L’arresto di Settimo Mineo e la nuova stagione di Cosa Nostra: struttura e organizzazione della Mafia 2.0
Due dati emergono incontrovertibilmente dopo la cattura di Settimo Mineo, il nuovo Capo della Mafia palermitana: da un lato, la mai celata consapevolezza che Cosa Nostra sia ancora viva e vegeta nonostante “si veda” sempre meno; dall’altro, la rinnovata istituzione e operatività della Commissione provinciale. Ma se, di primo acchitto, questi due elementi sembrano non rappresentare una novità nella cronostoria della criminalità organizzata siciliana, bisogna leggere il dato sotto un altro punto di vista: in un periodo di indubbia flessione – anche – per le mafie italiane, Cosa Nostra siciliana è riuscita non solo a rimanere attiva, ma addirittura ha avuto modo e volontà di riattivare quello che la Magistratura ha definito “strumento di simildemocrazia” all’interno di quella che rimane comunque un’organizzazione verticistica. Non a caso, l’operazione che ha portato all’arresto del nuovo Boss Mineo è stata denominata “Cupola 2.0“. L’intento è quello di richiamare la ricomposizione della Commissione Provinciale che, a detta dei collaboratori di giustiza, non si sarebbe più riunita dal 1993, nel pieno della guerra che Totò Riina dichiarò allo Stato Italiano.
IL REGNO DI MINEO: AFFINITA’ E DIVERGENZE COL PREDECESSORE RIINA – Settimo Mineo è l’erede di Totò Riina (perchè è l’unico ad aver presieduto la Commissione dopo il Capomafia di Corleone), ma le strategie dei due boss appaiono essere ampiamente differenti. Quello di Riina era stato un “regno” assolutistico, costruito a immagine e somiglianza del Capo dei Capi che deteneva un potere incondizionato e incontrovertibile. La Cupola 2.0 – secondo quanto emerso dalle intercettazioni ambientali che hanno aiutato il capo della DDA Lo Voi a ricostruire dinamiche e struttura della nuova Mafia – aveva invece bisogno di un capo capace di mediare tra le vecchie e le nuove leve: questo è stato il ruolo ricoperto da Settimo Mineo, ex figlioccio del Capomafia Nino Rotolo e condannato per mafia già ai tempi del Maxiprocesso istituito da Giovanni Falcone.
NIENTE TELEFONI E POCHI SPOSTAMENTI – Il Modus operandi del nuovo capo della Cupola ricorda quello di Bernardo Provenzano. Sempre attento agli spostamenti e fermamente contrario all’utilizzo dei telefoni, Mineo preferiva addirittura raggiungere a piedi i luoghi degli incontri con altri capiclan, con i quali aveva stabilito – secondo quanto emerso dalle intercettazioni a Francesco Colletti, capomafia di Villabate – una strategia di non invadenza territoriale.
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