Il Movimento di Comunione e Liberazione. Da 50 anni nella Arcidiocesi di Napoli

La scorsa settimana, nel Duomo di Napoli, alla presenza di centinaia di partecipanti, l’Arcivescovo Domenico Battaglia ha presenziato alla celebrazione eucaristica per il cinquantesimo anniversario del movimento di Comunione e Liberazione a Napoli e in Campania.

Era l’ottobre del 1971. Come documentano le fonti ufficiali, alcuni Universitari, che vivevano a Napoli il carisma che avevano incontrato nei paesi di origine, cominciarono a vivere l’esperienza di Comunione e Liberazione che era, già da qualche anno, iniziata a Milano con Don Luigi Giussani.

Allora erano studenti di Ingegneria, di Filosofia, di Medicina, di Farmacia. Un piccolo nucleo, il cui seme sarebbe attecchito e fiorito fino ad oggi con famiglie, universitari, studenti medi, giovani lavoratori. Sono anni di grande dinamicità e il Movimento si diffonde in tutti gli ambiti: la scuola, l’università, le parrocchie, le fabbriche, i luoghi di lavoro, spesso sfidando con successo ambienti culturalmente e politicamente ostili. Si ricordano spesso, ed ora con un sorriso, le battaglie in Università quando rispondendo alle esigenze delle matricole si organizzavano incontri di avvio allo studio, di introduzione al nuovo mondo universitario e, purtroppo, c’era chi non vedeva di buon occhio questa operosità rispetto a temi fortemente ideologici. E così in università con la Cusl (Cooperativa Universitaria Studio e Lavoro), e altre opere come il Banco Alimentare, ancora di più oggi una realtà nazionale che sostiene capillarmente migliaia di famiglie indigenti, attività di doposcuola, di assistenza alle famiglie con le Suore di Carità dell’Assunzione, sostegno parrocchiale.

La realtà del movimento di CL stupisce, da subito, con la sua proposta rivolta innanzitutto alla ragione e alla libertà, con il suo invito all’incontro con la bellezza – musica, poesia, natura – e con la sua capacità di toccare le profondità del cuore umano, le esigenze fondamentali che lo costituiscono.

La nostra storia si innesta in quella di tutto il Movimento di Comunione e Liberazione e, tramite il Movimento stesso, nella Chiesa universale e particolare.

Una vita da raccontare in tutti questi anni: una realtà fervente che ha avuto negli anni ’80 e ‘90 una sostanziale e ricca presenza di universitari e giovani lavoratori che, nella vita di comunità negli appartamenti e una presenza stabile nelle Università regionali, ha testimoniato quanto fosse importante la concretezza della fede nella ragionevolezza del quotidiano. Una costante presenza sui luoghi di lavoro per documentare che la vita vale la pena viverla, che il positivo della realtà va ricercato continuamente dentro una carnalità fatta di volti, di uomini e donne in tensione. Che non può esserci distanza tra una vita “di parrocchia” e un’altra dove i problemi del quotidiano, della famiglia, dei figli, del lavoro creano apprensione e fatica di continuo. Don Giussani ha sempre testimoniato quanto l’avvenimento cristiano fosse una sfida alla nostra persona. Una proposta che si incarna in esperienza, che si è andata approfondendo man mano nell’impatto con lo “scandalo” dei nostri limiti, della nostra pochezza ma che matura e tende incessantemente giorno dopo giorno.

Comunione e Liberazione è, infatti, essenzialmente, una proposta di educazione alla fede cristiana. Un’educazione che non finisce ad una certa età, ma continua sempre, perché sempre si rinnova e sempre si approfondisce. Accade così nell’esperienza dell’amore umano, nella creazione artistica e persino nella vita semplice di ogni giorno. La ricerca del vero, del bello, del giusto e della felicità non finisce mai. E così è il cristianesimo: un’avventura della vita, e non una “preparazione” alla vita. Lo strumento fondamentale di “educazione” degli aderenti al Movimento è la Scuola di Comunità, che consiste nella lettura e nella meditazione personale di un testo, cui seguono incontri comunitari che si svolgono per piccoli o grandi gruppi, negli ambienti della vita pubblica o nelle case.

Il metodo è un continuo paragone della proposta cristiana con la vita, per verificarne costantemente – alla luce dell’esperienza – la capacità di rispondere alle esigenze dell’uomo in ogni aspetto della realtà. È proprio quello che l’Arcivescovo ha sottolineato nella sua omelia: tornare alle origini non come puro ricordo ma come possibilità di riprendere il proprio desiderio a cui può rispondere solo l’avvenimento di Cristo presente. Proprio per questo la festa non è festa di ieri, di 50 anni fa ma è la festa di oggi, di una presenza viva oggi e questo è stato ancora più chiaro nella serata dove si è cantato e ballato insieme presso i luoghi della Curia. Ci veniva ricordato qualche giorno fa che “non lo si sceglie il Maestro; lo si riconosce!”. I rapporti stretti con le autorità ecclesiastiche, da Ursi a Giordano a Sepe così fino a Battaglia, con la partecipazione assidua alle indicazioni della Chiesa locale hanno sempre suggerito a chi guardare per poter seguire Cristo. Così il nostro cammino è stato e sarà sempre più lieto e certo, a cominciare da ora, insieme con tutta la Chiesa di Napoli, per una quotidianità che suggerisca che la vita vale la pena essere vissuta nel riconoscimento più vero di Chi solo può.

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About Innocenzo Calzone

Giornalista pubblicista, architetto e insegnante di Arte e Immagine nella scuola Secondaria di I grado, è caporedattore di un giornale d'Istituto con ragazzi della scuola Primaria e Secondaria. Appassionato di calcio, arte e musica, vive a Napoli. Ha pubblicato diversi articoli in riviste di architettura e in ambito educativo-scolastico.