonna Aurora di quell’incontro al buio? Era chiaro che, dietro la richiesta di conoscere una persona appassionata di libri gialli e viaggi avventurosi si nascondesse, senz’altro, una donna in cerca di avventure.

Piero si sentì un verme per aver accettato di incontrare una ragazza ignota di cui non poteva conoscere il vissuto.

Pagò il caffè, senza neanche assaggiarlo, uscì dal bar inciampando in un ciottolo che, per poco, non lo fece cadere sull’asfalto.

Pensò che fosse stato un bene che una ragazza bella, bionda, venticinque anni, alta un metro e sessantacinque, occhi verdi, non si fosse presentata a quell’appuntamento. Come segno di riconoscimento, avrebbe dovuto avere tra le mani uno smartphone rosa e lui ragazze così non ne aveva viste in quel caffè di Via Pantani.

Un topo fece capolino dalla grata di un tombino posto proprio davanti al bar. Sembrava un po’ ammaccato, come se qualcosa di pesante fosse finito sul suo minuscolo capino. Aveva un orecchio sanguinante e cercava, con aria stralunata, di emergere dalla griglia, senza riuscirvi.

Ripiombò, di colpo, nel buio della fogna da cui avrebbe voluto fuggire senza avere successo. Piero, per un istante, si preoccupò della sorte di quel povero essere. Forse sarebbe annegato nella melma dopo essere venuto meno a causa del trauma alla testa.

“Questo è un segno, cara nonna Aurora, sei stata tu ad aiutarmi da lassù per evitarmi questo appuntamento. Meno male! Ho scongiurato l’incontro  con quella donna. Tanto, di sicuro, doveva essere una gran bella stronza se non ha avuto neanche il coraggio di presentarsi!”

 

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