PARKINSON: LE NUOVE SENSAZIONALI SCOPERTE

INDIVIDUATA ALTERAZIONE NELLA FASE INIZIALE DELLA MALATTIA

Istituto di genetica e biofisica del Cnr di Napoli, Istituto Telethon di Pozzuoli, Fondazione Santa Lucia Irccs, Università di Perugia insieme impegnati nello studio.

La struttura modificata è quella che sovrintende all’apprendimento motorio e a determinarne l’alterazione è l’eccesso della proteina alfa-sinucleina, il cui accumulo porta poi in fase avanzata alla manifestazione della malattia. La scoperta, opera di un team coordinato da Elvira De Leonibus di Igb-Cnr e Istituto Telethon, permette una diagnosi precoce e lo sviluppo di nuove terapie. Il lavoro, finanziato dalla Fondazione con il Sud e dal Miur, è stato pubblicato sulla rivista Brain.

La memoria motoria è l’abilità attraverso cui impariamo a compiere azioni come scrivere, andare in bicicletta, suonare uno strumento, ed è caratterizzata da un apprendimento lento e progressivo che richiede tanto addestramento ma che, una volta acquisito, consente di compiere automaticamente i movimenti. Si sapeva già che la sede cerebrale dell’apprendimento motorio fosse il corpo striato, una struttura antica del cervello posta al di sotto della corteccia cerebrale. Non era chiaro, invece, come le cellule dello striato riuscissero a ricordare quanto già appreso e, partendo da lì, ad apprendere nuovi movimenti e a perfezionare quelli noti. «Nel nostro studio abbiamo scoperto, in modelli animali, che l’esercizio motorio lascia un segno per giorni nei neuroni dello striato», spiega De Leonibus, coordinatrice del team di ricerca. «Se applichiamo uno stimolo elettrico ai neuroni dello striato di animali non addestrati, questi danno una risposta inibitoria; se lo stesso stimolo è applicato ad animali sottoposti alle prime sessioni di apprendimento, i neuroni rispondono eccitandosi e questo li rende riconoscibili e consente di perfezionare i movimenti appresi. Tuttavia, una volta che l’esercizio motorio viene acquisito alla perfezione e il movimento viene effettuato automaticamente, i neuroni tornano a dara una risposta inibitoria allo stimolo elettrico».

Il gruppo di ricerca, che ha coinvolto numerosi giovani ricercatori, come Nadia Giordano e Attilio Iemolo, ha studiato la rilevanza di questa nuova forma di memoria cellulare nella malattia di Parkinson, i cui sintomi (tremori a riposo e lentezza nei movimenti) indicano la morte di un particolare tipo di cellule che porta allo striato la dopamina.  «Oggi sappiamo che l’aumento nella produzione della proteina alfa-sinucleina può da sola portare alla morte dei neuroni dopaminergici e, quindi, allo sviluppo della malattia. I ricercatori hanno quindi inserito all’interno delle cellule che producono dopamina il gene dell’alfa-sinucleina umana, in modo che questa venisse prodotta in quantità spropositate nelle cellule che rilasciano dopamina nello striato, determinandone la morte», prosegue la ricercatrice dell’Igb-Cnr. «Si è visto così che molto prima di arrivare alla morte l’eccesso di alfa-sinucleina impediva agli animali di effettuare automaticamente i movimenti appresi. Questi risultati identificano per la prima volta una manifestazione clinica molto precoce nell’apprendimento motorio che precede la morte dei neuroni nella malattia di Parkinson. È quindi un campanello d’allarme utile per la diagnosi precoce e per lo sviluppo di nuove terapie che, se somministrate subito, possono prevenire o rallentare la morte dei neuroni».

L'alfa-sinucleina (verde) colonizza il corpo cellulare dei neuroni che producono dopamina (rosa) e ne distrugge le funzioni normali

L’alfa-sinucleina (verde) colonizza il corpo cellulare dei neuroni che producono dopamina (rosa) e ne distrugge le funzioni normali

I ricercatori si sono chiesti a questo punto in che modo l’eccesso di alfa-sinucleina impedisse la formazione della memoria cellulare, una domanda importante per capire le primissime modificazioni biologiche legate allo sviluppo del Parkinson. «Abbiamo visto che l’eccesso di alfa-sinucleina preveniva la formazione della memoria cellulare riducendo drasticamente la quantità del trasportatore della dopamina, una sorta di controllore dei punti di contatto tra diversi neuroni, e quando i livelli di questo trasportatore si riducono tutte le vescicole di dopamina rilasciate disturbano il corretto scambio di informazioni tra le cellule nervose e, dunque, la formazione della memoria motoria», conclude De Leonibus. «L’identificazione di bassi livelli del trasportatore della dopamina in questo stadio precoce, quando ancora non c’è neurodegenerazione, è perciò un aspetto molto rilevante per la diagnosi della malattia. I risultati di questa ricerca suggeriscono che bassi livelli del trasportatore non necessariamente indicano la morte dei neuroni dopaminergici, ma possono invece indicare una sinucleinopatia, un’ipotesi diagnostica che merita approfondimenti mirati con indagini genetiche e prelievo di liquor, al fine di prevederne l’evoluzione».

Questo risultato è stato reso possibile anche grazie ai finanziamenti di Fondazione Telethon che proprio in questi giorni sta promuovendo #presente, la campagna di sensibilizzazione e raccolta fondi per la ricerca scientifica contro le malattie genetiche rare.

 

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