Rifiuti e inquinamento
Con Giuseppe Fanelli parliamo oggi dell’inquinamento ambientale causato dai rifiuti, una delle piaghe del nostro tempo.
Data la vastità e l’importanza dell’argomento ci scuseranno i lettori se l’intervista non sarà del tutto esaustiva. Essa, infatti, vuole essere semplicemente uno spunto di riflessione verso un tema davvero allarmante che riguarda il futuro del nostro pianeta e, quindi, di tutti noi.
Ambiente-inquinamento-rifiuti sono, purtroppo, tre concetti strettamente connessi tra loro.
Quello dell’inquinamento è un fatto che risulta alla portata di tutti perché, per tutti, è tangibile e percepibile. I rifiuti e la loro gestione coinvolgono tutti gli elementi naturali: terra, aria, acqua e fuoco in quanto i rifiuti possono essere dannosi, gravemente nocivi, ma possono costituire anche una ricchezza, quindi un bene, per chi li gestisce.
Il fuoco “entra” nel discorso perché, molto spesso, è un mezzo legale e/o illegale per smaltire i rifiuti stessi. È illegale quando i capannoni dei rifiuti diventano colmi e si decide di appiccare il fuoco per fare spazio. Il modo legale sono, invece, gli inceneritori, alcuni dei quali, molto più elegantemente, vengono chiamati termovalorizzatori, una bellissima parola che consente di valorizzare il rifiuto trasformandolo, sempre tramite la combustione, in energia.
È chiaro e innegabile che la combustione dei rifiuti bruciati in un capannone industriale con la benzina dà molti più problemi della combustione nel termovalorizzatore ma, in entrambi i casi, si producono delle sostanze nocive per la salute pubblica e per l’ambiente. Prima fra tutte la diossina.
Anche gli altri tre elementi aria, terra e acqua possono essere inquinati da una cattiva gestione dei rifiuti. Per ciò che riguarda l’aria, oltre le cause della combustione, possiamo ricordare gli allevamenti intensivi, gli scarichi degli autoveicoli, delle industrie e degli impianti.
La terra viene inquinata quando cittadini insensibili e maleducati, come anche le amministrazioni che non sanno gestire i rifiuti, abbandonano i rifiuti in luoghi non preposti. Oggi va di moda parlare delle microplastiche ma, ricordiamo, che qualsiasi tipo di rifiuto lasciato sulla terra costituisce un elemento altamente inquinante.
Per quanto riguarda l’acqua dobbiamo dire che se le discariche, che vanno fortunatamente a diminuire, non hanno le vasche di contenimento che possano contenere il percolato prodotto, esso finisce nel sottosuolo inquinandolo e arrivando a contaminare anche le falde acquifere.
Tutto questo, fra l’altro, si scontra con tutti gli sforzi che i cittadini cercano di fare con la raccolta differenziata che, a volte, sembra un provvedimento molto serio, altre volte sembra un bluff. Parlo di raccolta differenziata perché essa presupporrebbe un certo tipo di trattamento per i rifiuti che dovrebbero essere trasformati in altro a cominciare dall’energia a finire all’imbottitura per le giacche.
Lo scopo della raccolta differenziata è solo uno: il riciclaggio, per cui anche se un solo grammo di rifiuto non viene riciclato essa rappresenta una sconfitta. Io, sinceramente, penso che i Comuni non gestiscano correttamente la raccolta differenziata e che il riciclo sia effettuato in percentuali bassissime rispetto alle tonnellate di rifiuti che vengono raccolti in maniera differenziata. Alcuni esempi molto semplici e alla portata di tutti noi sono il tetrapak, il CIPAP84 e i piatti e i bicchieri di plastica, i quali creano non poca confusione a chi, cambiando ad esempio città per le vacanze, li deve smaltire. A seconda delle indicazioni qualche volta bisogna gettarli nella carta, qualche altra nella plastica e qualche altra ancora nell’indifferenziata. Se devono essere riciclati dovrebbero seguire lo stesso percorso dovunque mentre ciò non avviene.
Come sempre noi ci riferiamo al nostro piccolo mondo ma esistono dei luoghi in cui ci si sforza non tanto di produrre meno rifiuti ma di rifiutarsi di acquistare ciò che potrebbe inquinare.
Sicuramente. Però io credo che non siano la maggioranza e anche che siano casi “isolati” dato che anche nello scambio interpersonale siamo molto diversi. Ci sono molte persone a cui visivamente “il pacco” piace. Quindi anche i paesi che vorrebbero inquinare di meno spesso sono costretti ad accettare merci con imballi di gran lunga superiori a quelli che loro vorrebbero.
E mi viene in mente, a questo proposito, che la maggior parte dei rifiuti che noi produciamo nelle nostre case provengono dagli imballaggi e dalle confezioni di cibo ma non solo. Non usando più la filiera, in cui spesso l’acquisto si avvolgeva in una semplice carta, che poi poteva essere anche riutilizzata, ma facendo la spesa al supermercato, la maggior parte di ciò che acquistiamo è imballato nella plastica. Per non parlare dell’acqua. Allora, magari, si potrebbe “reinventare” il reso e sostituire la plastica al vetro e chi produce plastica potrebbe riconvertire il suo lavoro nella pulizia e nel trasporto dei contenitori. Anche, ad esempio, i vasetti dei cosmetici potrebbero essere restituiti senza alcuno sforzo dato che il negozio sarebbe sempre lo stesso. Finisce uno, si restituisce e se ne acquista un altro. Non mi sembrano provvedimenti complicati ma forse sono utopistici.
Non è che bisogna eliminare tutte le confezioni, perché sarebbe impossibile, però si potrebbero ridurre da subito. Ricordo di aver sentito, la scorsa settimana in un’intervista alla radio, una frase che mi ha molto colpito: non inquinare si può, è solo una questione di costi. A questo aggiungiamoci la volontà.
Io posso capire che un imprenditore non si interessi più di tanto dell’ambiente, perché magari se può scaricare in maniera abusiva un tratto di fiume danneggiandolo, lui lo fa tranquillamente perché, alla fine, viene a risparmiare un bel capitale. Quindi non è che mi preoccupa l’imprenditore poco ecologico, piuttosto mi preoccupa chi gli consente di fare determinate cose perché è chiaro che sia impossibile controllare ogni scarico di ogni dove ma sarebbe giusto che i colpevoli, una volta presi, fossero puniti con delle sanzioni adeguate. Prima di tutto la chiusura dell’opificio, con obbligo di continuare a pagare i dipendenti, che non hanno colpa, in aggiunta a delle sanzioni penali e amministrative. Se si va ad innescare il discorso delle pene probabilmente si potrà rimediare.
Inoltre oggigiorno si parla molto di recupero del territorio dove per esso si intendono la salvaguardia e la valorizzazione delle risorse per evitare lo spopolamento e per incrementare l’economia. In tal caso un’attenzione all’ecologia sarebbe d’obbligo. Ricordo di un suo commento riguardo a un’intervista che feci, per il caso Novolegno, al segretario della CISL Irpinia Sannio Mario Melchionna, volta a chiarire la condizione dei lavoratori. In particolare lei sosteneva che, nonostante i controlli effettuati dagli enti preposti fossero risultati negativi, quell’impianto avesse sversato per anni liquami nocivi nel fiume Sabato.
Andando per ordine, diciamo che quando sento la parola riqualificazione ho paura perché la vedo sempre legata ad aperture di nuove strade, di piste, a nuova cementificazione e relativo asfalto, in zone ancora più o meno non dico incontaminate ma abbastanza riservate. Quindi bisogna sempre vedere chi fa i progetti, chi li commissiona, chi li paga e chi li esegue perché la riqualificazione del territorio si può fare tranquillamente con le strutture e le infrastrutture già presenti sul territorio senza costruirne delle nuove.
Pensiamo alle pale eoliche dell’alta Irpinia, che sono state fatte passare come una fonte di energia pulita, mentre hanno un impatto ambientale, per il panorama, per il rumore, per il risucchio dei grossi uccelli, di gran lunga superiore al beneficio in termini di produzione energetica che danno. Anche la loro dismissione non è semplice e il territorio non è più utilizzabile per molto tempo.
Sempre rimanendo in Irpinia, a proposito della Novolegno, purtroppo sono stati sversati componenti inquinanti nel fiume dove è stato rilevato anche il mercurio. Ma dopo che è stato rilevato il mercurio è finita lì mentre si sarebbe dovuto effettuare un campionamento diviso per zona risalendo il fiume per individuare dove fosse lo scarico.
Anche se, nonostante un campionamento così pensato, non si sarebbero mai trovati i colpevoli poiché queste sono cose ben organizzate. Cambiando argomento ma rimanendo in tema, perché gli allevamenti intensivi produco più CO2 di qualsiasi altra cosa?
Innanzitutto gli allevamenti intensivi non dovrebbero proprio esistere, per le gravi sofferenze che causano agli animali e perché sono una cosa veramente vergognosa e ignobile ma di questo ci occuperemo forse successivamente. Per quanto riguarda il discorso ambientale, gli allevamenti intensivi producono moltissima anidride carbonica perché, essendo concentrato un gran numero di animali in poco spazio, le deiezioni degli animali liquide e solide vengono, appunto, concentrate e quando gli allevamenti vengono puliti non è che sono eliminate ma, semplicemente, portate fuori dagli allevamenti a volte in fosse, altre volte proprio all’aperto. Quindi c’è proprio una grossa produzione di anidride carbonica che, comunque, va a contribuire all’inquinamento atmosferico. Inoltre non c’è neanche la possibilità di riciclare tutto, perché sono tonnellate e tonnellate di deiezioni liquide e solide che vengono accumulate sviluppando anidride carbonica senza considerare quello che porta via la pioggia per dilavamento. L’alta concentrazione di animali in pochi metri quadrati non è affatto un evento naturale. La natura non ha predisposto l’ambiente per gli allevamenti intensivi.
Nel caso degli altri incontri che abbiamo avuto, il nostro discorso si è concluso sempre con la parola educazione. Abbiamo parlato del potere di alcune lobby che influenza i provvedimenti di chi governa e di leggi che andrebbero applicate in maniera più severa.
Per quanto riguarda l’inquinamento io, sempre nel mio piccolo, ravviso un problema che, come dicevamo all’inizio, tocca la percezione di tutti ma la cui gestione è manipolata da qualcuno molto più in alto dei semplici cittadini. Mi riferisco agli enormi guadagni che sono all’apice del problema inquinamento e della gestione dei rifiuti, come anche alla produzione di sostanze inquinanti. È una questione di business.
L’educazione del cittadino non va intesa soltanto come educazione civica ma anche come consapevolezza, da parte sua, dei propri diritti. Il cittadino deve ribellarsi a certe cose e se incomincia a farlo inevitabilmente il politico, non tanto per sensibilità ma semplicemente per prendere voti, dovrà prenderne atto e, quindi, fare delle leggi più severe. Se il cittadino si ribella attivamente il suo portavoce ne dovrà prendere atto e questo può costituire un punto di partenza. Una volta fatta una legge restrittiva anche i governi successivi non potranno cambiarla. Il cittadino deve protestare perché se non lo fa rimarrà anonimo, quindi un suddito e non un cittadino.
Ma lei davvero ci crede in tutta questa giustizia?
Più che crederci ci spero.
Prima di concludere vorrei parlare del Jova beach party. I concerti tenuti in spiaggia quest’estate da Jovanotti sono quanto di più devastante ci possa essere nel mondo dello spettacolo legato alla natura. Il tour di Jovanotti sta creando una vera e propria distruzione dell’ambiente mediterraneo delle dune. In pratica ci sono alcuni video nei quali si vede chiaramente che le ruspe hanno spianato praticamente tutto, hanno distrutto flora e fauna compattando le spiagge per consentire il passaggio dei mezzi e delle persone. Quindi, in pratica, intere spiagge sono state distrutte. Dobbiamo, inoltre, considerare l’inquinamento acustico dato che la riva del mare non è uno dei posti più adatti per fare i concerti nonché l’enorme massa di rifiuti che viene ritrovata abbandonata il giorno successivo al concerto. Sulle dune ci sono delle piante che hanno conquistato l’ambiente litorale che sono state completamente devastate e queste piante con le loro radici logicamente compattavano le dune e facevano in modo che si modificassero poco, senza scomparire.
A farne le spese è stato anche il fratino che è una specie di uccello a rischio di estinzione. Il fratino è un uccello che nidifica direttamente sulla sabbia mettendo intorno un po’ di ghiaia. Quando si schiudono le uova la prole non è pronta subito per il volo, non è una prole atta ma è una prole inetta. Per circa un mese sta insieme ai genitori e corre su e giù per la spiaggia in cerca di cibo, fino a quando i piccoli non imparano a volare. Ebbene, grazie a Jovanotti, molti nidi sia con gli uccellini che con le uova sono stati distrutti.
Questo, come per le tartarughe, avviene anche in presenza di turisti e qualche volta va bene, altre va male.
Il tour di Jovanotti è stato, fra l’altro sponsorizzato dal WWF Italia.
Come dal WWF?
Infatti. In seguito a tale azione ho inviato una lettera (che potrete leggere in allegato di vostra volontà) al WWF.
Giuseppe Fanelli
Sin da adolescente ha aiutato gli animali in difficoltà ed ha svolto, per alcuni anni, attività di volontariato presso un rifugio per cani randagi.
Dal 1986 e fino al 1996 è stato Guardia Zoofila dell’Ente Nazionale Protezione Animali acquisendo esperienza e manualità per il recupero, la cura, l’allevamento e la reintroduzione nel loro habitat degli animali selvatici (tra cui quelli sequestrati ai cacciatori).
Nel 1997 è diventato responsabile LAV per Avellino e provincia, incarico dal quale si è dimesso nel novembre 2011.
Da allora continua ad occuparsi del recupero e della salvaguardia degli animali.
I corpi delle Forze dell’Ordine (Carabinieri, Polizia di Stato, Corpo Forestale dello Stato, Guardia di Finanza e Vigili Urbani di Vari Comuni della Provincia di Avellino) gli affidano animali sequestrati o rinvenuti da recuperare e da reintrodurre in habitat idoneo.
Anche molti cittadini e alcuni studi veterinari gli affidano animali rinvenuti da recuperare e da reintrodurre nel loro habitat naturale.
Ringrazio, come sempre, Giuseppe Fanelli per la sua opera nella salvaguardia degli animali e dell’ambiente e spero di rincontralo presto.
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link canale youtube Giuseppe Fanelli https://m.youtube.com/channel/UC4vl_ILW9q1W0h2yrN-HXKg
La foto fa parte di una raccolta fotografica comprendente 17 foto che Giuseppe Fanelli ha scattato a testimonianza della sporcizia disseminata in giro per Avellino e provincia. https://www.ildialogo.org/ambiente/MOSTRAFotoFanelli.pdf
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