A COLLOQUIO CON MASSIMILIANO BUZZANCA di Giovanni Moschella


Ci parli dei suoi studi e della sua formazione.

In realtà i miei studi sono relativi a ciò che ho potuto rubare osservando mio padre studiare i personaggi e lavorando sulla memoria del personaggio stesso. Poi mi sono laureato in giurisprudenza e, sia per fare più un favore all “augusto” genitore che per mia volontà, ho anche esercitato la professione di avvocato per circa dieci anni poi, dopo aver dimostrato a mio padre che non ero il classico “figlio d’arte” che sceglie il mestiere del padre per convenienza e non per “amore”, ho chiuso lo studio legale e ho incominciato questa seconda vita… Prima di calcare il  palcoscenico, però, anche per capire se ero in grado di poter fare questo mestiere, ho fatto una serie di corsi cosiddetti “full immersion” dove ho approfondito lo studio del metodo Stanislavsky e poi, all’insaputa di mio padre, ho preparato un testo (Novecento di Baricco), affittato un piccolo teatro per una settimana, e sono andato in scena per vedere sia che effetto faceva su di me, sia che effetto   facevo sul pubblico. Quando ho visto che lo spettacolo funzionava ed io ricevevo delle buone critiche, sono andato da mio padre e gli ho comunicato che avrei smesso di fare l’avvocato per diventare attore, risultato, è stato sei mesi senza parlarmi fino a quando mi ha visto in una fiction e mi ha chiamato per farmi i complimenti….

 

Quando nasce l’interesse per la recitazione.

Il mio interesse per la recitazione nasce da sempre, da quando da bambino vedevo i film in televisione con mio padre il quale mi spiegava i movimenti della macchina da presa, i segreti della recitazione di un attore e le piccole “chicche” che fanno di un buon attore un “grande”attore, cose che devi avere dentro e che nessuno ti potrà mai insegnare perché dipende da come studi il personaggio e da come entri nel personaggio. Poi c’è un episodio in particolare che rappresenta una sorta di spartiacque: avevo 11 anni e mio padre doveva debuttare a teatro al Sistina di Roma con una commedia musicale “forse sarà la musica del mare” e aveva 38 di febbre; gli dissi che se non se la sentiva avrei potuto sostituirlo io, visto che conoscevo la commedia a memoria… Papà mi rispose che se non ce la faceva, avrei potuto sostituirlo, dopo di che mi sono precipitato sul palcoscenico a sipario chiuso e ho provato da solo tutta la commedia, convinto di sostituirlo…quando sono tornato nel camerino ero tutto sudato, emozionato ma pronto e felice di debuttare… Papà mi ha guardato con tenerezza e mi ha detto “adesso sto meglio,vado io in scena”… Secondo voi, avrei mai potuto scegliere un altro mestiere?

Si divide tra teatro e cinema quale dei due le trasmette più emozioni.

Credo che la differenza sostanziale tra teatro e cinema sia quella che passa per un cantante tra incidere dischi e fare i concerti… In teatro non c’è la possibilità di un secondo ciak… E sono convinto che un attore che fa teatro non ha problemi nel lavorare con il cinema mentre chi fa troppo cinema in teatro trova parecchie difficoltà… È un modo diverso di porre la voce, riuscire a mantenere la naturalezza cercando di farti sentire anche dallo spettatore che sta in ultima fila senza microfono, imparare una diversa fisicità… Parlare facendoti capire, non come nelle fiction che con la scusa di essere “fintamente naturali” si mangiano le parole o le finali… Solo che il cinema e la televisione ti dà la popolarità per portare il pubblico a teatro…

Che cosa ne pensa dei Talent e Reality show.

I talent sono una cosa, i reality un’altra… Non li amo perché danno un’idea del successo falsa, bisogna faticarselo con il tempo con l’esperienza non basta stare qualche settimana in una casa per diventare un personaggio del mondo dello spettacolo… I talent invece rischiano di bruciare i talenti veri che hanno bisogno di essere coltivati prima di essere spremuti, però per lo meno nei talent dimostri di saper fare qualcosa, nei reality spesso dimostri solo di saper litigare e mostri la parte peggiore di te… Un paio di volte me li hanno proposti, ma voglio essere ricordato come attore, non come “il figlio d’arte che ha partecipato al reality”.

Qual è il personaggio da lei interpretato a cui si sente più legato e perché.

Il personaggio a cui sono più legato di solito è il prossimo, nel senso che una volta studiato ed esaurito il suo tempo non ne sento la mancanza… Invece c’è un personaggio teatrale che mi ha dato maggiori soddisfazioni ed è il personaggio di una commedia musicale ambientata nel 1943 a cavallo di “Roma città aperta”, la commedia si intitolava “Sotto er cielo de Roma”, forse perché era un personaggio che mi permetteva di far ridere e commuovere e poi perché davo sfogo alla mia passione per il canto…

La forte crisi del momento sta penalizzando anche la cultura, che cosa consiglierebbe ad un giovane che vuole intraprendere il “mestiere” dell’attore.

Prima di tutto questo mestiere si fa per amore del mestiere stesso e non per il successo, i soldi, la fama o”i lustrini e le pajette”. Se un ragazzo ha proprio il “fuoco sacro” allora ha due strade o farsi curare da uno psichiatra molto ma molto bravo (scherzo) oppure studiare, studiare, studiare e credere in se stesso perché il talento prima o poi viene riconosciuto e premiato…

Grazie per il tuo tempo e per quello dei tuoi lettori…

Grazie per la gentile intervista e buon lavoro.

 

                                                                                                                                                                        Giovanni Moschella

 

 

 

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