IO RESTO QUI. PER UN SUD NON SOLO IMMAGINATO

“Partivano con carri trainati da buoi , infiocchettati di rosso” – e’ l’immagine nostalgica dell’emigrazione dall’Irpinia nei ricordi del giornalista e scrittore Carlo Nazzaro. Oggi l’immagine è quella di trolley che si muovono nelle stazioni e negli aereoporti. Ma il flusso è lo stesso… 

Eppure  l’Irpinia, quella di chi resta e di chi va, è ancora viva, nonostante tutto, è viva e consapevole delle sue ricchezze. “Irpinia sempreviva” direbbe oggi Carlo Nazzaro…E capace di costruire progetti intorno alle forze e alle conoscenze specializzate dei nostri giovani.

“Un Paese diviso e diseguale, dove il Sud scivola sempre più nell’arretramento. Nel 2014 per il settimo anno consecutivo il Pil del Mezzogiorno è ancora negativo (-1,3%); il divario di Pil pro capite è tornato ai livelli di 15 anni fa; negli anni di crisi 2008-2014 i consumi delle famiglie meridionali sono crollati quasi del 13% e gli investimenti nell’industria in senso stretto addirittura del 59%; nel 2014 quasi il 62% dei meridionali guadagna meno di 12mila euro annui, contro il 28,5% del Centro-Nord.”

 

E’ quanto si legge nelle anticipazioni del Rapporto SVIMEZ (Associazione per lo Sviluppo dell’Industria nel Mezzogiorno) sull’economia del Mezzogiorno 2015 presentate lo scorso 30 luglio a Roma.

“Il Sud sarà quindi interessato nei prossimi anni da un stravolgimento demografico, uno tsunami dalle conseguenze imprevedibili, destinato a perdere 4,2 milioni di abitanti nei prossimi 50 anni, a fronte di una crescita di 4,6 milioni nel Centro-Nord.”

D’altra parte, gli annunci di ripresa si susseguono periodicamente. Ma i giovani del Sud ci credono ancora? Loro che si informano, che hanno viaggiato, studiato, che sanno indagare e interpretare il mondo? E allora, date loro un motivo per restare. O per tornare. Il dramma maggiore, d’altronde, non è di chi va, ma di chi resta, del territorio impoverito e saccheggiato delle sue energie più preziose.

La digressione sui motivi storici sarebbe troppo lunga. Qui si tratta di dare delle prospettive, di convincerci che il Sud è ancora protagonista, una convinzione che parta da un progetto reale e concreto. Si tratta di ribaltare un modello sociale, di diffondere un pensiero che appartenga a noi, ai giovani. Il cambiamento non parte mai dai salotti, o da iniziative estemporanee, il cambiamento parte dalle piccole e grandi rivoluzioni.

“I giovani e il lavoro: una “frattura” senza paragoni in Europa – si legge ancora nel Rapporto SVIMEZ – Il Sud negli anni 2008-2014 perde 622mila posti di lavoro tra gli under 34(-31,9%)… Si inizia a credere che studiare non paghi più, alimentando così una spirale di impoverimento del capitale umano, determinata da emigrazione, lunga permanenza in uno stato di disoccupazione e scoraggiamento a investire nella formazione avanzata.”

La stessa gestione dei Fondi Europei va totalmente rivista, con lo scopo di utilizzare i finanziamenti per iniziative che valorizzino e rendano stabile la produttività del territorio oltre la mera promozione. Al contrario va combattuto il proliferare di micro progetti che distribuiscono incarichi momentanei alimentando fioche speranze e non lasciano nulla al territorio, sprecandone le risorse.

Il Progetto non si impone dall’alto, lo si pensa per se stessi.

Puntare sulle eccellenze vitivinicole, sull’artigianato, sul turismo e sulle risorse naturali che il territorio offre è una cantilena ripetuta in troppe campagne elettorali da cui i giovani sono ormai nauseati.

E allora non bisogna aspettare che ci offrano qualcosa. Le opportunità bisogna crearsele.

I giovani devono imparare a pensare che spesso l’idea iniziale è come l’uovo di Colombo (troppo ovvia per sembrare una novità), che la curiosità e l’entusiasmo sono il capitale principale. Che abbiano studiato Legge, Economia o Lingue, all’interno del loro Progetto, ciascuno sarà indispensabile.

Oggi disponiamo di strumenti di collocazione nel mondo inimmaginabili in grado di rendere spendibili e unici nel panorama internazionale i nostri piccoli tesori locali: a partire dall’e-commerce. Molti lavori tradizionali possono essere svolti completamente online. Buona parte del commercio, una parte dell’amministrazione, il settore delle consulenze, la comunicazione, la manutenzione. 

Gli esempi di coloro che hanno investito le loro energie al Sud vengono narrati sui giornali come delle eccezioni. Beh devono diventare la regola. E creare un ecosistema adeguato. La scelta di restare o tornare al Sud,  puntando sull’ agricoltura, sull’artigianato, non sono più scelte private. Al Sud stanno già emergendo questi processi virtuosi che sono alla base di profonde trasformazioni dei settori agroalimentare e manifatturiero in quanto recuperano conoscenze tradizionali dal passato mescolandole con tutti i contenuti e i processi del sapere diffuso in rete. Certamente non basta, occorre la nascita di una nuova cultura di fare impresa, occorre il coraggio di investire. Ma questi esempi servono anche a dirci che oltre ai numeri c’è speranza.

Anche il Sud può diventare una terra di startup. E questo è un buon motivo per restare.

Luigia Meriano

@Riproduzione riservata

(articolo vincitore del Premio giornalistico Carlo Nazzaro-Sud protagonista per la sezione Amici del Territorio di Chiusano 2015)

 

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