Quando a Venezia si profumavano le monete. Parte quarta
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La lisciva
La produzione avveniva di solito in ambiente domestico. Enormi pentoloni di acqua e cenere, conservata oculatamente dallo svuotamento dei camini durante l’inverno e mescolata in rapporto di cinque parti a una, venivano messi a bollire per almeno un paio d’ore.
L’efficacia si testava intingendo un dito nella mistura e portandolo alla bocca: un leggero pizzicore sulla lingua indicava che era pronta. Dopo una opportuna decantazione veniva filtrata con panni e travasata in altri recipienti, badando a non sommuovere la pasta di cenere formatasi sul fondo: sarebbe stata messa da parte per lavare pentole e stoviglie.
Era così tirata fuori la liscivia, una panacea per le pulizie domestiche, sgrassante e disinfettante, di buon potere detergente accompagnato da una debole azione corrosiva. Usata anche per il bucato in quanto sbiancante e per l’igiene personale a patto che fosse ben diluita.
Oltre trecento volumi
Per gli interessati alla materia cosmetica e profumiera non c’era che l’imbarazzo della scelta tra gli oltre trecento volumi che avevano inondato la Serenissima nel corso del ‘500. Dopo l’antico testo del I secolo d. C. di Pedanius Dioscorides, stampato per la prima volta in italiano a Venezia nel 1568 sotto il titolo “De’ Materia Medica”, erano stati editi molti libri sotto la formula del ricettario; altri a carattere medico e scientifico si erano rifatti ad antichi testi, quelli di Ippocrate e Galeno i più stimolanti.
Eccone alcuni tra i più diffusi: “De’ Secreti del Reverendo donno Alessio Piemontese, prima parte divisa in sei libri. Opera utilissima & universalmente necessaria & dilettevole a ciascheduno”, una commistione di cosmesi e medicina scritta sotto pseudonimo da Girolamo Ruscelli.
Poi: “I Secreti della Signora Isabella Cortese, ne’ quali si contengono cose minerali, medicinali, artificiose & alchemiche, & molte de’ l’arte profumatoria, appartenenti a ogni gran Signora”, e la “Opera nova piacevole la quale insegna di far varie compositioni odorifere per far bella ciascuna donna” di Eustachio Celebrino, dedicato alla sola cosmesi e senza velleità mediche.
I “Secreti Medicinali di Magistro Guasparino de Venexia”, contemplava prescrizioni mediche sulla produzione di unguenti per “far nascere la bella pelle” o “pirole finissime contra el puzzare del la bocha”, ma anche indicazioni per “far andar via le lentigene”, “far la facia candida vel splendida” e per ostacolare la caduta dei capelli.
Gabriele quanto a consumo di acque odorifere non aveva mai fatto troppe economie. Francesco invece trovava disdicevole questa abitudine in un maschio, sebbene con ostentata noncuranza qualche gocciolina di tanto in tanto era caduta pure sui suoi abiti. Così, dopo quello per la madre, gli era rimasto l’imbarazzo dal giustificare il fratello e pure sé stesso.
Il Signore di Notte. Un giallo nella Venezia del 1605, romanzo di Gustavo Vitali (2020)
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