La scuola intesa come luogo in cui ridestare il desiderio

Mai come in questo periodo storico il tema dell’educazione torna o dovrebbe tornare al centro di un dibattito sulla esistenza dell’uomo stesso. Il confronto tra due mondi, solo apparentemente diversi, tra Jiuliàn Carròn, la guida di Comunione e Liberazione e il laico Massimo Recalcati noto psicoanalista, giornalista e scrittore, avvenuto lo scorso ottobre, è attualissimo nei nostri giorni e focus cocente per un luogo: la scuola che in presenza o a distanza è al centro del dibattito attuale sociale e politico.
Da tempo la nostra società sembra aver perso i dettami per un percorso educativo idoneo e questo disorientamento è stato acuito dalla pandemia. Serve un luogo dove si possa riaccendere il desiderio insito in ognuno di noi che possa combattere nei ragazzi il disagio e l’apatia e negli adulti l’incertezza e la paura e, come afferma Carròn, fattori che bloccano di fatto il proprio io.
Il forte rischio è ricadere nel nichilismo, un pericoloso discostamento dalla realtà che, come il Covid, toglie il gusto, ma annebbia anche gli altri sensi privando di significato la vita. E da questa ricerca di un senso che la scuola, intesa come educazione da parte degli adulti, deve ripartire. Il ritorno alla scuola in presenza non può essere mero rispetto delle regole, ma consapevolezza della necessità delle stesse come senso di responsabilità. La pandemia diventa occasione per risvegliare l’io soprattutto dei ragazzi. In questo fitto buio il maestro deve riaccendere una luce. “Quando un maestro parla, le cose escono dal buio”, afferma Recalcati, in perfetto accordo con Carròn, ed entrambi rivedono nella testimonianza la possibilità di riaccostare la vita ad un senso, anche dove il buio sembra precludere questa possibilità. La citazione di Pasolini è ficcante: “Se qualcuno ti avesse educato, non potrebbe averlo fatto che col suo essere, non con il suo parlare”. Ed ecco che torna l’essere, la testimonianza ad educare non la legge in sé, ma in quanto testimoniata appunto. “… il compito educativo è mettere in moto la libertà” (Carròn). Quindi non impartire una schiera di valori preesistenti preconfezionati e imporli, ma lasciare che il discente si metta liberamente in moto alla ricerca del suo senso, del suo valore della vita. In pratica che si riaccenda in lui il suo desiderio.
Il desiderio a lungo ed erroneamente concepito come trasgressione è invece la spinta alla vita, alla ricerca di un senso. La scuola è il luogo deputato a che si possa ridestare questo desiderio e qui è la sfida che ogni educatore dovrebbe porsi. Un insegnante, un genitore, un adulto comunica se stesso e, se in sé quel desiderio è vivo, diventa testimonianza e senso anche per il ragazzo.
Il confronto tra due intellettuali del nostro tempo, apparentemente distanti, ma accomunati dallo stesso focus, necessario in campo educativo: riaccendere quei fuochi non solo con la parola, ma renderlo possibile mettendo in moto il desiderio. Il tutto attuabile attraverso l’esperienza dell’esserci: eccomi del vai nel lasciare la libertà di lasciare i propri figli o discenti a compiere le proprie scelte e non proiettare su di loro le proprie; la testimonianza del sé e del proprio senso della vita e la fede nel credere nel desiderio del figlio e sostenerlo. E come ogni percorso educativo che si rispetti non può mancare la verifica se ciò che abbiamo trasmesso abbia alimentato, ridestato quel desiderio.
A conclusione di questo confronto di peso e di molti spunti di riflessione, si manifesta la necessità di un patto educativo tra genitori, educatori adulti, fondamentale per la convivenza del vivere per proseguire insieme un viaggio della vita che abbia senso.
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