La globalizzazione nel Mediterraneo. Il focus di Giuseppe Rocco

La globalizzazione è un processo attraverso cui mercati e produzioni nei diversi Paesi diventano più interdipendenti fra loro, in forza della dinamica di scambio di beni e servizi e attraverso i movimenti di capitale e di tecnologie. Questo fenomeno è irruento e irrefrenabile; esso raggiunge qualsiasi posto del mondo, anche un piccolo villaggio dell’Africa. Sul piano quantitativo ed espansivo non è possibile nessun blocco, mentre sotto l’aspetto qualitativo andrebbe meglio gestito, almeno per evitare spinte, dovute agli effetti negativi. Il mancato controllo implica principalmente due danni: il feticismo del mercato finanziario e l’efficientismo selvaggio, dei quali si è già scritto su questa rivista. Il feticismo del mercato finanziario è sorto come una forma di adorazione della Borsa valori, per alimentare una componente inquinata sviluppata da manipolatori del mercato; ciò determina crisi economiche internazionali e aumento della forbice sociale. L’altro effetto, l’efficientismo selvaggio, cancella l’etica del lavoro, in quanto esaspera il concetto di efficienza, determinando uno sfruttamento nelle condizioni lavorative.

In questo brano trattiamo le modalità di espansione, nelle diverse sfaccettature. Fra le definizioni secondarie, la globalizzazione può essere considerata l’ultima fase del capitalismo moderno e come il processo in base al quale le imprese possono produrre ove il costo è più basso. Mentre l’internazionalizzazione riguarda soltanto le grandi imprese e le multinazionali, la globalizzazione investe tutte le imprese, anche piccole e tutti i territori.

Il bacino del mediterraneo ha giocato un ruolo importante in questi fenomeni, che hanno assunto dimensioni mondiali. L’Italia è al centro di questo mare storico. Un terzo del commercio mondiale transita fra Suez e Gibilterra. Si è tentato di offrire un’architettura coordinata con il processo di Barcellona, avviato nel 1995, ma i risultati non hanno raggiunto equilibri soddisfacenti.

Il Mediterraneo, il cui nome letteralmente significa “Centro del mondo” è apparso da sempre come una realtà storica, geografica e culturale di grande rilievo. Nel passato si sono affermati numerosi popoli, che hanno prosperato attorno al Mediterraneo, ove si potevano approvvigionare grosse quantità di acqua e contare su terre fertili, oppure ove le conformazioni collinose garantivano una certa sicurezza contro attacchi esterni. Queste civiltà crebbero sino ad arrivare a creare propri imperi, come quelli della Mesopotamia (Sumeri, Assiri, Babilonesi), indi con Fenici, Greci e Romani. Da allora il potere si è avvalso del mare per consolidare il dominio e quindi le navi sono diventate sempre più ampie per poter fronteggiare gli oceani. L’immagine del mondo mediterraneo appariva di suggestiva ed imponente esperienza culturale, purtroppo superata o posta in concorrenza con altre potenze, come Usa e Giappone. Comunque la dimensione mediterranea rimane una realtà storica, dinamica, con le sue caratteristiche specifiche, la sua unità e la sua varietà. Il mare ha favorito il sorgere di potenze, come in passato le repubbliche marinare di Genova e Venezia e successivamente dell’Inghilterra, che si è avvalsa della sua posizione insulare per diventare una potenza militare.   

L’Italia per ora non ha saputo sfruttare la posizione geografica. Avrebbe dovuto potenziare i rapporti con l’Africa del nord a noi vicina. Purtroppo si è lasciata soffiare l’occasione in parte dalla Francia e in parte dalle evenienze politiche. Guardando l’Italia nella cartina geografica, possiamo osservare come essa si collochi esattamente al centro del Mediterraneo, facendosi così asse mediano del mare. Non a caso l’Impero romano riuscì ad imporsi e far conoscere al mondo la sua grandezza politica, economica e militare. Sul piano culturale, il periodo che va dal secolo XIV al XVI, la nostra Nazione ha elaborato il modello culturale del Rinascimento che si è diffuso in tutta Europa. Possiamo pure evocare la citata preminenza delle repubbliche marinare.

Un riflesso appare sulla questione meridionale. Nonostante oggi il Meridione sia una delle aree depresse d’Europa, dobbiamo ricordare che questa area è stata la patria della Magna Grecia. Infatti i discendenti delle genti greche riuscirono ad accumulare una ricchezza economica, a cui si aggiunse lo splendore in campo culturale e artistico, tale da superare quello della stessa madrepatria. Sempre nello scrigno dei ricordi, evochiamo la posizione del regno delle Due Sicilie, in cui Napoli era la città più ricca e florida del popolo italiano.

La politica mediterranea moderna trova le sue basi giuridiche nel Trattato di Roma del 1957, evento storico, in cui viene costituita la comunità economica europea (CEE). Per includere i paesi meridionali, attendiamo gli anni sessanta, durante i quali si stringono accordi con Grecia e Turchia; indi con accordi di natura commerciale e tariffaria con Libano, Tunisia, Marocco ed Egitto. Questi accordi erano di durata limitata e contenuti nei prodotti per gli interscambi. Questi protocolli sono risultati deboli. Nel 1972, si registra il vertice di Parigi per affermare una spinta alla politica mediterranea, ma anche questo evento risulta sbiadito e lasciato alla mercè della Francia. I successivi Programmi Integrati Mediterranei (PIM) vengono vanificati dagli stravolgimenti politici, con l’ascesa dell’islamismo e l’accentuarsi della politica del riarmo.

Nasce il partenariato euromediterraneo con la conferenza di Barcellona nel 1995. La conferenza si pone l’obiettivo di creare una zona di stabilità, di pace e di prosperità, con l’impegno di accrescere e di incrementare le risorse umane e di avvicinare le culture. Un punto di svolta che pone l’attenzione sui settori sociali, culturali e umani, ma che non ottenuto l’incidenza auspicata. Neanche l’adozione della “Zona di libero scambio” si è realizzata in modo pieno.

La globalizzazione e la delocalizzazione stanno accentuando lo scambio, che ha raggiunto ritmi vorticosi di beni di qualunque tipo. Dal cibo ai tessuti, dai giocattoli agli elettrodomestici, circa il 90% del commercio internazionale si svolge via mare. Questo fenomeno sta crescendo con l’avvento e la diffusione dei container i quali conferiscono sistemi logistici e portuali sempre più efficienti. La vocazione marittima trova un’accentuazione in Europa, per la sua conformazione fisico-politica. Addirittura il nostro continente può considerarsi la prima potenza marittima del pianeta, con il 40% della flotta mondiale e 250 milioni di passeggeri all’anno. In particolare il Mediterraneo, che conta su una esiguità della superficie pari ll’1% del totale mondiale e mostra una dimensione di traffico che raggiunge il 30%. La movimentazione di questa elevata massa di merci e di persone nel Mediterraneo pone problemi forti gestionali, non solo sotto il profilo logistico ma anche sotto quello della sicurezza. Mediterraneo è un mare parzialmente chiuso, stretto fra due delle maggiori strozzature mondiali, Suez e Gibilterra, cui occorre aggiungere gli stretti turchi del Bosforo e dei Dardanelli, che immettono sul mar Nero, e lo stretto di Hormuz.

Il bacino mediterraneo mostra elevate potenzialità di sviluppo, in quanto riguarda 700 milioni di abitanti e 40 Nazioni, con uno scambio commerciale intra-area pari al 60% del totale. L’area comprende paesi variegati dal punto di vista della densità: molto popolata la Turchia e poco la Libia. La Giordania è uno dei paesi di questa regione che ha adottato riforme strutturali per incoraggiare gli investimenti, sulla scorta di un pacchetto di politiche proposte dalla Banca mondiale. Pure la Turchia tende ad aspirare verso il raggiungimento dei paesi sviluppati. Una accelerazione nel processo delle privatizzazioni, potrebbe aiutare lo sviluppo della zona. Soltanto alcune nazioni, quali l’Egitto, Israele e Marocco stanno attuando programmi rivolti alla liberalizzazione del mercato interno.

I sistemi creditizi registrano un livello organizzativo e strutturale differenziato, a seconda della propria storia, della gestione politica e dell’impatto con la globalizzazione. Si rilevano tre tipologie di paesi: il primo costituita da Cipro, Malta, Israele, Turchia e Libano, paesi i quali offrono istituti bancari in maniera quasi analoga ai paesi industrializzati; un secondo gruppo, come l’Egitto, Marocco, Tunisia e Giordania, che stanno migliorando le proprie strutture, ma devono ancora concretizzarsi in pieno; nel terzo gruppo, si annoverano Stati come Siria, Algeria e Libia, caratterizzati da ritardi nello sviluppo creditizio e finanziario.

L’area mediterranea è stata assalita dal terrorismo. La genesi del malessere è iniziata nel 1948 con l’autoproclamazione dello Stato di Israele e con la conseguente esplosione del conflitto arabo-israeliano. E’ giunto il crollo dell’impero sovietico e la fine dell’ordine bipolare nel mondo. A cui sono sopraggiunte nuove guerre, dai Balcani all’Afghanistan, all’Iraq, alla Libia. Queste tensioni non hanno giovato alla lotta al terrorismo internazionale, che si è affermato fortemente nell’area mediterranea. La globalizzazione non ha risentito della malavita, ma si è diffusa con forza in tutto il pianeta e soprattutto nel Mediterraneo. Tutte le manovre finanziarie hanno creato degenerazioni e crisi economiche. Certamente questa area possiede requisiti per meglio gestire i fenomeni, in forza del passato e della cultura socio-economica.

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About Giuseppe Rocco

Esperto di commercio estero. Vice Segretario generale della Camera di commercio di Bologna sino al 31.1.2007; Docente esterno presso l’Università di Bologna, Istituto Economico della Facoltà di Scienze politiche, in qualità di cultore dal 1990 al 2006, di “Istituzioni Economiche Internazionali” e in aggiunta dal 2002 al 2006 di “Diritti umani”; Pubblicista iscritto all’Albo dei Giornalisti dal 1985; 450 articoli per 23 testate nazionali; in particolare consulente del Il Resto del Carlino, in materia di Commercio internazionale, dal 1991 al 1995; Saggista ed autore di 53 libri scientifici ed economici; Membro del Consiglio di Amministrazione del Centergross dal 1993 al 2007;Membro del Collegio dei periti doganali regionali E. Romagna, per dirimere controverse fra Dogana ed operatori economici dal 1996 al 2000, con specificità sull’Origine della merce.