INCONTRO CON ALDO CICCOLINI

ALDO CICCOLINI:”FARE MUSICA SIGNIFICA DIMENTICARE DI VIVERE”

“NIENTE ATLETICA NELL’ESECUZIONE,

ASIA GUARDIANA DELLA CULTURA MUSICALE”

Concerto del pianista Aldo Ciccolini  al Conservatorio “Domenico Cimarosa”  Avellino – lunedì 7 luglio alle 20,00.

Orchestra del Conservatorio diretta da Carmelo Columbro

Musiche di E.Grieg e C. Saint Saens

La capacità di comunicare la musica non è cosa comune tra i musicisti. E’ questo che fa la differenza quando si parla di personalità come quella di Aldo Ciccolini. Il Maestro è seduto in poltrona pronto ad ascoltare e a rispondere alle mie domande. I suoi occhi brillano di gioia e di curiosità. L’immagine è quella di un uomo che aspetta tutto dalla vita. Ha 89 anni e ne dimostra molti di meno. Sul palco, lo so, non gli tiene testa neanche un giovane musicista nel pieno del vigore fisico.

Cominciamo con le domande:

Come è cambiato il mondo della musica negli anni della sua lunga e fulgida carriera artistica?

È cambiato molto perché è un mondo sempre alla ricerca di nuovi modi di comunicare. Purtroppo, quello che ho notato è che la mania dello sport ha contagiato anche questo mondo spingendo gli esecutori ad esibirsi in gare di atletica-tecnica che fanno perdere molto alla musica. Non si tratta di un gioco: anche se in francese suonare il pianoforte si dice “jouer du piano”, si tratta di una cosa molto diversa.

Quanti pianisti di successo può indicare oggi nel panorama mondiale?

Molti pianisti, ma meno di prima. Forse perché questa professione richiede molto sacrificio e non sempre i giovani sono disposti a farli.

Cosa consiglia a questi giovani?

Non ho consigli da dare, se si vuole diventare davvero bravi, si deve dimenticare di vivere, se questo avviene non ci si può far nulla.

Si vede che Ciccolini deve aver dato tutto alla musica, perché solo a parlarne si illumina. Il Maestro è reduce da una tourné in Giappone dove ha suonato a Tokyo, Osaka, Nagasaki e in altre città e ci racconta della grande dedizione dei numerosi allievi che affollano i conservatori giapponesi. “Lo spirito di sacrificio e la loro curiosità nell’apprendere – ci racconta – fa davvero onore a un popolo così ricco di cultura e tradizioni. L’Asia finirà col diventare la guardiana della cultura musicale mondiale.  Anche se i paesi occidentali sono molto lontani dal mondo asiatico, esistono, invece, molti punti di incontro tra le loro realtà musicali, soprattutto nel colore e nel timbro che riescono a dare alle esecuzioni. Mi dà l’idea che qui si suoni per arrivare, lì, invece, per amore”.

Con noi è anche Antonio Di Palma, nipote del Maestro e vice direttore del Conservatorio di Avellino. E’ proprio Di Palma a raccontarmi la capacità di Ciccolini di mettere a proprio agio gli allievi in modo che, di fronte al pianoforte riescano, alla fine, a mettere a nudo se stessi. Una cosa difficile, soprattutto per il giovane musicista che solitamente tende a nascondere le proprie emozioni, non riuscendo a dominarle appieno. “Il problema – afferma così Ciccolini – è proprio quello di mettere il giovane in condizione di conoscere le proprie reazioni per scoprire il proprio essere e poter quindi prepararsi a donare al pubblico una buona esecuzione. Questo è fare musica”. Ci racconta poi come, recatosi dal rettore del Conservatorio di Parigi, dove insegnò per molti anni, gli chiese il permesso di farsi dare del tu dai propri allievi, definendosi “persona bizzarra”, poiché considerava inappropriato il lei quando c’è da stabilire un contatto di fiducia così forte.

Sorge doverosa a questo punto la domanda riguardo ai suoi rapporti con Sergiu Celibidache, il direttore d’orchestra e compositore contemporaneo sostenitore della fenomenologia musicale, noto per aver combattuto il concetto di “interpretazione” in musica. “Ho suonato in sessanta concerti con Celibidache, abbiamo fatto insieme un’interessante tourné in Israele. Celibidache si riferiva all’interpretazione nel senso di “prendersi delle libertà” non certo di tradurre in musica una pagina scritta: sarebbe impossibile non interpretare, non mettere in qualche modo la propria esperienza e il proprio vissuto nell’esecuzione e nella propria storia professionale”.

La successiva domanda va a un altro grande, ideatore della musica dodecafonica, Arnold Franz Walther Schönberg. “Non ho mai suonato musica dodecafonica, ma mi fu chiesto di eseguire un concerto del compositore. Chiesi del tempo e lo studiai per eseguirlo interamente a memoria. Questa è stata la mia esperienza”.

Dall’alto della sua esperienza, frutto di una carriera lunga che ancora la impegna sui palchi di tutti il mondo, ha qualche consiglio da dare ai musicisti di oggi?

Il rischio per chi raggiunge il successo è quello di voler ergersi a “guru”, dispensando consigli e giudizi sull’operato altrui; ho un grande rispetto per i miei colleghi e non sono quel genere di persona. Il musicista deve vedersi come un servitore, deve essere molto fiero di servire la causa dell’arte, deve essere pronto a sacrificare anche il proprio orgoglio per onorare l’arte”.

Cosa pensa del Conservatorio di cui è ospite in questi giorni?

Sono rimasto molto colpito dal fatto che all’estero il Conservatorio di Avellino sia molto conosciuto, insieme a quello di Bari e di Andria. Ciò fa onore al lavoro che vi si svolge”.

Veniamo al concerto di lunedì. Il Concerto n°5 op.103 in fa maggiore “L’Egiziano” per pianoforte e orchestra di Camille Saint Saens è molto impegnativo dal punto di vista dell’esecuzione. Ci vuole spiegare perché e come mai lo ha scelto?

È impegnativo  perché, in particolare per il terzo movimento, viene richiesta una particolare abilità, ma bisogna considerare che Saint Saens era anche professore di composizione e usò poi questo brano per gli studi di pianoforte. La difficoltà sta nel voler suonare il terzo movimento a una velocità da esibizione circense, che non restituisce tutta la sua bellezza e fa perdere molte sfumature all’ascoltatore, costringendo il pianista ad acrobazie non richieste. Torniamo così al discorso dell’atletica nella musica…”.

Ma lei si diverte ancora a suonare, è vero?

“Si tratta di molto di più che divertimento: è un impegno, è una sfida…”.

Una sfida ai suoi colleghi, alla musica o a se stesso?

Giammai ai colleghi, come le ho già detto non lo farei mai; piuttosto contro l’esibizione d’effetto a tutti i costi”.

Riguardo al recital pianistico che vedrà proporre un brano di Edvard Grieg – Sonata in Mi minore Op. 7, il Maestro spiega “Il brano, molto bello, può essere suonato solo se si riesce a distendere tutte le tensioni del corpo e della mente, perché altrimenti la giusta concentrazione non può essere raggiunta; la musica deve fluire attraverso il corpo in modo spontaneo e naturale”.

La grande semplicità con cui il grande pianista ha risposto alle domande di WWWITALIA testimonia il suo amore per la musica e per la comunicazione nel rispetto dei tempi e dei ruoli.

La storia della Musica è fatta dalla storia degli uomini che l’hanno resa grande.

Eleonora Davide

leggi anche:

ALDO CICCOLINI ESEGUE L’EGIZIANO DI CAMILLE SAINT SAENS PER PIANOFORTE E ORCHESTRA

 

ANTONIO DI PALMA SUONA MOZART NELLA CAPPELLA DEL VASARI (VIDEO)

INDIMENTICABILE CICCOLINI…

ALDO CICCOLINI: “IN ITALIA COMPLOTTO CONTRO LA CULTURA MUSICALE”

CONCERTO DI ALDO CICCOLINI AD AVELLINO

 IL PIANISTA ALDO CICCOLINI TORNA AD AVELLINO PER I GIOVANI DEL CIMAROSA

 PREMIO ALLA CARRIERA AD ALDO CICCOLINI

Print Friendly, PDF & Email

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.