DA NORD A SUD VIAGGIA ALL’UNISONO LA PROTESTA DEI CONSERVATORI

Colloquio con tre direttori dei conservatori italiani che promettono battaglie a suon di musica, disobbedienza civile e iniziative sui territori.

Continua la protesta dei conservatori italiani. La mozione, che porta la firma dei rappresentanti delle conferenze dei direttori e dei presidenti degli istituti di formazione musicale statali e non statali e delle consulte degli studenti, ha mosso tutta l’Italia da Nord a Sud sotto la bandiera dei diritti negati. Una legge di riforma del settore musicale in Italia, quella del 1999, la numero 508, ottenuta dopo lunghe lotte, prevedeva una sedie di riconoscimenti e percorsi formativi, alcuni dei quali ancora “in via sperimentale”, che dovevano trovare legittimazione entro tempi accettabili. Oggi siamo al rischio di chiusura, invece, per tanti istituti, in nome di una crisi che non accenna a risparmiare gli istituti di alta formazione quali i conservatori. La promozione al livello universitario, avviata di fatto, non vede, come dicevamo, ancora il riconoscimento ordinamentale dei percorsi di studio che sono ancora in via di sperimentazione, le risorse da impiegare subiscono continui tagli, costringendo gli istituti a rocambolesche ricerche di soluzioni, i criteri di reclutamento dei docenti sono fermi a 16 anni fa e tanti istituti attendono il riconoscimento del loro valore con il collocamento nella gestione pubblica. Abbiamo ascoltato i rappresentanti di tre Conservatori Italiani, uno del Nord, uno del Centro e uno del Sud per dare voce alla protesta che divampa su tutto il territorio nazionale, con iniziative che hanno sempre al centro il linguaggio universale della musica.

 

Il primo a spiegarci la questione è Paolo Troncon, direttore del Conservatorio di Castelfranco Veneto “Agostino Steffani”, in provincia di Treviso, che è anche presidente della Conferenza dei Direttori dei Conservatori di Musica (CDCM). «Quello del reparto AFAM (Alta Formazione Artistica e Musicale reparto del Miur, ndr) è un problema tutto italiano – afferma Troncon – dovuto a una distrazione totale verso il settore della formazione musicale. Noi chiediamo di dare compimento a una riforma messa in campo nel 1999, la cui regolamentazione non comporta in molti casi costi aggiuntivi per lo Stato; mentre diversi sono gli istituti che rischiano seriamente la chiusura perché non ancora statalizzati, anche se di fatto svolgono le stesse funzioni di quelli pubblici. Devo precisare che diversa è però la condizione delle scuole di musica private che in virtù della legge 107/2015, della “buona scuola”, saranno molto probabilmente organizzati dal Mibac ed equiparati agli istituti del reparto Afam e dell’Università, che invece afferiscono al Miur. Non comprendiamo, sinceramente, la necessità di creare questo sistema terzo». Anche nei confronti delle prospettive per i nostri giovani, assicura Troncon, si sta rimanendo indietro rispetto all’Europa: dopo il primo passo fatto con il “processo di Bologna” che finalmente consentì l’equiparazione dei titoli conseguiti nei nostri conservatori a quelli europei, appunto, oggi invece rischiamo di perdere le nostre eccellenze con la fuga all’estero di giovani talenti, perché le risorse e le attenzioni rivolte al settore culturale ed artistico in Italia non sono all’altezza del patrimonio di cui disponiamo e che avremmo potuto, invece, far diventare una fonte di reddito per le nuove generazioni. Ma come si è arrivati a far trascorrere 16 anni senza risultati? A rispondere è ancora Troncon che afferma «sono state le promesse degli otto ministri che si sono succeduti alla guida del Miur, ultima Stefania Giannini che, insediatasi nel 2014, rilevò l’indecenza dello stato in cui versava l’AFAM, per il quale necessitava una riforma urgente. Da allora sono passati due anni».

A farsi portavoce dell’Italia centrale il direttore del Conservatorio dell’Aquila “Alfredo Casella”, Giandomenico Piermarini. Per il Conservatorio che non ha ancora la sua sede, distrutta dal terremoto del 2009, la strada è stata in salita in questi anni, ma la fiducia non abbandona i cittadini. «Ieri mattina siamo stati ricevuti dal prefetto della nostra città, dopo un flash mob messo in opera dai nostri allievi che hanno portato un quintetto di ottoni e un coro sulle note del Va pensiero, per catalizzare l’attenzione sulla nostra manifestazione. L’incontro, durante il quale abbiamo consegnato la mozione firmata congiuntamente dalle parti, è stato molto cordiale e contiamo sull’interessamento del rappresentante territoriale dello Stato che si farà carico di portare nelle sedi opportune la nostra istanza, anche se in modo simbolico». Il vero problema per Piermarini è che manca una politica di indirizzo al di là delle responsabilità del singolo ministero «nelle scelte che ci riguardano – aggiunge – dobbiamo essere coinvolti perché proposte fattive possono essere avanzate solo dagli addetti ai lavori. Ci stiamo muovendo tutti oggi perché venga garantito un futuro ai nostri studenti. Ma è necessario che siano coinvolti tutti anche i nostri docenti, sempre troppo impegnati nella loro missione formativa e poco attenti a quello che accade intorno. Non incroceremo le braccia, però, continueremo a protestare con la musica!».

Per il Sud è il direttore del Conservatorio “Domenico Cimarosa” di Avellino, Carmine Santaniello, a fare da portavoce. «La nostra protesta continua – ci assicura – finché non avremo risposte. Dopo la serata di sabato scorso, in cui abbiamo presentato al nostro pubblico la questione invitandolo ad un concerto, continueremo a coinvolgere i nostri 1600 allievi e i nostri 150 docenti, chiedendo loro di suggerirci iniziative per farci ascoltare. Sabato prossimo presenteremo il nostro programma alla città con una conferenza stampa, cui inviteremo i rappresentanti delle istituzioni. Inoltre metteremo in campo azioni di disobbedienza emanando se necessario anche decreti in contrasto con le direttive ministeriali, ma continueremo a fare musica e a portare avanti le nostre manifestazioni culturali. Non scordiamoci che l’ombra della chiusura e accorpamento aleggia su molti istituti e solo facendo davvero corpo avremo ragione di un disinteresse ormai consolidato verso le nostre richieste». Nel frattempo la mobilitazione del Cimarosa continua con la sospensione delle lezioni ogni giorno per un ora e riunione in aula magna con il direttore per organizzare e discutere tutti insieme, docenti e studenti.

Eleonora Davide

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