Red Land, in un film il tributo alle vittime delle Foibe
Sono in attesa come tanti italiani di vedere il flm Red Land di Maximiliano Hernando Bruno; aspettavo una pellicola che parlasse chiaro della questione delle Foibe. Ho letto anche i commenti che ne ha fatto l’Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia che, insieme alle associazioni degli esuli istriani e dalmati, promuove iniziative per far conoscere quello che accadde durante e alla fine della seconda guerra mondiale alle popolazioni al confine orientale e nell’area istriana ad opera dei partigiani comunisti titini. I commenti sono positivi e ciò mi convince ancora di più a vederlo. Ma ciò che mi sta disturbando immensamente è l’uso politico che si sta facendo del film. Ciò non può che nuocere alla pellicola, alla Storia e all’Italia.
La legge 30 marzo 2004 n. 92, con cui lo Stato Italiano istituì il Giorno del ricordo, riconoscendo alle vittime delle Foibe la dignità di martiri, fu una legge voluta trasversalmente da tutto il governo di allora, costituito da forze di destra e di sinistra. La legge conciliò una frattura mai sanata e permise all’Italia di lavarsi di dosso quasi 60 anni si silenzi colpevoli.
Oggi leggo rivendicazioni e accuse rivolte da personaggi di destra come Maurizio Gasparri, cui si aggrega anche il vice premier Matteo Salvini, infervorato sull’argomento, che aizzano l’odio contro i comunisti italiani, complici, e in qualche caso lo furono, dei partigiani comunisti slavi a servizio di Broz Josep Tito.
Le motivazioni che spinsero il governo italiano, appena uscito da una guerra persa e male, a seppellire sotto quel colpevole silenzio le stragi compiute dagli slavi, sono riconducibili a convenienze di carattere politico. Gli alleati che presero il pieno controllo del Territorio Libero di Trieste, dopo che i tedeschi furono costretti, con l’aiuto dei partigiani italiani, ad abbandonare il Litorale Adriatico, contribuirono a nascondere quei delitti per l’importanza che Tito e la sua Jugoslavia stavano assumendo nei confronti del blocco comunista. Una situazione che di lì a poco avrebbe portato alla costruzione del muro e alla guerra fredda. Tito serviva da cuscinetto e, siccome la peggiore paura degli italiani è stata sempre quella di una invasione comunista – cedo per motivi di spazio a un’estrema sintesi consapevole di semplificare situazioni che invece sono molto complesse – il costo da pagare per scongiurare il pericolo, fu pagato. Le centinaia di migliaia di esuli prodotti dalla persecuzione titina nei territori divenuti di competenza slava furono sì accolti e integrati nelle varie città italiane, ma coperti da un silenzio e da una damnatio memoriae che non fece onore al nostro Paese.
Si trattava di italiani che vivevano da sempre in quei luoghi e soprattutto nell’Istria costiera e a Fiume, non necessariamente erano fascisti e chi di loro lo era non lo era più di altri; erano, in molti casi, persone che ricoprivano ruoli sociali di pubblica utilità o appartenevano alle forze dell’ordine o erano vittime di invidie e gelosie di chi voleva appropriarsi della loro abitazione e delle loro proprietà. Sta di fatto che dovettero abbandonare la loro storia e tutto ciò che avevano lo caricarono sui carri con i quali passarono il confine. La loro persecuzione avvenne anche nell’area di Trieste, ma i profughi provenivano dalle zone capitate ad Est della linea Morgan, dalla Zona B in poi, per capirci.
Oggi i fantasmi vengono risuscitati non per dare loro l’onore che meritano, non per riconoscere l’amore che portarono per la loro Patria, non per condannare l’odio che si impossessò del mondo in quel periodo bellico e post bellico, ma per fare della becera politica locale, irrispettosa di tutti.
Mi dispiace perché il film è stato sicuramente prodotto con altro intento e così rischia di essere proposto solo in contesti di tendenza e non a tutti. Lo vedrò comunque e continuerò la mia battaglia personale perché le stragi delle foibe siano conosciute e a queste persone venga dato il posto che meritano nella Storia.
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