BRUNO CANINO: I GIOVANI RIPONGANO PIU’ FIDUCIA NELLA MUSICA!

BRUNO CANINO: I GIOVANI RIPONGANO PIU’ FIDUCIA NELLA MUSICA!

Abbiamo incontrato il pianista Bruno Canino prima del Concerto che lo vedrà stasera alle 19,30 protagonista del palco del teatro del Conservatorio Cimarosa di Avellino al fianco dell’Orchestra dell’Istituzione diretta da Gina Grassi. Il maestro ha tenuto ieri e oggi una Masterclass pianistica per gli allievi. Appare come una persona gentilissima e serena, ma i suoi occhi brillano di curiosità e rivelano il fuoco di un grande amore per la vita e per la musica. Ci ha concesso una lunga chiacchierata sullo stato della musica oggi e sul rapporto che con lei hanno i giovani soprattutto all’interno dei Conservatori. Siamo in attesa del suo secondo libro, di cui ci ha annunciato la prossima presentazione.

 

Un commento sulla prima giornata di Masterclass.

Sì, mi sono trovato bene e ho trovato alcuni ragazzi migliori, altri meno, ma si è creata una buona comunicazione e una bella disponibilità ad accogliere i consigli nonostante ognuno studi con maestri diversi ed è quindi portatore di una esperienza didattica differente.

E’ la seconda volta che viene ad Avellino. La prima volta due anni fa in occasione del Quarantennale del Conservatorio Cimarosa.

Sono venuto ad Avellino in passato diverse volte per eseguire anche brani di autori locali che propongono musica d’avanguardia.  Sono venuto ad Avellino prima del terremoto nel vecchio Conservatorio che aveva fondato Vincenzo Vitale e di cui aveva curato ogni particolare: era un gioiellino, ricordo anche le piastrelle che lo ornavano e i lussi che ora non esistono più. Quello di oggi è buono.

Qual è il suo rapporto con la musica d’avanguardia?

Di musica di questo genere ne ho fatta parecchia, soprattutto in passato perché oggi se ne trova davvero poca. Ho fatto  un po’ di tutto, dalla musica da camera al clavicembalo, non amo la specializzazione, cerco di non annoiare me stesso per non annoiare il prossimo, ecco!

 E del Conservatorio Cimarosa non come struttura cosa pensa?

La qualità degli insegnanti credo sia ottima, ma credo sia un caso perché un Conservatorio non può scegliere i propri insegnanti prescindendo dalle graduatorie e sono convinto che i Conservatori più grandi siano quelli più penalizzati perché un gran numero di iscritti non sempre corrisponde a un funzionamento migliore.

L’aumento del numero degli iscritti che ha interessato questo genere di istituti negli ultimi anni a cosa può essere attribuito?

Non lo so perché, ma le dico: i peggiori nemici dei Conservatori sono all’interno. Anche quando insegnavo al Conservatorio di Milano solo una piccola parte degli allievi partecipava ai concerti, cosa che vedo accade ancora oggi. Ma l’attenzione che i giovani dedicano alla musica spesso dipende da chi trasmette loro questa passione e può capitare che un professore di Liceo riesca a preparare all’ascolto i propri allievi meglio di quanto riescano a fare i loro maestri di Conservatorio. Quindi riuscire ad avvicinare i ragazzi alla musica dipende molto dall’iniziativa individuale, anche dalle famiglie e dal costume generale e, purtroppo, nella nostra società la musica resta per lo più emarginata. E anche alla televisione non si fa più musica. Ma non è un problema solo italiano: i musicisti oggi sono troppo settoriali, amano il loro strumento, ma non la musica nel senso più ampio. E’ così, come le dicevo, anche negli altri paesi, in tutti tranne in Russia.

Perché in Russia?

Sarà per tradizione, per costrizione, non lo so… Anche il Conservatorio, certo,  può fare molto. Quando ero giovane io, ai saggi ci si andava, ma poi i saggi sono diventati duecento e allora non ci si andava più. E, in tal senso, la comunicazione interna può molto per razionalizzare le iniziative.  Altresì da parte di molti giovani c’è ancora amore per la musica ma credo che ci sia sfiducia sui mezzi per riuscire poi a fare qualcosa. In passato c’erano forse troppe false illusioni, ma oggi si è caduti in una condizione completamente opposta. Al Conservatorio di Genova mi hanno chiamato come commissario esterno per i diplomi e, in quell’occasione, ho appreso che molti studenti seguivano strade completamente diverse in ambito universitario, emarginando la musica a una funzione di riempitivo piuttosto che riconoscerle una possibilità di impiego, non avevano fiducia.

La musica viene allora vissuta come un hobby.

No: c’è amore. Ma un poco di illusione bisogna pure conservarla. E questo, secondo me, i Conservatori potrebbero e dovrebbero promuovere. Ora sono stati promossi a Università, ma anche questo rischia di diventare una cosa nominalistica. Ci sono purtroppo concorsi e titoli di studio che non danno niente, non funzionano.

Ci parli di qualcosa di bello. Quali sono i suoi prossimi impegni?

Ho suonato lunedì a Milano e mercoledì in Lussemburgo. Adesso devo fare una cosa a Napoli e sono in Puglia il 22 e il 27 a Palermo, poi mi riposo. Con Uto Ughi siamo stati recentemente in Marocco e andremo prossimamente a Singapore, devo andare a Vienna, ho abbastanza da fare. Come vede c’è una certa viscosità nel sistema per cui i vecchi continuano a suonare mentre i giovani invece hanno difficoltà. Se vede i cartelloni delle società di concerti, ci sono sempre gli stessi nomi a meno che uno non deceda.

Anche per lei è stato difficile diventare quello che è diventato, è vero?

Sono stato fortunato. Per riuscire ci vuole certo preparazione, una pazienza incredibile e fortuna. Poi ci sono anche modi più beceri che prendono in considerazioni qualità come soldi, faccia tosta e altre cose del genere, ma ciò vale soprattutto per i direttori d’orchestra, perché lo strumentista se suona male se ne accorgono tutti. Alcune carriere vengono costruite interamente dai manager. Oggi va alla grande il pianista Lang Lang che suona certamente benissimo, ma sappiamo essere un prodotto dell’industria tedesca e del governo cinese.

Altri progetti per il prossimo futuro?

Tra qualche mese dovrebbe uscire il mio secondo libro che rispetto al primo è sicuramente più “acido” racconta un po’ le cose di cui stiamo parlando. Nel libro parlo anche del concerto di scambio come opportunità. Perché oggi un giovane musicista spesso non riesce a trovare un luogo dove esibirsi e farsi conoscere.

Cosa pensa dell’interpretazione nell’esecuzione pianistica?

Credo nella fedeltà all’autore e cerco di creare un rapporto con gli ascoltatori costruendo un triangolo tra me, loro e l’autore. Si tratta di una forma di comunicazione in cui io sono il tramite.

Grazie per la sua pazienza incredibile!

Eleonora Davide

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