INAUGURATO L’OSPEDALE GIOIA E SPERANZA

Il  29 ottobre scorso è stato  inaugurato l’Ospedale pediatrico Gioia e Speranza di San Josè a Huamachuco  nella regione la Libertad a nord del Perù, a 3250 m. di altezza sul livello del mare, sulle Ande.

L’ospedale è stato realizzato grazie ai contributi dei tanti che hanno creduto nel progetto ideato da Padre Calogero Favati dell’ordine T.O.R. dei Francescani e dal dott. Giovanni Tedesco, primario di oncologia chirurgica pediatrica presso l’A. O. R. N. “Santobono-Pausilipon” di Napoli.

L’Associazione Gioia e Speranza di cui sono fondatori e da cui prende il nome l’ospedale si è posta sin dall’inizio l’obiettivo dell’ ambizioso progetto umanitario.

Si tratta, infatti, innanzitutto, di questo: un progetto che ha come obiettivo salvare i bambini ammalati tramite la competenza e la solidarietà di medici, religiosi e chiunque voglia dare il proprio contributo. Attualmente, infatti, ciò che si sta  realizzando è un ospedale che dia  garanzia e assistenza di tipo europeo, nel rispetto della normativa sanitaria lì vigente e  dell’identità culturale e antropologica del paese in cui si va ad operare; può sembrare banale, ma parlare di solidarietà internazionale, può anche solo voler dire accettare  un certo tipo di alimentazione per chi da operatore si rechi in quei luoghi, come  trasmettere, a chi non lo ha mai fatto,  l’insegnamento di lavarsi le mani prima di assistere un bambino ricoverato in ospedale.

L’ospedale inaugurato comprende 17 posti letto, 2 sale operatorie,1 piano di servizi quali radiologia, analisi, ambulatori pediatrici, una cappella, la lavanderia e la cucina. E per l’inizio del 2017 è in atto una raccolta di materiale usato per allestire le sale operatorie in modo da poter iniziare gli interventi chirurgici a settembre 2017.

Ma la vera “mission” di questa opera è quella di  guardare al futuro per garantire un’assistenza materno infantile degna di questo nome in un paese dove ancora si muore per morso di ratto.

Se si riusciranno a recuperare i fondi l’obiettivo sarebbe acquisire un ulteriore piano dell’edificio ove  impiantare un reparto di ostetricia e ginecologia, un nido, un centro di dialisi pediatrico (che attualmente non esiste in Perù), una banca del sangue e qualche alloggio per i familiari dei bambini che vengono dai paesi lontani. La banca del sangue sarebbe fondamentale perché attualmente non c’è possibilità di trasfusioni neanche per le puerpere a grave rischi emorragico con le conseguenze che tutti possiamo immaginare.

“Tutto questo rimarrebbe soltanto un sogno – ribadisce il dottor Tedesco –  se non si riuscisse a creare intorno al  centro emotrasfusionale il supporto logistico e finanziario di cui tali  Centri necessitano per poter  funzionare, mantenendo livelli standard di adeguatezza clinica  nel tempo.

Attualmente, ad esempio, tutte le patologie chirurgiche soprattutto le palatoschisi e i labbro leporini vengono operati da un gruppo di medici tedeschi che a loro spese vanno in Perù , prelevano i bambini dalle Ande, li portano a Lima dove sono ospitati dai frati francescani e dopo l’operazione, appena ristabiliti, li riportano sulle Ande.  È chiaro come con l’apertura dell’Ospedale, i bambini non andranno più in giro dalle Ande all’oceano ma potranno essere operati nel loro paese.

Quindi, costruendo e attrezzando il nosocomio secondo gli standard internazionali in materia di  norme per la sicurezza nell’edilizia sanitaria esso diverrebbe un’ oasi nel deserto nella speranza/certezza  che possa soddisfare le tante richieste di salute. Infatti, le aspettative dei peruviani sono molto alte perché hanno capito che si desidera aiutarli e hanno accolto questa iniziativa con gentilezza, umiltà e affetto”.

A questo punto chiedo: “Quindi sono collaborativi?”

R:  Si, lo sono molto, e manifestano apertamente la loro gratitudine.

D:  Chi opererà?

R:  Io stesso insieme ad un’ equipe di chirurghi che verrà con me e i medici tedeschi che già operano. Mentre, riguardo il personale che assisterà i bambini, vi saranno 4 suore infermiere operative tutta la giornata in ospedale più personale adeguatamente formato.

D: Lei prima parlava che spera di inviare due container di attrezzature usate. Cosa si intende per raccolta di materiale usato?

R: Sono materiali e attrezzature donate da strutture private che sono state  riparate e collaudate, sempre secondo i protocolli standard cui Le accennavo prima,  a spese dei benefattori, e quindi idonee e perfettamente funzionanti.

D: Quindi molto aiuto viene da suore e preti?

R: Diciamo che l’Associazione è nata proprio con la collaborazione di padre Calogero, che appartiene al T. O. R.  ( terzo ordine regolare dei francescani). In Perù, i sacerdoti si sono integrati nella cultura tradizionale che è ancora molto forte e mettono in pratica il vero principio di San Francesco. Sono motivati ad aiutare, preparano i pasti, le divise per la scuola, accudiscono i bambini  e aiutano i loro familiari. Le scuole, infatti, a Huamachuco  sono quasi tutte a carico degli ordini religiosi soprattutto del T. O. R.

Tutto è nato come una sfida che ci  riempie di orgoglio e  sprona ad andare avanti, non certo per averne un ritorno economico quanto piuttosto la soddisfazione di prestare la propria esperienza e professionalità per aiutare chi ne ha bisogno. In Perù l’assistenza pediatrica è molto carente, sono molto poveri e tutto sommato per salvare un bambino non occorre molto. Consideriamo che quando siamo stati li, sono morti otto bambini di varicella. Un fatto che io non posso accettare.

D: Finora quanto è stato speso?

R: La ristrutturazione e tutto quello che c’è in ospedale è costato € 200.000  perché data la natura solidale dell’opera, i medici viaggiano a spese proprie, utilizzando le loro ferie. Tutto ciò che abbiamo è frutto dei contributi di una cordata di soggetti privati generosi, che,  vista la serietà e le competenze,  hanno messo a disposizione del progetto le loro risorse.  Non ci sono gare d’appalto ma meccanismi diretti;  non c’è spreco di risorse, c’è solo buona volontà e motivazione.

D: Quanto serve ancora, invece, per continuare?

R: Il problema è gestionale, occorrerebbe avere un flusso di  fondi continuo nel tempo. Mantenere le attrezzature, le sale operatorie, il personale, ha dei costi.

D: Ci sono dei giovani medici che hanno mostrato interesse nell’iniziativa?

R:  Purtroppo devo dire di no perché comunque bisogna accollarsi dei costi in quanto noi possiamo offrire solo il vitto e l’alloggio.  Di questo sono un po’ rammaricato perché bisognerebbe capire che aiutare a guarire gli altri è la vera missione di un medico, che, se non mette a disposizione le sue capacità per la vita degli altri è come se avesse tradito il suo giuramento.  Il bambino è un futuro uomo e lo si deve rispettare come tale.  Io sono contento di prestare la mia opera li e sono io a ringraziare i piccoli pazienti andini perché mi permettono di farlo.

Bene, le conclusioni spettano a me e non sono facili perché quando incontro il Dottor Tedesco mi sento sempre a disagio dato che la sua opera è grande. I suoi pazienti italiani soffrono di gravi malattie e spesso egli, coadiuvato da una preziosa equipe e da una macchina efficiente ed efficace che lo supporta per la parte beni e servizi,  riesce  a salvarli. Non è facile perché spesso un’operazione chirurgica non salva la vita di un bambino ammalato di tumore. Per questo occorrono terapie, prima e dopo come anche analisi e cure. Gli interventi spesso sono solo la conclusione di una lunga terapia e sono complessi perché si cerca di non arrecare danno a tessuti e organi. Ebbene il più delle volte la guarigione viene raggiunta.

A questo punto si potrebbe dire che avrebbe potuto anche rimanere tranquillo e soddisfatto a Napoli, eppure il dottore Tedesco ha voluto intraprendere una sfida coraggiosa e difficile, affrontando un nuovo modo di vivere e di pensare. Effettivamente concordo con lui quando all’etica professionale aggiunge la parola missione. Ci avviciniamo al Natale e mai come questa volta il nostro spirito caritatevole di buoni cristiani potrebbe fare capolino per aiutare il progetto dell’Associazione Gioia e Speranza.

Di seguito i lettori potranno trovare tutte le indicazioni nel caso in cui volessero sostenere l’iniziativa.

Grazie a tutti.

Maria Paola Battista

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About Maria Paola Battista

Amo ascoltare, leggere, scrivere e raccontare. WWWITALIA mi dà tutto questo. Iniziata come un’avventura tra le mie passioni, oggi è un mezzo per sentirmi realizzata. Conoscere e trasmettere la conoscenza di attori, artisti, scrittori e benefattori, questo è il giornalismo per me. Riguardo ai miei studi, sono sociologa e appassionata della lingua inglese, non smetto mai di studiare perché credo che la cultura sia un valore. Mi piace confrontarmi con tutto ciò che è nuovo anche se mi costa fatica in più. Attualmente mi sto dedicando alla recensione di libri e all'editing. Ho scritto, inoltre, diverse prefazioni a romanzi. Grazie ai lettori di WWWITALIA per l’attenzione che riservano ai miei scritti e mi auguro di non deluderli mai. mariapaolabattista@wwwitalia.eu

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