Revenge porn (Parte seconda)

Per leggere i precedenti articoli della rubrica GIOVANI E SOCIETA’: L’ESPERTA RISPONDE,tra cui la prima parte dell’articolo, cliccare QUI

Quali sono le leggi sul Revenge porn in italia?

In Italia, fino a metà 2019, non esisteva alcuna legge specifica in materia e l’unica possibilità riconosciuta alle vittime era quella di fare riferimento alla normativa sui reati di diffamazioneestorsione, violazione della privacy e trattamento scorretto dei dati personali.

E’ con la legge n. 69 del 19 luglio 2019, in Gazzetta del 25 luglio e in vigore dal 9 agosto, denominata Codice Rosso, che il reverge porn è stato identificato come un reato previsto e punito dall’art.612 ter del Codice Penale.

La pena prevista

La nuova fattispecie di reato punisce: “Chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde, senza l’espresso consenso delle persone interessate, immagini o video sessualmente espliciti, destinati a rimanere privati – con – la reclusione da 1 a 6 anni e la multa da 5.000 a 15.000 euro”. La stessa pena sarà applicata anche nei confronti di chi, avendo ricevuto o acquisito le immagini o i video, li diffonde a sua volta al fine di recare danno agli interessati.

Le aggravanti

 La pena è aumentata se i fatti sono commessi dal coniuge, anche separato o divorziato, o da soggetto che è o è stato legato da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se i fatti sono commessi attraverso strumenti informatici o telematici. La pena è aumentata da un terzo alla metà se i fatti sono commessi a danno di persona in condizione di inferiorità fisica o psichica o di una donna in stato di gravidanza e il reato è procedibile d’ufficio.

Alle leggi e norme dei diversi stati, si affiancano l’art.12 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e l’art.8 della Convenzione Europea sui Diritti dell’Uomo che ribadiscono il carattere primario e assoluto del diritto alla privacy contro qualunque eventuale rivendicazione del diritto di espressione. Il mancato consenso della vittima alla diffusione di materiale intimo e privato non deve e non può conoscere nessun tipo di eccezione.

 La norma anti-porno: art. 7 decreto giustizia 25/06/2020

 Il 25 giugno è stato approvato alla Camera il decreto giustizia che riguarda svariate misure, tra cui una norma che prevede che i contenuti pornografici online vengano bloccati in automatico da tutti i dispositivi tecnologici provvisti di collegamento internet su territorio italiano. Il titolo di questa norma è “Sistemi di protezione dei minori dai rischi del cyberspazio”.  Essa prevede un filtro parental control, a carico di tutti i gestori di telefonia, automatico per tutti i dispositivi e a prescindere dal fatto che sia potenzialmente usata da minorenni. Perciò per disattivare il blocco, il consumatore maggiorenne intestatario del contratto internet dovrebbe inviare una specifica richiesta al gestore del servizio.

E le leggi contro il Revenge porn nel mondo?

Il primo paese a dotarsi di una legislazione contro il revenge porn è stata la Repubblica delle Filippine, nel 2009. Il provvedimento intende tutelare “l’onore, la dignità e l’integrità della persona”, predisponendo pene dai 3 ai 7 anni per i trasgressori.

Tra i paesi più all’avanguardia in tema di reati digitali, ci sono gli Stati Uniti, paese in cui il diritto penale viene lasciato all’iniziativa dei singoli stati. Tra questi, ben 41 si sono dotati di una legge contro il revenge porn, con pene dai 3 ai 5 anni e con una multa fino a 15mila dollari.

Di recente l’organo legislativo di New York, grazie ad una mozione sostenuta dal governatore Andrew Cuomo, ha approvato un disegno di legge piuttosto all’avanguardia sul tema del revenge porn, che permette al giudice di ordinare a siti web e piattaforme di social network la rimozione del contenuto sensibile.

 Nel Regno Unito il revenge porn è diventato un reato a partire dal 2015 e qui le pene arrivano fino a 2 anni di reclusione.

 La Francia si è dotata di una legislazione in materia di revenge porn già a partire dal 2016, grazie alla legge di contrasto al cyber-crimine, che punisce i diffusori di materiale privato a carattere sessuale con 2 anni di detenzione e multe fino a 60mila euro.

 La Nuova Zelanda, che nel mese di giugno di quest’anno, ha lanciato una campagna video di sensibilizzazione, in merito proprio all’accesso senza controllo dei pre-adolescenti al porno, diventato virale nel mondo. All’insegna dello slogan “Keep it real online”, il Governo neozelandese fornisce loro un sito di supporto e di aiuto. Un approccio che non demonizza l’esistenza del porno e la sua industria cinematografica, ma che parte dall’assunto che gli adolescenti, in quanto fortemente esposti e di conseguenza curiosi, necessitano di ascolto, guida, informazioni e supporto su ciò che riguarda la sessualità e le relazioni. 

È stata svolta un’indagine da Amnesty International. Quali i risultati?

Secondo una ricerca di Amnesty International che ha coinvolto 4000 donne di otto Paesi diversi, 911 di queste hanno subito molestie o minacce online. Per quanto riguarda l’Italia, una donna su cinque ha riferito di aver subito minacce di aggressione fisica o sessuale. Il risvolto psicologico di tale fenomeno sulle vittime, è spesso devastante.  In un’altra ricerca il 93% delle vittime ha dichiarato di avere vissuto un forte stress a livello emotivo e psicologico, l’82% ha sofferto danni in termini sociali e occupazionali, il 34% ha assistito alla compromissione delle proprie relazioni familiari, il 38% di quelle amicali e il 13% di quelle sentimentali, il 51% ha pensato al suicidio, il 49% ha dichiarato di aver subito molestie online da utenti che avevano avuto accesso al loro materiale privato. Il 59% delle vittime ha assistito alla condivisione del proprio nome completo, il 26% del proprio indirizzo e-mail, il 16% del proprio indirizzo di residenza e il 20% del proprio numero di cellulare.

A quale età iniziano oggi i bambini ad avere il proprio smartphone?

Si è abbassata l’età media di accesso, sono aumentate le ore sulle piattaforme, lo smartphone è diventato il compagno quando non si riesce a prendere sonno. L’uso degli smartphone sempre più precoce, ha delle gravi conseguenze sul piano dello sviluppo personale: “L’essere costantemente in vetrina e psicologicamente dipendenti dal giudizio degli altri” – afferma Maurizio Tucci, presidente di Laboratorio Adolescenza – “li rende insicuri al punto di modificare il modo di comunicare tra loro”.

I dati dell’indagine “Adolescenti e stili di vita”, svolta dal Laboratorio Adolescenza e Istituto di Ricerca Iard, due centri di studio sui più giovani, evidenziano che circa il 60% degli intervistati nell’indagine ha avuto il suo primo cellulare tra i 10 e gli 11 anni, ma oltre il 28% lo ha avuto in regalo prima dei dieci anni.

Il 54% inizia la sua vita in rete nei social network tra gli 11 e i 12, e il 12% addirittura prima dei 10 anni. Confrontando i dati con quelli relativi all’edizione 2017 della stessa indagine, si registra una precocizzazione dell’accesso ai media e una scarsa conoscenza degli strumenti. È in aumento la percentuale dei giovanissimi che non utilizza alcuno strumento di protezione del proprio profilo. Nonostante i social network abbiano un’età minima di accesso, non è un motivo di rinuncia: il 47% indica l’età minima per poter accedere, il 20% un’età a caso e il 23% di essere comunque maggiorenne. Durante l’infanzia non c’è a maturità psicologica per saper affrontare i social, quindi i rischi connessi alla rete. L’esposizione continua virtuale provoca ansia da prestazione, implementando dunque la fragilità dei giovani.

È in aumento l’uso dei social da parte dei giovani? E quali social preferiscono?

La consapevolezza di una mancanza nelle relazioni è chiara tra gli adolescenti. “È più facile fare amicizia online che dal vivo, anche se poi mi accorgo di non sapermi rapportare veramente con le persone”, dice Michele, 14 anni. “Mi piace poter contattare i miei amici istantaneamente, non mi piace invece il fatto che a volte quando si è insieme è come se ci fosse un vetro che separa le persone e ognuna è nel suo mondo con il proprio telefono”, aggiunge Martina, 15 anni.

I social preferiti

Si conferma il progressivo calo di Facebook e l’incremento di Instagram, in crescita anche Snapchat. Diventa consistente l’utilizzo di Telegram e This Crush, quasi inesistenti nel 2016. La ricerca non prende invece in considerazione TikTok, che tra fine 2019 e inizio 2020 è esploso. WhatsApp? Praticamente non è neanche considerato un social, ma uno strumento incorporato nello smartphone. Martina, per esempio, dice di usare “molto Tiktok, Netflix, Instagram, Whatsapp, in media ci sto 2 o 3 ore al giorno”.

Social e cyberbullismo

Si è registrato un incremento dei casi di cyberbullismo fra i giovani e anche i disturbi del sonno. Dall’indagine risulta che il 40% dei giovani è entrato in contatto, direttamente o indirettamente, con episodi di cyberbullismo. Il 56% dice che la prima cosa da fare, in caso si diventi vittima di un episodio di cyberbullismo, è avvisare i genitori Solo il 6,8% dei ragazzi intervistati afferma di dormire almeno 9 ore per notte, quantità di sonno adatta alla loro età, mentre il 20% dorme addirittura meno di 7 ore. Molti di loro riferiscono di avere problemi ad addormentarsi e al 66% (72,3% delle ragazze) capita di svegliarsi durante la notte e di non riuscire più a riprendere sonno. Il telefono e il mondo dei social, sono immancabili compagni di insonnia degli adolescenti. Il circolo è vizioso, perché cosa fa un adolescente quando non riesce ad addormentarsi? Il 44% di loro naviga in internet o utilizza i social. Leggere un libro? Solo il 10%.

Quali sono le mie riflessioni finali?

La riflessione che opero è di provare ad attirare l’attenzione degli adulti, genitori, insegnanti, educatori, operatori della salute, rispetto allo stile di vita dei più giovani, dell’utilizzo degli smartphone e di tutti gli strumenti digitali a loro disposizione. L’uso improprio di tali devices rappresenta un grande pericolo per i giovani ed è quindi compito degli adulti aiutarli, istruirli ed informarli in merito ad un uso congruo e corretto del mondo digitale oltre che educarli ad un rispetto della propria privacy e di quella altrui. L’intervento in campo normativo risulta senza dubbio un passo in avanti, così come le tante realtà di aiuto e sostegno alle vittime, sportelli online e assistenza psicologica, si configurano come preziosi spazi a cui, in privacy e sicurezza, le vittime possono rivolgersi. In un quadro in cui la privacy e la dignità di molte donne viene violata da soggetti più o meno vicini a loro che scelgono di darle in pasto alla violenza di gruppo, ciò che è certo è che non esiste una soluzione rapida a questo problema. Questa deve nascere da un cambiamento che è culturale e richiederà tempo.

©Riproduzione riservata

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About CHIARA VERGANI

Chiara Vergani, insegnante, pedagogista, formatrice sulle problematiche del bullismo, specializzata in criminologia e tutela del minore. Tiene conferenze in tutta Italia, interviene in molti programmi televisivi e radiofonici, collabora con diverse testate giornalistiche. Ha pubblicato Lo scacco rosso. Storie di bullismo (2018); Mai più paura. Il bullismo spiegato a tutti (2019); Il mondo si è fermato. Non voglio scendere (Ebook 2020); Le voci della verità (2020); Libere dall’inferno (2021); Professione docente in tempi di guerra (2022); Bipolari in bilico (2022); Io sono Darty (2023); Soft skills (2023).