Le donne Giraffa della Thailandia.Rifugiate o fenomeno da circo?

La tribù a cui appartengono le donne giraffa è conosciuta come Karen che fa in realtà parte di un sottogruppo chiamato Padaung.
Queste tribù di origine birmana si sono rifugiate in Thailandia a causa del regime militare nel Paese in cerca di un proprio territorio, di asilo politico e di aiuto. Purtroppo gli esiti non sono stati così fortunati come speravano.

Il nome “donna giraffa” è dovuto al fatto che attorno al collo indossano degli anelli di ottone che si cominciano a mettere all’età di 5 anni. Ad ogni anno compiuto se ne aggiunge uno, fino a 20, 5 chili di peso in totale. Il risultato è l’illusione di un collo lungo proprio come quello della giraffa.
A tal riguardo c’è da sfatare il falso mito secondo cui con questi anelli si allunghi il collo, la realtà è che questa non è altro che una sorta di illusione ottica, l’allungamento del collo infatti porterebbe alla paralisi o addirittura alla morte.
Quello che succede è che la pressione degli anelli spinge giù la clavicola e le costole superiori così che dopo anni sembra che la clavicola stessa faccia parte del collo e pare che questo sia allungato.

Le ragioni per cui la tribù Padaung pratica ciò sono diverse o meglio, ci sono tante spiegazioni ma nessuna davvero è stata mai confermata.
La loro mitologia dice che lo si fa per evitare che le tigri le aggrediscano.
Altri dicono che sia fatto per rendere le donne meno attraenti così che non possano essere catturate da eventuali procacciatori di schiavi.
La spiegazione più plausibile e credibile è invece proprio l’opposto di quest’ultima, un collo lungo è considerato simbolo di bellezza e prosperità. Un collo lungo attrae gli uomini e così il futuro marito.

La tribù Padaung è immigrata in Thailandia non più di 10 anni fa e velocemente gli abitanti sono diventati l’attrazione turistica più redditizia nel nord nel Paese.
Sembra infatti che la Thailandia non li lasci liberi di lavorare e di farsi una propria vita, sono letteralmente tenuti come animali in uno zoo, vendono i loro souvenirs ai turisti che tutti i giorni accorrono con le loro macchine fotografiche e li guardano come fenomeni da baraccone e devono sorridere a chiunque facendosi riprendere e fotografare come scimmie in una gabbia.
La maggior parte di queste donne viene relegata in una stanza a tessere tutto il giorno e vendere questo artigianato che il turista inconsapevole non sa essere una via di guadagno per il governo piuttosto che per la sorridente donna.
Una vita da clichè che non rappresenta quella che è la realtà.

Per i turisti è un’avventura salire su una gip e attraversare la foresta infestata dai serpenti per vedere queste donne con il lungo collo ma per gli abitati la realtà è un’altra.
Hanno dovuto soffrire gli orrori del regine birmano e rifugiandosi in Thailandia hanno creduto d potere trovare una terra in cui potere vivere serenamente, qui invece sono stati trasformati in oggetti turistici, sono letteralmente forzati a vivere relegati nel villaggio e a portare avanti questa scenetta facendo finta che tutto quello sia normale.

Luigia Meriano

 

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