LA SFILATA DEI BATTENTI A MONTEFORTE IRPINO (AV) – Tra culto e tradizione

Fonda le sue radici nella devozione popolare qualche volta fatta di gesti fisici che lasciano perplessi anche molti  cattolici; eppure la sfilata dei Battenti rimane una tradizione seguita anche dai più giovani.

Dedicata alla Madonna del Monte Carmelo, che si festeggia il 16 luglio, la manifestazione, dopo una novena cominciata il 7 luglio, richiama tutti gli affiliati all’Arciconfraternita dedicata al culto della Vergine, che fa capo alla Chiesa di località Portella di Monteforte Irpino, risalente al XIII secolo, a prendere parte ad una vera e propria parata che prende il via dal vicino capoluogo, Avellino.

Vestiti con maglietta e pantaloni bianchi con una fascia rossa in vita, dopo aver partecipato alla Messa in parrocchia la mattina molto presto, i battenti si recano ad Avellino, dove nei pressi di via Roma, scalzi, si preparano ad affrontare l’asfalto rovente dei quasi dieci chilometri di via Nazionale, che li condurranno dopo alcune ore alla Chiesa della Portella, situata in uno dei luoghi più alti del centro abitato.

La sfilata viene cadenzata dagli ordini di marcia di un caposquadra  munito di una trombetta, che detta anche il ritmo dell’andatura. Lungo la strada, nella parte finale del lungo percorso, parenti e amici affidano ai battenti le loro preghiere e i mazzi di fiori da consegnare alla vergine. Tra di loro molti giovani e anche bambini, che di solito prendono però parte alla sfilata nell’ultimo tratto. La commozione è viva nelle facce di chi li attente al ciglio della strada accogliendoli con un applauso. Alcuni tra i battenti più devoti o portatori di un particolare voto, dopo aver compiuto tutto il cammino e l’erta ripida che porta alla Chiesa, compiono gli ultimi metri in ginocchio o a quattro zampe e questo è il momento più suggestivo per coloro che partecipano al rito. Dopo la deposizione dei fiori ai piedi della statua della Madonna del Carmelo e il bacio al suo mantello, i battenti e i fedeli si dispongono a seguire la cerimonia eucaristica tutti insieme. Solo nel pomeriggio una processione porterà la statua della Madonna giù nella Chiesa parrocchiale dedicata a San Nicola di Bari, dove sarà lasciata per tutta l’estate. I paesani, materializzando l’evento religioso, usano dire che in questo periodo la Madonna della Portella “va in vacanza”.

Ad agosto poi si svolge un’altra festa in onore della Madonna del Carmelo, durante la quale concerti bandistici e di musica leggera allietano le fresche e pigre serate estive. La statua rimane nella Chiesa parrocchiale fino a quando, la prima o la seconda domenica di settembre,  con una processione la Madonna torna alla Portella.

Qualcuno obietta a riguardo che esiste una linea sottile che separa il senso del sacro da quello del profano, vedendo in questo tipo di esternazioni solo il residuo di un retaggio pagano. Sebbene sia difficile attribuire a questo tipo di manifestazioni  un significato diverso da quello squisitamente folkloristico, occorre fare qualche considerazione sull’aspetto religioso che esse rivendicano. Il popolo cristiano è ricco e variegato e il modo più naturale e primitivo per esprimere la propria fede così come i propri sentimenti  è per molte persone legato all’aspetto fisico.

La necessità di esprimere la propria sottomissione alla divinità può quindi assumere connotazioni che sembrano cozzare con l’interiorità cui l’immaginario collettivo lega l’espressione della spiritualità. Molte persone, cioè,  si esprimono meglio con il gesto fisico che con la preghiera, con il lavoro piuttosto che con la pratica dei sacramenti e c’è da giurare che i partecipanti alla sfilata, tranne qualche caso di masochismo, sono consapevoli di essere esposti per tutto il percorso al rischio di essere derisi e di sentirsi male, ma comunque mettono sul tappeto la loro posizione sociale, dichiarando senza vergogna la propria appartenenza al culto di Maria. Altro elemento da tenere in conto è l’importanza delle tradizioni familiari che vedono di anno in anno i figli affiancarsi ai genitori fino a sostituirli in quello che diviene un filo di unione con la cultura dei propri avi.

Eleonora Davide

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