Opacità dei sentimenti. Il focus di Giuseppe Rocco

Tito Speri parte come volontario alla prima guerra d’Indipendenza nel 1848; dopo il successivo armistizio ritorna a Brescia dove coadiuva con il comitato clandestino a preparare l’insurrezione delle dieci giornate di Brescia. Con la capitolazione della città, il patriota si rifugia nel cantone italiano a Lugano, fino a scendere verso Torino per aderire ai moti mazziniani. Sfortunatamente la cospirazione viene scoperta e Tito Speri arrestato, viene condannato a morte nel 1853 tramite impiccagione a Belfiore, nel quadrilatero austriaco.

Romeo e Giulietta ricordano una delle importanti tragedie di William Shakespeare, che enfatizza, una delle storie d’amore più popolari del mondo. Montecchi e Capuleti, le due principali famiglie di Verona, sono acerrime nemiche. Romeo Montecchi, mentre partecipa mascherato ad una festa nella casa dei Capuleti, scopre quel che sia la vera passione alla vista di Giulietta. Dopo la festa, in cui i giovani si sono incontrati accendendosi di reciproco amore, Romeo, rimanendo nascosto sotto il balcone di Giulietta, la ode confessare di notte il suo grande amore per lui e ottiene il suo consenso ad un matrimonio segreto.

Nell’Iliade, forse la più grande opera pubblicata nel mondo, Achille uccide Ettore per vendicare Patroclo, a cui era legato da amicizia. La mamma aveva avvertito Achille che se uccideva Ettore sarebbe morto giovane e se non uccideva Ettore avrebbe vissuto sino alla vecchiaia. Ebbene Achille, pur sapendo di questo grande rischio, ha onorato l’amicizia a costo della sua vita.

Alcuni esempi di pregnanza storica autorevole vengono citati per esaltare il prodigio dei sentimenti. Da questi e tanti altri, la situazione odierna ci mostra un calo degli ideali che soccombono a un menage disarticolato di rapporti brevi, complice la cultura del consumo.

L’amore che non conosce rallentamenti è l’amore dei genitori, in particolare della mamma per i figli. D’altronde la mamma genera il bimbo e lo sente totalmente suo, in una sorta di reincarnazione del proprio corpo. Quindi nel rapporto egoismo-altruismo si sviluppa un amore che ha scaldato sempre il cuore del genitore illuminandolo di un ideale senza tramonto.

L’amore che nasce nella gioventù è quello verso l’altro sesso, sotto la forma della passione amorosa, che offre persino il più intenso di tutti i vissuti della coscienza. Se la formula “innamorarsi” non offre alcun senso preciso, essa però designa, sebbene approssimativamente, uno stato di ebbrezza che contrassegna i ricordi.

La ragione dell’amore dipende, più profondamente, da un auto-idolatria, secondo la formula di Boudelaire.  La ragione per cui questa figura si impone a me è da ricercare dunque più in me, che non in lei, essendo essa, d’altra parte, sconosciuta: io provo in essa il massimo dei vissuti che la mia coscienza tollera e reclama; l’amore soddisfa la mia coscienza perché esso prende le sue dimensioni e si sottomette alla sua misura. In poche parole, se io amo questo e non un altro è perché il primo riflette con maggiore esattezza la misura del mio desiderio dei vissuti, dunque della mia coscienza. Questo amore devo dunque chiamarlo il mio amore, poiché esso non mi affascinerebbe come il mio idolo se, innanzitutto, non mi esprimesse, come uno specchio inosservato, l’immagine di me stesso. Se in me io amo l’altro, bisognerà dunque che io ami nel supposto altro solo l’idolo di me.

Questa costituzione dell’altro può, certamente, illustrare una dimensione fondamentale del nobile sentimento, cioè che l’amore consiste in una dimensione che l’intenzionalità apre, decentrando senza sosta l’immanenza della coscienza e dilatando, senza limite i suoi vissuti in un punto di fuga che, per definizione, è sempre al di là di ciò a cui ogni intuizione potrà pervenire. Diventa così definitivamente chiaro che l’altro, che il mio amore pretende di amare, dovrà sempre trascendere la mia coscienza andando al di là di essa, come l’orizzonte la cui linea si allontana, retrocede, man mano che io mi avvicino ad essa. L’oggetto intenzionale non è un individuo, eretto a posteriori in oggetto di una intenzione; al contrario esso è un’intenzione che suscita un obiettivo, senza divenire totalmente un oggetto. Questa previa condizione per principio impone una subordinazione al suo condizionato; il fatto che l’oggetto risulti dall’intenzione non lo libera per questo dalla condizione di condizionato; l’evidenza che esso resti tangenzialmente sconosciuto non lo esime dal dipendere dall’intenzione in attesa di riempimento. L’intenzionalità apre all’oggettività degli oggetti intenzionali, ma mai direttamente ad altro soggetto: nel campo dell’intento può giocare una sola origine, una sola intenzionalità, l’alternativa vera a se stesso.

La sublimazione dell’amore era il matrimonio. Nei tempi questo sacramento è stato detronizzato lasciando il rapporto ad una convivenza senza impegno. L’andamento odierno rispecchia il gioco dei sentimenti non finalizzati a unioni durature ma a continue simpatie. Non più un rapporto unico ma tanti amori frantumati nel tempo. Non più sicurezza ma precarietà del rapporto, come omologazione al senso di individualismo. Certo che il divorzio è sorto per sanare casi di grande conflitto, ma la sua applicazione corrente ha svilito un concepimento dell’amore con credenziali deboli e soprattutto ha riconosciuto il senso dei tempi moderni vorticosi e dinamici, sempre in fermento e desiderosi di rispettare le autonomie individuali. Pare strano rammentare che in passato, quando i matrimoni venivano combinati, il rapporto appariva più solido, certamente in mancanza di soluzioni alternative ma anche per l’acquisizione di una dottrina della certezza che caratterizzava la vita del soggetto. L’emancipazione della scelta del coniuge è stata una grande vittoria della società e come tale è rientrata nella gestione della cultura polivalente della mutabilità. In questo senso i sentimenti sono divenuti sofisticati ed hanno perso quella genuinità che era l’humus del trasporto verso l’altro. L’avvento della città, il benessere sociale, le difficoltà all’occupazione stabile, la crescita della parità femminile, la differenziazione del lavoro dei coniugi e una dissacrazione della religione verso concetti di secolarizzazione hanno creato i presupposti per una caduta della griglia dei sentimenti.

Le ragioni non mancano e sono comprensibili, purtroppo resta un velo di amarezza per aver allentato le reti di un Creato nato per essere armonico e solidale. Il rischio oggi è quello di un impasto perfetto di favola e cinismo, in cui nessuno dei due rinuncia a nulla e usa l’altro come doping per la propria esistenza. Quel che resta a fine corsa è la malinconia. Di pari passo la società ha sdoganato il linguaggio triviale che introduce un’altra fonte di turbamento: la televisione regala numerosi turpiloqui da protagonisti maleducati e non frenati dal servizio pubblico; comici costruiscono le loro satire sulle parolacce sempre nel silenzio dei gestori pubblici e privati. E pensare che Totò, il più grande comico del mondo, ha interpretato oltre cento film e divertito tre generazioni in modo sorprendente e gioioso senza usare una parolaccia.

Nella solitudine gioca un ruolo determinante la nuova tipologia dei rapporti, improntati sempre più a relazioni strumentali, scaturite dal lavoro, dall’associazionismo, dal partito, da interessi economici. Il processo sociale, sotto la spinta economica del profitto e degli agi, ha ridimensionato tutta la componente di affetto e di amicizia, imperniata sugli aspetti espressivi e sul trasporto primario dei sentimenti. L’amicizia appare la variabile cruciale per lo sviluppo sia morale che cognitivo di bambini. Jean Piaget aveva intuito che i rapporti con gli amichetti e con l’educazione degli adulti favoriscono lo sviluppo del senso morale e la comprensione dei processi e degli esiti della condotta menzognera. Infatti i bambini emarginati dai coetanei, ma comunque con qualche rapporto di amicizia, sono in grado di comprendere il punto di vista altrui. L’amicizia tocca nel profondo, essendo simile alla bellezza e all’arte.

Per Epicuro l’amicizia è “la più grande e gradita delle cose”; per Aristotele si divide in due categorie: quella “imperfetta” (strumentale – secondaria), finalizzata a scopi utilitari o alla ricerca del piacere, e quella “perfetta” (espressiva – primaria), esistente in modo pieno tra persone che si stimano; addirittura secondo Aristotele senza amicizia non vi può essere felicità. Per Cicerone, che si riferisce espressamente ai costumi della società romana del suo tempo, l’amicizia può sussistere solo fra persone virtuose, leali e disinteressate; inoltre dopo la sapienza vi è l’amicizia, che tiene uniti gli animi dei cittadini e risulta utile nella buona e nella cattiva sorte. Paul Harris definisce l’amicizia la roccia su cui egli fonda l’associazione filantropica Rotary, ed essa, se vera e genuina, è anche madre di quella tolleranza.

L’amicizia dice qualcosa di più si rispetto all’amore che alla carità. Amore e carità possono essere unilaterali, l’amicizia esige reciprocità e nasce dalla perfetta conformità di sentire e dalla conseguente disponibilità reciproca a svelare anche gli aspetti reconditi della propria personalità; in altre parole si basa essenzialmente sulla comunione e sulla condivisione.

In un mondo di individualismo rampante, le relazioni vacillano costantemente tra un dolce sogno e un orribile incubo. L’attualità crea frustrazioni poiché i fatti tradiscono le aspettative. Purtroppo stiamo vivendo la cultura dell’effimero. Cercare un posto di lavoro fisso non è semplice ma la cultura attuale ci fa sentire persino in colpa; ottenere un appartamento è un lusso; il matrimonio è obsoleto poiché basta convivere e poter disporre in ogni momento della propria libertà; gli amici scompaiono in quanto appena adolescenti cercano lavoro altrove. La società è artefatta ma una cultura spietata aggiunge i suoi strali perniciosi.

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About Giuseppe Rocco

Esperto di commercio estero. Vice Segretario generale della Camera di commercio di Bologna sino al 31.1.2007; Docente esterno presso l’Università di Bologna, Istituto Economico della Facoltà di Scienze politiche, in qualità di cultore dal 1990 al 2006, di “Istituzioni Economiche Internazionali” e in aggiunta dal 2002 al 2006 di “Diritti umani”; Pubblicista iscritto all’Albo dei Giornalisti dal 1985; 450 articoli per 23 testate nazionali; in particolare consulente del Il Resto del Carlino, in materia di Commercio internazionale, dal 1991 al 1995; Saggista ed autore di 53 libri scientifici ed economici; Membro del Consiglio di Amministrazione del Centergross dal 1993 al 2007;Membro del Collegio dei periti doganali regionali E. Romagna, per dirimere controverse fra Dogana ed operatori economici dal 1996 al 2000, con specificità sull’Origine della merce.