Spazio

Definire i propri spazi e i propri confini è forse un bisogno naturale dell’essere umano per poter scoprire il proprio io e vivere in armonia con la propria essenza, ma anche con l’altro. Il nostro viaggio alla scoperta delle parole ci porta proprio a navigare nello spazio.

Il termine spazio deriva dal latino spatium e, come riporta la Treccani, potrebbe essere un derivato di patēre ‘essere aperto’.

D’altronde una delle prime accezioni del termine è proprio quella di un luogo illimitato, senza confini in cui sono contenute tutte le cose materiali. Eppure, lo spazio, tanto, tantissimo spazio vuoto, è contenuto nell’universo insieme alle galassie e alle stelle. Proprio questa sua natura, potenzialmente illimitata, di cui sappiamo sempre di più, e ancora poco, risveglia quel desiderio innato dell’uomo di sfamare la propria sete di curiosità, di abbattere ogni confine e spingersi sempre oltre. L’immensità del cielo ha sempre accompagnato l’uomo affascinandolo e diventando specchio per l’anima. Anche lo spazio che tutto contiene ha una sua solitudine, sostiene Emily Dickinson (Ha una sua solitudine lo spazio), come il mare o la morte, eppure diventano folla in confronto a quel punto più profondo / segretezza polare / che è un’anima al cospetto di se stessa.

Non è un caso, poi, se esplorare lo spazio, conosciuto e spesso sconosciuto, diventa sinonimo di ricerca di se stessi. Ne sono ricchi i libri di protagonisti che escono dal proprio quotidiano, specialmente dopo eventi traumatici, per partire per lunghi viaggi alla scoperta di terre sconosciute, trovando, lungo il cammino, parti di sé che erano state perdute. Cheryl, per esempio, protagonista di Wild di Cheryl Strayed, dopo la perdita della mamma a causa del cancro e la mancanza di quel legame che la univa anche ai fratelli, e preda di un dolore che sembra non riuscire a placare, comincia un lungo viaggio lungo il Pacific Crest Trail. Un cammino impervio tanto quanto quello verso se stessi.

Può sembrare un paradosso, ma se l’esplorazione dello spazio indefinito diventa salvifico, lo è altrettanto definire confini soprattutto per riuscire a vivere relazioni sane con gli altri. L’uomo è un essere sociale si nutre di quella linfa vitale che trova nei rapporti umani, nello scambio tra persone, nel calore umano. Eppure proprio questa vicinanza può essere la causa di dolori più grandi. Qual è allora la corretta distanza per avere il calore necessario senza farsi del male? È il dilemma del porcospino, un paradosso, raccontato come una favola da Schopenhauer, riflettendo, attraverso l’animale dotato di spine, quanto sia difficile vivere insieme agli altri e saper disegnare dei confini, una giusta distanza per darsi calore e non ferirsi a vicenda.

Lo sa bene Cinzia Tabacco che ha imparato l’importanza di mantenere la distanza giusta nel corso di un’esperienza lavorativa in uno dei primi Telefono Amico. Ma, soprattutto, l’ha scoperto in quel lungo percorso intrapreso nella sua vita per imparare a comprendere quali fossero i suoi confini e la sua natura più profonda e vera. Un cammino a volte impervio, ancor più di un lungo viaggio nella natura selvaggia, in cui più volte ha dovuto fare a pugni con una realtà che le stava stretta, molto spesso dettata dalle aspettative della società, o una realtà plasmata dai sentimenti e dalle emozioni, che non le permetteva di vedere la vera natura delle cose che la circondavano, e le cicatrici a corpo e anima che queste le procuravano. Da Trieste a Roma fino all’Africa e all’India, dalla vita in città fino a quella in camper, che l’ha portata accanto al mare, lì dove cuore e anima si sentono a casa. Mille vite in una che l’hanno condotta al Coaching e che ha consegnato agli altri in un libro nella speranza che anche loro possano, un giorno, trovare il senso della vita e soprattutto se stessi. (Davanti al mare, Edizioni Marketing d’Autore).

Anche Emilio Lonardo con la sua terza raccolta Lo spazio dell’attesa. Versi trovati nelle pieghe del quotidiano (Edizioni Il Papavero) continua il suo viaggio, la sua esplorazione di quello spazio che è linfa vitale, lì dove nasce la poesia e la vita: lo spazio dell’attesa. Come un limbo di terra tra il mondo interiore e la realtà, tra ciò che è reale e ciò che non lo è, e, in qualità di poeta, dà vita ai vuoi versi proprio per colmare quella distanza: è per questo che scrivo, scrivo versi, scrivo verso. Quella terra di mezzo che divide noi stessi dalla realtà, che ci chiede di agire, di essere sempre puntuali, sempre in corsa contro il tempo. Una visione limitata / che abbiamo noi / pensando al mondo / nel suo spazio del tempo / perché tutti parlano / di andare avanti o indietro / nel tempo / e mai / per esempio / a destra. Una visione limitata che ci fa vivere da comparse e ci fa dimenticare che la vita è adesso, nei ritardi, negli anticipi, in quegli attimi di quotidianità inaspettati, sorprendenti, in cui le storie di ognuno di noi prendono forma e noi con essi.

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About Martina Bruno

Martina Bruno, laureata in Lingue e Letterature Moderne, classe 1996, fermamente convinta che la comunicazione e la cultura, in tutte le sue sfaccettature, siano elementi fondamentali per entrare in relazione con gli altri e con il mondo. Non posso smettere di essere curiosa e osservare, c’è troppo da scoprire, assaporare e raccontare.