Traiettoria d’affetto, versi d’amore materno di Michela Marano. La recensione
Versi d’amore dedicati alla madre, andata via anni fa, troppo presto, per questa raccolta composta nel lungo tempo del lutto, ma con la premura di chi non vuole scordare sensazioni, i gesti, la presenza fisica, quel legame stretto che univa madre e figlia. Riaffiora prepotente in questo album l’affetto forte, la complicità nella diversità, su cui l’autrice ha costruito il proprio mondo, trovando il modo di uscire dal guscio in cui tende a rifugiarsi. La scrittura come arma generante viene equiparata alla maternità, l’espressione scritta prende forma materiale tra i versi. Così l’amore diviene dialogo e “il fitto parlare di alcuni giorni” tra le due donne motivo di crescita.
Tutto lascerebbe pensare a un canto funebre, viatico per un’elaborazione del lutto, ma credo si possa anche definirlo un pianto in versi.
Madre, l’origine che viene da te e/dal padre regola ogni traiettoria./ Confesso che mi spaventa questo/abbandono; la parola fine è terribile da/ definire e io non ho più mani/ ad accarezzarmi il volto,/ e il corpo è/senza peso…
Nei quadri lirici emerge, nella diversità evidente tra le due donne, la loro somiglianza, quasi un’identificazione per contrasto che fa avvertire all’autrice la madre come ancora viva, nei propri gesti e soprattutto nella traiettoria da lei indicata.
Le liriche non hanno titolo, ma la raccolta è suddivisa in tre Atti del ricordo, con intermezzi e una Postilla pensante. L’architettura crea momenti di riflessione tutti in versi tranne quello della Scrittura piana della consolazione, in cui l’autrice si esprime in prosa.
La raccolta, edita da Il Papavero e pubblicata lo scorso agosto, si presenta in una veste sobria e raffinata, quasi preziosa.
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