DE SIMONE AL CIMAROSA “GESUALDO IL GENIO CHE ERA ANDATO OLTRE”

La presentazione del libro Cinque voci per Gesualdo al Conservatorio

“Domenico Cimarosa” di Avellino

A parlare del libro con l’autore è stata la professoressa Franca Galluccio, docente di Letteratura Italiana, che ha condotto un approfondimento monografico sull’argomento con gli allievi del Corso accademico di Discipline storiche critiche ed analitiche della Musica. Il pubblico ha accolto con calore il musicista-regista accogliendo il suo intervento con un applauso di soddisfazione. Presenti anche il direttore del Conservatorio Carmine Santaniello e il presidente del Cda dell’Istituto Luca Cipriano che hanno omaggiato De Simone dei lavori discografici prodotti dalla Cimarosa records. Dopo l’intervento dell’autore, l’Ensamble di Musica Antica del Conservatorio, composta da Alessandro Caro (Tenore), Giuseppina Perna (Soprano), Daniela Salvo (Mezzosoprano), Antonella Trombetta (Contralto), Emanuele Di Vito (Basso), guidata dai maestri Rosario Totaro e Roberto Maggio, ha eseguito alcuni madrigali di Gesualdo.

“Gesualdo mi interessa perché la sua musica potrebbe fare parte della cultura di oggi; non mi interessa, infatti, la cultura di 500 anni fa. Oggi attraverso Gesualdo vorrei essere in grado di riconiugare una cultura collettiva musicale di Napoli partendo proprio dalla sua vocalità. Non conosciamo Gesualdo perché il nostro sistema musicale ci ha allontanato dalla musica che Gesualdo aveva vissuto e aveva superato; oggi ancora utilizziamo per indagare la sua musica metodi non adatti a quella vocalità. Lui era andato oltre”. Così ha esordito l’autore che è stato, quindi, sollecitato a soffermarsi sul libro dalle domande degli allievi del corso. Paola Genovese ha posto un quesito sul significato del titolo, che parla di “cinque voci” e di “travestimento in musica” e De Simone ha chiarito che il libro è metafora e non storia e che ha voluto proporci cinque ipotesi tra quelle possibili sull’uomo e sul musicista; ma ha anche puntualizzato che ci interessa soprattutto il musicista perché “Carlo Gesualdo fu un uomo molto complesso nella sua vita privata che noi non conosciamo con certezza, perché ciò che ci è arrivato come documentazione storica è invece frutto di illazioni e pettegolezzi; ma quello che conta di più è che Gesualdo rimane un artista sconosciuto nonostante sia uno dei più grandi che la storia della musica abbia mai avuto”. Il “travestimento”, invece, può essere visto sotto diverse angolazioni, perché, ha spiegato De Simone, nella stessa musica di Gesualdo le voci si raddoppiano e il diatonismo si fa cromatismo, si trasforma, trasgredisce. Sulla questione dell’arrangiamento possibile dei madrigali gesualdiani proposti nel libro, De Simone ha chiarito che lo stesso Gesualdo si sarebbe fatto guidare dalle vocalità a disposizione per accompagnare la sua musica, oggi sarebbe perfino possibile utilizzare la musica elettronica. Luca Sellitto ha chiesto se si trattò di “delitto d’onore”, secondo l’uso del tempo, e perché alla vicenda degli amanti nel libro è stata affiancata quella della principessa Diana e di Dodi-al-Fayed. Ma il maestro ha espresso molte riserve sul presunto “delitto d’onore”, sottolineando l’assoluta inattendibilità delle fonti che ne hanno parlato, e di aver lanciato solo una provocazione riguardo ai paralleli proposti.  Pietro Sgueglia gli ha, invece chiesto perché l’opera non è mai andata in scena e lui ha risposto che il teatro italiano sta attraversando uno dei periodi più bui della sua storia, perché la gestione, invece che alle compagnie, viene affidata a politici o a persone a loro collegate, cosicché chi è “figlio di NN non ha spazio”. Sul riferimento al concetto di “omicidio d’arte” invocato da Gesualdo nel libro a sua discolpa, il maestro ha parlato di illazione avanzata da un personaggio non storico ma metaforico, perché il concetto, già utilizzato in letteratura, viene proposto da un possibile Gesualdo tra i tanti, pensato da altri, prendendo di fatto le distanze, con queste risposte, dalle cinque ipotesi proposte nel libro.

Parlando delle sue precedenti opere e del rapporto che ha con esse, Roberto De Simone ha chiarito “La Gatta Cenerentola si basava su una ricerca sui rapporti tra vocalità popolare e scrittura storica; questo lavoro, in particolare, raccontava l’immaginario popolare coniugandolo con uno dei fenomeni più scandalosi della storia, che è il culto della possessione o del tarantismo.Se dovessi riscrivere la Gatta Cenerentola, non cambierei neanche una virgola”.

Tra i progetti futuri del maestro un grande concerto al Teatro Mediterraneo di Napoli, in occasione del quarantennale della morte di Pier Paolo Pasolini, che vedrà la collaborazione di diversi artisti con l’esecuzione di una sua opera 4 voci, percussioni e quartetto d’archi ispirata alla “politica” di Papa Francesco in America Latina.In corso d’opera la scrittura di un libro dal titolo “La canzone napoletana nei suoni di tristi tropici”. “Si tratta di una ricerca basata su studi più che quarantennali sulla storia della canzone napoletana – ha raccontato De Simone – cui sono stato spinto dalla necessità di mettere in luce le contraddizioni che si riscontrano in questo argomento: da una parte abbiamo, infatti, chi analizza solo le parole, da un’altra chi prende in considerazione solo i documenti scritti, da un’altra ancora vi sono alcune presunzioni musicologiche che analizzano materiali popolareschi con gli stessi parametri utilizzati per studiare una Sonata di Chopin. Bisogna analizzare invece la canzone napoletana partendo dalla storia della vocalità e non degli autori dei canti popolari.  È necessario partire dalle grida degli scugnizzi e dei venditori, dai canti a ‘fronna ‘e limone’ che hanno stili connotanti, che non troviamo nei testi di Murolo e Tagliaferri. Questa vocalità restituisce materiali che, decontestualizzati, se si poggiano sulle labbra di persone dotate di grande vocalità, danno al prodotto musicale un’identità relativa alla nostra cultura, rendendo la canzone oggetto d’arte. Oggi non si può parlare più di canzone napoletana, non conta più il dialetto, conta il linguaggio. In questo studio – ha precisato il maestro – mi sono avvalso di grandi studiosi musicologi, tra i quali la dottoressa Tiziana Grande, docente e responsabile della Biblioteca del Conservatorio di Avellino”.

Eleonora Davide

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