La strana storia di un palazzo di Venezia

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Ho fotografato questa “vera da pozzo” e uno scorcio del palazzo alcuni anni or sono durante la ricerca di luoghi dove ambientare il libro Il Signore di Notte, un giallo nella Venezia del 1605. Il pozzo è quello della corte interna di Palazzo Balbi che a sua volta è la location dell’epilogo del thriller.

Perché la costruzione è avvenuta a tempo di record

Si tratta di un edificio rinascimentale che vanta un primato e una curiosità. Primato: fu costruito in soli otto anni dal 1582 al 1590. Curiosità: tanta urgenza era dettata dall’impellenza del committente, Nicolò Balbi, di trovare una sistemazione e aveva un’ottima ragione per essere tale.

Infatti fino ad allora i Balbi avevano vissuto in affitto. Senonché le fonti riferiscono che un bel giorno Nicolò fu affrontato rudemente dal padrone di casa e accusato di essere in ritardo con la pigione. Si era trattato di una banale distrazione, ma l’intenzione di umiliare l’inquilino da parte del locatario era stata lampante, visti i loro rapporti già poco cordiali. Il Balbi l’affronto se lo legò al dito. Pagò all’istante il dovuto e diede contemporanea disdetta del contratto. Trasferì poi la famiglia, composta solo dalla moglie Chiara Barbaro e dalla sorella nubile Cornelia, su un “bucentoro” o forse un “Burchiello”, comunque un naviglio di grandi dimensioni. Nessuna preoccupazione per un’altra sorella, suor Prudentia, sparita dietro le mura di un monastero e della quale si stava occupando il buon Dio.

Sistemazione provvisoria in barca

Per i veneziani risiedere su barconi all’ormeggio anche per lunghi periodi era una situazione abbastanza usuale. Un fatto clamoroso di adattamento a tale vita era avvenuto durante la terribile pestilenza tra il 1575 e il 1577. Ben ottomila, forse diecimila, persone supposte portatrici del contagio avevano vissuto su oltre tremila natanti ormeggiati accanto al Lazzaretto Nuovo.

Soprattutto ai benestanti non erano mai mancate imbarcazioni di vario tipo e stazza e quella adibita a residenza dal Balbi doveva essere di notevole mole tanto da oscurare la residenza dell’odiato ex locatario. Infatti Nicolò per ritorsione aveva ormeggiato la sua provvisoria dimora proprio davanti alla casa del rivale, levandole la luce del sole. Nessun cronista ha riferito se tanto fosse bastato a placare la sua stizza.

L’incarico all’architetto Alessandro Vittoria

A questo punto una sistemazione più comoda era diventata urgente e Nicolò si dovette decidere a metter su casa, anzi palazzo. In contrada San Pantalon, tra Rio de la Frescada e Rio di Ca’ Foscari, possedeva un terreno con una catapecchia così malridotta che aveva scartato l’idea di andarci ad abitare facendola abbattere. Il progetto del nuovo edificio era stato affidato al trentino Alessandro Vittoria, architetto e scultore giunto a Venezia da Trento nel 1543 per lavorare nello studio del grande Jacopo Sansovino fino a subentrargli dopo ventisette anni. Cosicché, quando il Balbi aveva affidato al Vittoria la progettazione del palazzo, il trentino, ormai maturo come architetto, si era buttato a capofitto nell’impresa. Peraltro i grandi maestri del secolo erano ormai passati a miglior vita e solo lui era rimasto ancora attivo, una scelta quasi obbligata da parte del committente.

Caratteristiche architettoniche e critiche

La prima pietra era stata posata nel 1582 e nel 1590 l’edificio era pronto per essere abitato, otto anni, un primato nell’erezione di un palazzo a Venezia. A costruzione ultimata erano apparse manifeste nel prospetto ispirazioni al Sansovino, quali le sei monofore ovali del sottotetto, e al Palladio, ma anche ad altri maestri come lo Scamozzi e Guglielmo dei Grigi. Tradizione rispettata nei pilastri angolari a ordini sovrapposti e svoltanti nelle facciate laterali; però alcune novità avevano precorso i tempi suscitando critiche: qualcuno si era azzardato a definirne una di queste “scorretta e licenziosa”. Verosimilmente si era riferito ai timpani ad arco o rette che rifinivano porte e finestre laterali, interrotti da eleganti anfore e da pannocchie stilizzate. La ricchezza dei Balbi era stata simboleggiata dagli stemmi infilati tra composizioni di frutta con piena soddisfazione del committente.

Un matrimonio coraggioso

Tuttavia Nicolò aveva goduto poco di quella che aveva chiamato la “ca’ granda” perché morto a cinquantuno anni nel luglio del 1591. In precedenza, nel 1572, aveva preso in moglie Chiara Barbaro, matrimonio deciso con grande coraggio. Infatti Chiara si era lasciata alle spalle una famiglia paurosamente trafitta dalla tragedia perché suo padre Zaccaria, allora luogotenente nell’isola di Cipro, nel 1561 era stato ucciso insieme al figlio Daniele da Lucrezia Minio, sua moglie da trent’anni.

Nicolò aveva nutrito grande affetto per Chiara, un affetto misto a compassione per la tragedia che aveva segnato la vita della consorte. Per lo più avevano dovuto affrontare a loro volta la sfortuna di non avere figli.

Testamento

Circa il patrimonio, sentendosi vicino alla morte, Nicolò aveva steso un testamento meticoloso chiuso pochi giorni prima di spirare per un non meglio precisato malanno, tanto che nei necrologi di sanità del poveretto si era scritto “… da febre”, formula usuale quando non si sapeva a cosa dar la colpa di un decesso. Aveva disposto con pignoleria come suddividere beni mobili e immobili e a chi, dopo la scomparsa delle congiunte, sarebbe spettata la proprietà dei diversi piani del palazzo in San Pantalon e di un altro edificio di più modeste dimensioni che aveva preso a costruire sullo stesso terreno a ridosso della ca’ granda, così chiamata proprio per distinguerla dalla seconda. Sul ridotto sviluppo verticale di quest’ultima era stato categorico: non sarebbe dovuta “esser alzata in niun tempo in maggior summa di altezza di piedi trenta”. Non sarà ascoltato.

Il palazzo oggi

Il palazzo nel corso dei secoli è passato in più mani e ha subito numerosi restauri. Dal 1971 è sede ufficiale del Presidente della Regione Veneto e della Giunta ma pare che sia stato messo all’asta. Base 26,4 milioni di euro.

La citazione

Poi di getto il Signore di Notte balzò sul parapetto dell’altana a gambe divaricate, in equilibrio precario ma senza timore. Protese il volto verso il cielo e allargò le braccia come le ali di un grande uccello, mani aperte e dita divaricate come remiganti, pronto in un immenso, infinito abbraccio, pronto a cingere tutta la città. Il cuore gli batteva forte forte come al primo incontro con la donna amata, trepidante nell’attesa di tenerla stretta a sé, come alla prima carezza, al primo bacio, lungo, focoso.

Restò a braccia spalancate e abbracciò tutte le case e le mille pietre di Venezia, le chiese e i palazzi, donne e uomini, piccoli e vecchi, terra, acqua e l’intero cielo. Abbracciò mille vite e le sentì scorrere con la sua, dentro la sua, nel sangue, nel respiro, un unico immane respiro. Avvertì mille anime e mille forze unite alla sua in una gigantesca, invincibile nuova forza, una sconfinata anima comune. Si abbandonò alla pace, alla serenità e un’infinita dolcezza lo pervase mentre se ne stava ancora là in bilico, braccia protese al vento, abbracciando tutta Venezia fino all’orizzonte. Fu un anelito di libertà, di fiducia nel futuro come mai prima aveva provato. Mantenne gli occhi socchiusi e sorrise felice della rinascita. Visse intensamente quei momenti, senza pensare al domani, senza voltarsi al passato, come fossero stati gli unici della vita, i soli da vivere.

Il Signore di Notte. Un giallo nella Venezia del 1605, romanzo di Gustavo Vitali (2020)

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About Gustavo Vitali

Sono nato a Milano il 4 agosto. Non dico l’anno perché al riguardo sono un tantino ritrosetto ... Da oltre trent’anni vivo nella bergamasca. Ho due figli, Federico e Claudio. Istruzione: liceo scientifico e scienze politiche. Nessuna lode particolare: “È un ragazzo intelligente, ma non si applica abbastanza!” l’invariabile, ancorché poco appagante, giudizio dei miei insegnanti. Cosicché anni dopo la laurea è finita in soffitta, complice l’attività di famiglia, poi mia, dalla quale sono stato risucchiato. Ho anche fondato e diretto per una dozzina d’anni una rivista di settore. Passioni: il volo in parapendio ultima in ordine di tempo, cosa che mi ha portato a ricoprire da anni il ruolo di ufficio stampa nella FIVL (Associazione Nazionale Italiana Volo Libero – parapendio e deltaplano). Ovvio che non è stata la passione per il volo a spingermi a scrivere “Il Signore di Notte”, un giallo ambientato nella Venezia dei dogi! Lo è stata, invece, quella per la storia, da sempre. Ricordo che da ragazzino preferivo i sussidiari ai fumetti e leggevo la storia antica come fosse un romanzo d’avventura. Il vizio è rimasto in giovinezza e poi oltre, fino a oggi. Però come sia sorto l’interesse per la storia dell’antica Serenissima in particolare non saprei dire. Fatto sta che ho cominciato a leggere autori come Alvise Zorzi e altri storici che si sono occupati della sua storia lunga undici, forse tredici secoli. Quindi sono un lettore a senso unico: storia e ancora storia con qualche deviazione per la letteratura gialla. Congiunto alla passione per la storia, il vizio di non saper trattenere i ditini dalla tastiera. Prima la Olivetti “lettera 32” e poi il personal fin dagli anni ’70, quando costavano un botto. Anche la stilografica, prima di macchine da scrivere e computer, ha fatto il suo corso. Ecco perché “Il Signore di Notte” è insieme un racconto giallo con brevi riferimenti storici, una trama inventata, ma i personaggi sono reali, vissuti nel 1605, l’epoca dove l’ho ambientato. www.gustavovitali.it