ABITARE IL PRESENTE

 

 

 

 

 

 

 

 Edito da Edizioni Messaggero Padova, Abitare il presente, di Chiara Giaccardi, raccoglie una serie di suoi editoriali pubblicati sul quotidiano “Avvenire” nel 2014 più un paio di articoli tratti dal magazine “Vita.it”.

 Chiara Giaccardi insegna Sociologia e Antropologia dei media all’Università Cattolica di Milano.

 Per comodità di esposizione l’autrice divide il testo in quattro capitoli: nel primo inquadra la società in cui viviamo, nel secondo affronta il modo in cui la famiglia si pone in tale società, nel terzo spazia nella dimensione più pubblica delle relazioni, infine nel quarto esplora le opportunità del nuovo sistema.

 È un’analisi della realtà contemporanea in cui, dal punto di vista generazionale, vi sono i “nativi” cioè coloro che essendo nati nell’epoca degli smartphones vivono  una vita” smart” in perfetta normalità, a differenza già dei loro genitori che tendono a demonizzare il loro modo di comunicare perché lo vedono come povero,perché  “virtuale”.

Da ciò, il punto di partenza e cioè che la  realtà in cui viviamo è molto complessa ed è necessario comprendere al meglio come abitarla proprio come si fa quando, prima di andare ad abitare in un luogo, se ne osservano le caratteristiche, le potenzialità e i pericoli.

Un modo più pertinente per cominciare a comprenderla potrebbe essere quello di sostituire i concetti “reale” e “virtuale” con online e offline in cui uno non esclude l’altro ma, piuttosto, convivono nella persona, dato che la realtà è una sola.

Del resto nel corso della storia ogni nuovo processo mediatico è stato inizialmente visto come una minaccia ma poi ha rappresentato, con il tempo, un progresso.

Ciò che, ad esempio, potrebbe essere visto come un progresso è che dopo tanto individualismo e chiusura verso gli altri, si inizi a parlare di condivisione, segno che da soli non si può raggiungere né la felicità né la libertà e, del resto, i social network sono basati sulla reciprocità e sulla costruzione di cerchie relazionali e, sforzandosi di pensare a questo si può arrivare a riconoscerne e valorizzare le potenzialità.

 Ho letto Abitare il presente con grande interesse e curiosità; l’ho letto da sociologa, da studiosa, da redattrice di un sito che ha trovato, ad esempio, nei social network un grande aiuto per far conoscere, divulgare e condividere le proprie pubblicazioni , per renderle accessibili e facilmente conoscibili non solo ai suoi abituali lettori ma anche ai potenziali lettori che sono in rete ma l’ho letto soprattutto da mamma di due figli ovviamente “smart”!

Ho riconosciuto molto il ruolo essenziale della famiglia come un luogo fondamentale per dare sicurezza, per creare alleanze tra generazioni e generi, per creare rapporti attraverso il corpo e gli esempi.

Molti sono stati gli spunti per riflessioni personali e continui i confronti con la quotidianità, del resto parliamo di comunicazione.

A pagina 17, l’autrice  scrive, riguardo le relazioni sul web, che la realtà è una perché ciò che  l’essere umano esprime in rete non è il suo “alter ego digitale” perché l’essere umano è uno.

 Sicuramente il concetto  è condivisibile se ci poniamo dalla prospettiva della correttezza e della verità, ma spesso in rete i rapporti sono mistificati e nascondono personaggi e situazioni inquietanti.

Forse questo rappresenta la parte “sporca” della nuova comunicazione, anzi della comunicazione odierna.

E ancora: …guardare il mondo con gli occhi dei nativi perché per chi è nato nel 2000 il mondo è stato sempre wireless. Rifletto su questa osservazione da tanto perché essa  potrebbe servire ad aiutare soprattutto quei genitori che, non avendo necessità per lavoro o la propensione naturale verso le nuove tecnologie, non riescono a comprendere il modo di comunicare dei loro figli con i coetanei o l’attaccamento al  cellulare.  Sms, Facebook, whatsapp non sono semplicemente i sostituti moderni del telefono con il cavo, della lettera con il francobollo o della cartolina, con il pregio di essere simultanei, eppure  c’è tanta preoccupazione

Nel libro, un richiamo molto significativo è quello all’educazione. I pericoli per i ragazzi, gli errori e i passi falsi non sono solo online allora bisognerebbe essere in grado, da educatori, di capire e far capire che essi sono inevitabili  e possono essere superati. È opportuno educare alla riservatezza e alla consapevolezza dei pericoli on e offline.  Ma come riuscirci? Spesso i figli non lasciano entrare i genitori nelle proprie relazioni e, mentre in passato, fino a un certo punto, per i genitori era più facile conoscere le frequentazioni dei propri figli, oggi se non c’è confidenza tra genitori e figli si rischia di rimanere completamente estranei alle loro amicizie. Inoltre, tramite il web, essi sono portati a condividere la loro vita completamente, senza proprio considerare i rischi che corrono.

Riguardo i pro e i contro del web, penso ad esempio alla sua immediatezza riguardo il lavoro. A volte ho l’impressione che noi ci troviamo di fronte a un grande paradosso: in una dilagante crisi economica, con la disoccupazione alle stelle, chi lavora (anzi, diciamo più genericamente, chi ha qualche interesse), se ne occupa  in qualsiasi momento della giornata perché a meno che non spenga il cellulare, è frequente che gli arrivi una telefonata, una notifica di facebook, un tweet o una mail mentre è a pranzo o di domenica o in serata, diciamo in quei momenti “canonici” di non lavoro.

Così, il vantaggio è la reperibilità ma lo svantaggio è, ancora una volta, la mancanza di privacy e di spazi propri.

Nel 4o capitolo dellibro si scrive di quanto sia importante per una giusta comunicazione il silenzio: senza il respiro del silenzio la comunicazione rischia di diventare “rumore” . Partendo dalle dimissioni di Benedetto XVI, analizzando quanto silenzio ci sia stato intorno a una vicenda che non accadeva da 6oo anni e che ha tenuto per due giorni i riflettori del mondo sul comignolo di Piazza San Pietro, in attesa di un segnale che sarebbe potuto essere  positivo o negativo, mette in risalto come la costrizione all’attesa sia spiazzante. Siamo abituati ad avere tutto in un click e se qualcuno ci costringe ad attendere ci sentiamo deprivati. Anche qui tiro in ballo i giovani e mi chiedo se avere tutto a portata di un click non possa essere inteso da loro nel modo sbagliato e cioè nella convinzione di poter effettivamente tutto e subito. Ciò sicuramente è auspicabile ma non è detto assolutamente che accada,  specie in una società come la nostra in cui per ottenere il proprio scopo e realizzare le proprie aspettative bisogna combattere con determinazione e convinzione.

Mi sono posta la domanda se i giovani conoscono e rispettano il silenzio e mi sono risposta che tutto dipende, ancora una volta, dalla famiglia in cui essi vivono perché insegnare il rispetto è un ruolo che spetta innanzitutto alla famiglia.

Abitare il presente aiuta sicuramente a porre interrogativi e a capirne soprattutto il senso; è un testo che, analizzando i nostri nuovi modi di comunicare, aiuta ad appianare le divergenze e le differenze tra generazioni.

Maria Paola Battista

 

 

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