LO “SCHIACCIANOCI” E LE OMBRE DI”TEATRO GIOCO VITA”

Il balletto “Lo Schiaccianoci”, che a Piacenza il 14 gennaio 2018 inaugurerà la Stagione di Danza 2017/2018 della Fondazione Teatri, porta il segno di Teatro Gioco Vita ed è una delle testimonianze più significative della proficua collaborazione del centro di produzione diretto da Diego Maj con Lele Luzzati.

Attualmente prodotto da Daniele Cipriani Entertainment, “Lo Schiaccianoci”, balletto in due atti di Pëtr Il’ič Čajkovskij da un racconto di E.T.A. Hoffman, con la regia e la coreografia di Amedeo Amodio, vede accanto a scene, costumi e sagome di Lele Luzzati le ombre ideate da Teatro Gioco Vita.

BOZZETTI DELLA SCENOGRAFIA DELLO SPETTACOLO

BOZZETTI 11

La nascita risale al 1989 come produzione Aterballetto, di cui in quel periodo Amodio era direttore (il coreografo rimase alla guida della compagnia di danza dal 1979 al 1996). Fu Luzzati a chiedere la collaborazione di Teatro Gioco Vita per l’ideazione e l’animazione delle ombre. Con la Compagnia piacentina infatti aveva in corso dal 1978 una proficua collaborazione, avviata con lo spettacolo “Il Barone di Münchausen” e proseguita con altre produzioni e il coinvolgimento di Teatro Gioco Vita per interventi di ombre in progetti produttivi di teatri di prosa ed enti lirici.

Creazioni di Teatro Gioco Vita con Luzzati sono “Il mostro turchino” (1980), “I tre grassoni” (1981), “Gilgamesh” (1982), “Odissea” (1983) e “La boîte à joujoux” (1986, spettacolo realizzato per il Teatro alla Scala). Numerosi gli altri momenti di collaborazione artistica in progetti di cui Luzzati ha curato le scene e Teatro Gioco Vita le ombre: “Pinocchio in ombra”, fantasia d’ombre multi visuale in “Pinocchio Bazar cielo e in terra” di Tonino Conte e Lele Luzzati (1981, Comitato per le Manifestazioni del Centenario di Pinocchio); “L’epopea di Gilgamesh”, testi e regia di Tonino Conte (1982, in “È arrivato un bastimento, tenzone teatrale tra cristiani e saraceni); “Il cavaliere della rosa” da Hugo von Hofmannsthal, regia di Egisto Marcucci, con Valeria Moriconi e Virginio Gazzolo (1983, produzione Ater/Ert); “Gargantua”, opera lirica di Azio Corghi in prima esecuzione mondiale, regia di Gianfranco De Bosio (1984, produzione Teatro Regio di Torino); “Una burla riuscita” di Tullio Kezich da Italo Svevo, regia di Egisto Marcucci, con Corrado Pani e Dario Cantarelli (1985, produzione Ater/Ert).

E ancora, dopo “Lo Schiaccianoci”, “Ecuba”, opera lirica di Nicola Antonio Manfroce, regia di Filippo Crivelli (1990, Opera Giocosa di Savona); “Oh Lear, lear, Lear!” dal “Re Lear” di William Shakespeare, libero adattamento, traduzione e interpretazione di Giorgio Albertazzi, regia di Armand Delcampe (1992, Cooperativa Kaos di Catania); con l’Arena di Verona le opere liriche “Axur re d’Ormus” di Antonio Salieri, regia di Giusi Attendoli e Gianfranco De Bosio, e “Tamerlano” di Antonio Vivaldi, regia di Elisabetta Courir ed Egisto Marcucci (1994). Infine con La Fenice di Venezia “L’Enfant et les sortilèges”, fantasia lirica in due parti di Colette, musica di Maurice Ravel, con la regia di Maurizioo Scaparro (1996, con una ripresa nel 1999).

Le immagini d’ombra all’interno del balletto “Lo Schiaccianoci”, ideate a suo tempo da Fabrizio Montecchi, Roberto Neulichedl e Paolo Valli, sono ottenute con figure nere e luci colorate proiettate davanti e dietro gli schermi. All’interno dello spazio scenografico sono collocati gli schermi per le ombre: in alcuni casi si integrano con la scena, in altri casi la cancellano. I grandi schermi (dai 5 ai 12 metri di larghezza), di garza, fodera, cotone e seta, sono posizionati in diversi punti dello spazio e sono fissati solo sul lato superiore per permettere animazioni e movimenti durante la proiezione delle ombre. Alcuni schermi sono portati a mano dagli animatori, altri sono piccoli teatrini d’ombre.

Lo spazio dell’animazione non è fisso, esso si crea di volta in volta con l’accendersi di una luce o l’alzarsi di uno schermo. Le sagome sono di dimensioni variabili (tra i 70 e i 100 centimetri). Le tecniche di animazione sono verticali e orizzontali e i movimenti (braccia, gambe, busto, testa) sono controllati da bacchette di metallo. Altre animazioni prevedono un uso non tradizionale della sagoma e sono utilizzate anche le tecniche dell’ombra corporea.

“Lo Schiacchianoci” dopo il debutto avvenuto nel gennaio 1989 al Teatro Municipale “Romolo Valli” di Reggio Emilia, viene distribuito da Aterballetto fino al 1994.

Viene poi ripreso all’Opera di Roma dal 1997 al 1999, riallestito nel 2013 al Teatro Massimo di Palermo e nel 2014 ancora all’Opera di Roma.

Tra i teatri in cui è andato in scena, il Petruzzelli di Bari, il Comunale di Firenze, il Comunale di Modena e il Rasi di Ravenna, oltre al Liceu di Barcellona.

Nel catalogo, pubblicato nel 1994, della mostra/spettacolo di Teatro Gioco Vita “Un mondo di figure d’ombra”, che raccoglie e fa rivivere i materiali frutto della collaborazione con Lele Luzzati, è riportata un’interessante conversazione a cura di Diego Maj, Fabrizio Montecchi e Paolo Valli con il grande scenografo e illustratore: “Noi, Lele e Lui (Il Teatro d’ombre)”. A proposito de “Lo Schiaccianoci”, Luzzati dice: «…la presenza vostra (di Teatro Gioco Vita, ndr) è stata davvero determinante per il successo dello spettacolo. Di “Schiaccianoci” credo che nel mondo ne siano stati fatti milioni, è uno dei balletti più fatti e rifatti. Ma questo ha avuto un particolare successo soprattutto per le vostre ombre».

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