Pensieri sparsi in cerca di autore, 1° capitolo

Pubblichiamo con piacere da oggi, in accordo con l’autore, il romanzo Pensieri sparsi in cerca di applicazioni. Ricordi dal futuro scritto da Nando Percopo.

Buona lettura

1° capitolo Rebecca

Una giornata del cazzo. Mai espressione più azzeccata di così. Il big boss arriva dall’America e lo stabilimento è impazzito. Eppure, penserete voi, le sinapsi lavorative possibili in Italia sono da capogiro.

Il mio capo, cervello eccellente, avvezzo a tremolare come una panna cotta, la sua pinguedine lo esalta, “Sei sempre il solito, non ti smuove un terremoto.” Apro la porta di casa, una villetta. Memore che la moglie stamattina aveva il nervo storto e per giunta è patologicamente ordinata, appendo la giacca, vuoto le tasche nell’apposito contenitore, “sono ritornato all’asilo”, entro nel saloncino. Con circostanza mi avvicino a Rebecca, seduta rigidamente. Guarda un programma di spazzatura politica, con guitti della peggiore specie. Mi accosto cautamente. “Come va, cara?”

Azzardo un bacio. Il mio tentativo naufraga miseramente. Risponde al tentativo con un leggero grugnito, senza staccare gli occhi dai led. Avessi baciato un mobile, avrebbe comunque reagito. L’ambiente è di un ordine che più ordine non si può. È una cartolina da spedire, sostituendo ai soliti baci e abbracci, un “vedete quant’è bella.” Soprassiedo con fatica a questo usuale comportamento di mia moglie. Avverto l’irritazione montare, come un fiume in piena, dalla punta dei piedi. Dovrei esplodere con veemenza ma, ancora una volta, reprimo.

Fino a quando sarò in grado di reggere questo stato di cose?

Ho consapevolezza che fra di noi si sia strutturato un legame patologico, alimentato dalla mia idea irrazionale di salvarla a tutti i costi. La figura del salvatore. È mia madre che si comporta attraverso me. Devo trovare la forza, come altre volte, di recidere questo legame malato. E so che prima o poi lo farò. Cerco, con lo sguardo, qualcosa che mi aiuti a superare, per l’ennesima volta, la disperazione che mi assale. Gli occhi cadono su tre ciotoline, contenenti costantemente lo stesso numero di golosità. Mi aggrappo con tutto il mio essere a questa falsa opportunità e rinvio ancora una volta. Impegno la mia mente nello scegliere: ci sono i Cremini Fiat, i Nudi del mastro cioccolatiere napoletano Gennaro Bottone, le Lentine ultra fondenti di Maietta. Dramma esistenziale. Cosa scelgo? L’imbarazzo che mi pervade non mi infastidisce, anzi. Dà tempo alla salivazione di coltivare il desiderio.

Vada per due lentine, due per modo di dire. Prendo ordinatamente un piattino, un piccolo bicchierino per rosolio, della nonna materna, e mi verso una dose abbondante di Barolo Chinato. Se tutta questa operazione passa inosservata. Non è così. Scatta e ricompone im-mediatamente il numero magico. Mi becco uno sguardo in tralice e, senza emettere suoni, via etere, mi trasmette “non fare danni.”

La donna della mia vita non era così. Un incidente accidente, di cui vi parlerò poi l’ha ridotta così. Eppure il nostro rapporto era un continuo fuoco pirotecnico. Ero oggetto delle sue amorevoli ironie.

Una gigantesca pantera rosa con didascalia “Il genio è una cosa che non si può spiegare.”

Ancora una poesia

Orror di crisi, timor di povertate

Abbadon del lusso e magre portate

Tremar non fanno la virtute

Di chi addio non diede a gioventute

Di chi sempre pronto a sperimentar

Mai s’arrese a qualunque argomentar

E in arena sceso fiero tese

L’ardito dado il giocator cortese

A pugnar ogni novella sfida apprende

All’incalzar nemico altre armi sottende

Con poker e bridge investe il suo capitale

Alla ricerca di cervelli per farne una filiale

In donne e fanti giammai in jolly

Come altre volte dir non volli

Di sua serietate si trastulla

La sicurtà di non poter perdere nulla

Con l’unico rischio della sottil arte

Quello, ahimè, di finir perito di carte.

A questo punto quale voglia vi verrebbe? Scalzarsi, ponendo la punta di una scarpa dietro l’altra. Ripetere l’operazione e, con degli aromatizzatori naturali, stravaccarsi su uno dei divani. Tassativamente ricoperti, “sennò il divano si sporca.” Beh, mi sento un faraone, porterò anche questo nell’aldilà.

Scelgo la via più soft e mi adagio compostamente sul divano, accanto alla finestra. Gli Appennini fanno sfoggio di un mondo verde ed io, frenando la cupidigia, assaporo lentamente la prima lentina. E lascio correre il pensiero.

A lunedì prossimo.

Per la recensione

Nando Percopo

Nando Percopo

Nasce ad Avellino il sette marzo 1945. Laurea in Ingegneria al Politecnico di Torino. Naia e lavoro da ingegnere industriale e imprenditore e amministratore di una società di consulenza aziendale. Irrequieto, va dove lo porta il cuore. Si definisce fondamentalmente umanista eclettico, ama i classici e vola con la fantasia. Gira il mondo ma ha nel cuore l’Irpinia. Ama dipingere, restaurare mobili, scrivere.

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