Tu lascerai ogni cosa diletta… La mostra e gli appuntamenti sulle foibe al Parlamento europeo

Le foibe, l’esodo giuliano-dalmata ed i diritti negati degli esuli istriani, fiumani e dalmati: argomenti che l’Italia comincia a conoscere sempre meglio grazie al Giorno del Ricordo e che finalmente hanno avuto pure visibilità presso le istituzioni europee. Si è, infatti, conclusa la manifestazione a cura dell’associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, dell’associazione Coordinamento Adriatico e del Centro di Documentazione Multimediale della Cultura giuliana, istriana, fiumana e dalmata “Tu lascerai ogni cosa diletta più caramente. L’esilio dei giuliani, fiumani e dalmati alla fine del Secondo conflitto mondiale” presso la sede del Parlamento europeo a Bruxelles.

Grazie al prezioso supporto dell’On. Elisabetta Gardini è stata allestita negli spazi espositivi parlamentari l’omonima mostra, visitata dal 5 al 7 febbraio da decine di visitatori, soprattutto europarlamentari, funzionari ed addetti ai lavori di tutta Europa. Attraverso opuscoli informativi, pannelli in inglese ed il materiale multimediale a disposizione, è stata fornita per la prima volta la possibilità di visionare un’ampia panoramica sulla storia del confine orientale italiano, in maniera tale da cogliere quanto fosse radicata nei secoli la comunità italiana dell’Adriatico orientale e le catastrofi che la colpirono alla fine della Seconda guerra mondiale.

Mercoledì 6 febbraio si è tenuta, all’interno del Parlamento europeo, la seconda tavola rotonda dell’evento, moderata da Davide Rossi (Federazione delle Associazioni degli Esuli istriani, fiumani e dalmati): dopo “L’Europa e l’Alto Adriatico. Le istanze italiane a trent’anni dalla caduta del Muro di Berlino”, si è parlato de “I diritti degli esuli istriani, fiumani e dalmati, tra normativa interna e vocazione comunitaria”. Kristjan Knez (Presidente della Società di Studi Storici e Geografici di Pirano e Vicepresidente della Comunità degli Italiani “Giuseppe Tartini” di Pirano) ha fornito una rapida, ma precisa ricostruzione della storia dell’italianità autoctona e di come essa sopravviva ancora oggi dopo il terribile esodo del dopoguerra, che ha rappresentato in definitiva una pulizia etnica, e la repressione attuata dal regime di Josip Broz “Tito”. Di come la tutela dell’interesse nazionale italiano sia venuta meno riguardo la questione adriatica è stato l’argomento affrontato dal Prof. Avv. Giuseppe de Vergottini (Emerito dell’Alma Mater Università degli Studi di Bologna): «Bisogna avere il coraggio di dire che l’esodo è stato un crimine contro l’umanità – ha affermato l’insigne costituzionalista – e che il principio di autodeterminazione dei popoli è stato violato non concedendo agli istriani, fiumani e dalmati il plebiscito con cui decidere in merito alla propria appartenenza statuale». Affascinati dalla figura di Tito, i partiti della sinistra italiana hanno sovente trascurato la tutela dei legittimi interessi italiani e le forze di governo non si sono interfacciate con il territorio ed i diretti interessati, scavalcando anche il dibattito parlamentare. Esempio di tutto ciò fu il Trattato di Osimo, con cui l’Italia, dopo aver svolto trattative segrete con la Jugoslavia al di fuori dei canali diplomatici della Farnesina, rinunciò definitivamente alla sovranità sulla Zona B (Capodistria e Buie) del mai costituito Territorio Libero di Trieste. La Dottoressa Donatella Oneto (Giudice presso il Tribunale di Pavia) ha evidenziato quali erano le tutele giuridiche violate con la nazionalizzazione dei beni degli esuli da parte delle autorità della Jugoslavia: «Il pesante Trattato di Pace del 10 febbraio 1947 tutelava comunque le proprietà degli optanti per l’Italia – ha ricordato la relatrice, discendente di esuli – e la Costituzione italiana entrata in vigore il primo gennaio 1948 all’articolo 3 sancisce l’uguaglianza dei cittadini. Eppure fu proprio l’Italia a sfruttare le nazionalizzazioni arbitrarie attuate dal regime comunista per ottenere uno sconto sulle riparazioni di guerra da pagare a Belgrado ed i cittadini del confine orientale subirono discriminazioni e pagarono un debito che gravava su tutta la comunità nazionale». La protezione consolare di carattere obbligatorio non fu mai esercitata con determinazione a tutela delle proprietà dei connazionali ed il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea è stato disatteso all’articolo 18, che proibisce discriminazioni basate sulla nazionalità, da Slovenia e Croazia, con riferimento ai beni abbandonati dagli italiani. Si è soffermato sugli indennizzi stabiliti dal Trattato di Osimo l’Avv. Davide Lo Presti, evidenziando come la cifra risarcitoria di 110 milioni di dollari ereditata dalla Jugoslavia sia stata spartita unilateralmente dagli Stati successori Slovenia e Croazia, senza calcolare gli interessi moratori né coinvolgere l’Italia: «La giurisprudenza italiana ha poi cassato le richieste di una revisione migliorativa degli indennizzi – ha ricordato il membro della “Commissione per l’esame delle istanze e degli indennizzi e contributi relative alle perdite subite dai cittadini nei territori ceduti alla Jugoslavia, nella zona B dell’ex Territorio libero di Trieste, nelle ex colonie” – respingendo le richieste di risarcimento di danni morali e materiali. L’indennizzo erogato dallo Stato italiano, inoltre, è stato considerato come un contributo di solidarietà e perciò slegato dal valore patrimoniale».

I lavori della sessione sono stati seguiti dall’On. Jakovčić, che ha prospettato future collaborazioni per il recupero del territorio istriano in sinergia con l’associazionismo degli esuli e con l’On. Gardini, la quale ha ribadito la propria volontà di sostenere le rivendicazioni e le progettualità della diaspora adriatica. Documenti giuridici e memoriali sulla vicenda del confine orientale italiana saranno, infine, sottoposti al vaglio della Commissione europea, al fine di dare continuità a questa prima significativa iniziativa.

Il presidente del Consiglio della Regione autonoma Friuli Venezia Giulia, Piero Mauro Zanin, all’inaugurazione della mostra,aveva fatto ampi riferimenti alla relazione tenuta in vista del Giorno del Ricordo presso l’assemblea da lui presieduta da parte del prof. Raoul Pupo ed alla testimonianza dell’esule istriana Erminia Dionis Bernobi, che ancora ragazzina sentì nella bottega in cui lavorava gli aguzzini di Norma Cossetto vantarsi dei loro misfatti. «Il Friuli Venezia Giulia ha vissuto conflitti in prima linea – ha affermato Zanin – ma adesso siamo un territorio all’avanguardia nella cooperazione transfrontaliera con Austria, Slovenia e Croazia. Con il medesimo spirito possiamo ricostruire pagine di storia ancora incomplete».

Con grande passione Rodolfo Ziberna, nella duplice veste di Sindaco di Gorizia e di rappresentante dell’associazionismo degli esuli adriatici, nella stessa occasione, ha presentato ai convenuti le difficoltà dell’inserimento degli esuli nel tessuto cittadino di Trieste, capitale morale dell’esodo con quasi 80.000 arrivi, e di Gorizia, in cui il 20% degli attuali abitanti è esule di prima, seconda o terza generazione: «A causa del clima politico in cui giunsero nell’Italia del dopoguerra – ha spiegato Ziberna – c’è stata molta reticenza nel raccontare il proprio tragico vissuto: nell’Italia che festeggiava il 25 aprile come fine della guerra risultava difficile spiegare che al confine orientale in quei giorni cominciavano appena le deportazioni, gli infoibamenti ed i processi sommari da parte dei sedicenti liberatori partigiani jugoslavi di Josip Broz “Tito”». Oggi finalmente se ne parla, nonostante frange di negazionisti e di giustificazionisti che, dopo decenni di silenzio e di rimozione, ora vogliono infangare il Ricordo: «Una comunità nazionale deve fare quadrato attorno alle proprie vittime – ha proseguito il primo cittadino del capoluogo isontino – e silenziare questi personaggi. Noi oggi qui, però, chiediamo ufficialmente ed istituzionalmente agli Stati successori della Jugoslavia di aprire i propri archivi riguardo deportazioni e stragi di italiani avvenute nella Venezia Giulia a guerra finita. Non vogliamo assegnare responsabilità e colpe, vogliamo solamente fornire a discendenti e parenti di persone scomparse nel nulla la possibilità di sapere dove andare a depositare un fiore in memoria dei propri cari».

«L’associazionismo giuliano-dalmata chiede alla politica di esercitare la sua funzione mediatrice – ha proseguito il Prof. Avv. Davide Rossi in rappresentanza della Federazione delle Associazioni degli Esuli istriani, fiumani e dalmati – anche all’interno di questa importante sede sovranazionale. Gli esuli mantengono aperto un tavolo di confronto con il governo italiano per risolvere le questioni ancora aperte, in primis il ristoro dei beni abbandonati per aver “optato” per l’Italia dopo il Trattato di pace del 10 febbraio 1947». È di questi giorni, invece, la richiesta di una commissione parlamentare d’inchiesta sulle carneficine dell’immediato dopoguerra al confine orientale, a partire dall’attentato dinamitardo di Vergarolla del 18 agosto 1946 con decine di morti e di feriti in territorio ancora formalmente italiano: si tratta della strage più sanguinosa della storia dell’Italia repubblicana: «Non temiamo gli approfondimenti della ricerca storiografica – ha concluso Rossi – e riconosciamo nelle istituzioni europee la sede più appropriata per la tutela delle minoranze odierne, come la comunità italiana autoctona nell’Adriatico orientale, e per sostenere la richiesta di giustizia degli esuli che abbandonarono le loro terre annesse dalla Jugoslavia comunista».

All’interno dell’Europarlamento la mostra “Tu lascerai ogni cosa diletta più caramente. L’esilio dei giuliani, fiumani e dalmati alla fine del Secondo conflitto mondiale”: immagini e parole per portare all’attenzione dei decisori e dei parlamentari europei una storia troppo a lungo taciuta.

Cattura

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