Nello specchio della scuola di Patrizio Bianchi. La recensione di WWWITALIA

Patrizio Bianchi è il nuovo ministro dell’istruzione del governo Draghi. Leggendo il suo ultimo libro Nello Specchio della Scuola, si può evincere qual è la sua idea di scuola che vorrà portare avanti nei prossimi mesi.

La Scuola è intesa dal Bianchi come luogo di crescita di capacità critiche, visioni del mondo oltre il presente per una società molto più articolata del passato. Competenza principale da acquisire è l’educazione alla solidarietà al fare comunità. Necessaria diventa una riorganizzazione dei processi educativi. Una capacità critica in un processo d’apprendimento continuo attraverso un accumulo di esperienze. Una scuola mirata all’acquisizione di competenze e abilità capaci di immergersi con disinvoltura in una nuova realtà complessa e preparare ad un cambiamento continuo dato da un mercato instabile con un’offerta differenziata e flessibile. Dopo anni di individualismo e populismo si sente il bisogno di uno spirito comunitario.

1859 13 nov nascita della scuola italiana con il ministro Gabrio Casati 380 articoli sul funzionamento della scuola del piccolo Stato sabaudo. 1923 Giovanni Gentile ha rimesso mano alla scuola italiana. Nella storia del nostro paese la scuola ha assunto tre funzioni: formare la classe dirigente e consolidare la separazione fra le classi, in secondo momento la scuola doveva divenire di massa per formare il popolo ai valori identitari della comunità. Con l’affermazione del Capitalismo, la funzione è formare i lavoratori e tutto il personale che a diversi gradi gestiva i sistemi produttivi.

La scuola è deputata ad essere affermazione dello Stato nazionale, ma anche luogo in cui veicolare le competenze necessarie in grado di affrontare la sfida economica in atto. Ma la funzione cha, a fatica, ancora oggi si fa necessaria è formare la persona. Quindi non più scuola come status di assistenza ma servizio per la comunità, in cui il bambino, sin da piccolo – e quindi con la legge del’68 sin dalla scuola dell’infanzia – possa sviluppare la propria personalità, la sfera affettiva e quella sociale.

Ai giorni d’oggi la ricchezza di un paese è connotata dal suo capitale umano, indispensabile a generare aumenti della produttività a servizio della crescita economica del paese stesso. Di conseguenza un paese che non investa nell’istruzione che quel capitale forgia, ne compromette la crescita economica e provoca una disuguaglianza interna, una dicotomia crescente interna che mina i valori democratici e di pari opportunità alla base di un progressivo benessere di una comunità nazionale.

Il Bianchi rilegge le funzioni della scuola trovandone nuova linfa dando per prima la funzione di formare la leadership in grado di orientare un’intera comunità verso la crescita; il secondo obiettivo la diffusione dei valori fondanti e unificanti di una comunità; il terzo obiettivoè la ricerca delle competenze per uno sviluppo sostenibile nel tempo. Resta centrale, nell’analisi del Bianchi, la formazione della persona nel consolidare una personalità in grado di partecipare alla vita civile.

Il processo educativo deve mirare al raggiungimento di competenze specifiche, ma che si abbia la capacità di coniugarle con altre, un percorso educativo verso la partecipazione alla comunità.

Dalla crisi del 2009 in un periodo di grande sviluppo globale verso la digitalizzazione, del salto tecnologico necessario, in Italia si è proceduto all’inverso al taglio di risorse ed investimenti nella ricerca e nella scuola tanto da arrivare completamente impreparati all’emergenza COVID-19. La miopia di non investire, ma tagliare sulla scuola, ha portato alla caduta del tasso di crescita e alla sedimentazione delle divergenze sociali e territoriali. Impoverendo la formazione, non si è investito sulle risorse umane capaci un domani di sostenere uno sviluppo del paese intero.

Per il Bianchi la scuola dopo COVID va ridisegnata nell’ottica del fattore di sviluppo di un paese intero, focalizzandosi sulle persone, sulle loro competenze, loro che saranno la ricchezza vera di una nazione.

L’autonomia, introdotta nel ’97 dal governo Prodi, era nata con l’dea di superare le differenze interne al paese, Berlinguer, l’allora ministro delegava alle singole istituzioni la responsabilità di gestione nel singolo territorio. Il Bianchi dà molta rilevanza al rapporto con la comunità locale come spinta e riferimento per la collettività scolastica. A differenza di un’autonomia competitiva tra le scuole ci si auspica un’autonomia solidale di collaborazione costruttiva tra le varie entità del territorio. In questa prospettiva l’autonomia ha una nuova valorizzazione, ma di riferimento ad un ministero che definisca gli obiettivi educativi cui l’intero paese deve attenersi, riallacciando però stretti rapporti con gli enti locali.

Un’azione collettiva è incentrata sull’acronimo CAMPUS (computer/coding, Arte, Musica, Polis intesa come educazione alla cittadinanza, Sport) con l’obiettivo di allacciare collaborazioni con la comunità attraverso patti educativi. È auspicabile il ripristino di una qualifica professionale, che avvicini i ragazzi al lavoro con una certificazione finita, ricostruire una filiera tra scuola, impresa e centro di ricerca territoriale in netta connessione con il mondo del lavoro globale. In questo modo si contrasta la crescente dispersione di risorse e talenti a favore di imprese che necessitano di specifiche competenze.

Così anche un investimento per lo sviluppo basato sulla solidarietà, per evidenziare l’essenza di una comunità basata sulle diverse capacità specifiche ricomposte per una crescita collettiva e condivisa.

Serve un curricolo che dia rilevanza alle materie scientifiche senza abbandonare le umanistiche, pur avendo negli ultimi anni trascurato la Storia e la Geografia, che danno coordinate spazio/temporali necessarie all’orientamento nei nostri tempi moderni e da cui non si può prescindere.

Serve una scuola non più assistenzialistica, ma perno dello sviluppo di una comunità intera.

Sicuramente è necessario che la formazione dia capacità e competenze alla persona che possa orientarsi a mare aperto, una flessibilità che i nostri tempi cangianti di continuo ci impongono.

In questa analisi la scuola è messa al centro per uno sviluppo economico e necessario di un intero paese, ma manca in modo stridente un’attenzione agli attori principali di questo processo: gli insegnanti e gli alunni e principalmente la necessaria relazione tra i due fattori, l’unica capace di raggiungere un successo formativo.

Ancora una volta gli insegnanti non sono chiamati in causa, come mai nei dibattiti sulla scuola, non si mette in rilievo l’esperienza sul campo, la professionalità acquisita se non nella necessità di essere riformati. Una formazione seria è quella in itinere e l’attenzione dovrebbe essere rivolta ai formatori spesso inadeguati a capire le reali necessità, per mancanza di esperienza diretta sul campo. Sembra che si dia più credito alle associazioni territoriali, al volontariato, avulsi da capacità educative specifiche del lavoro degli insegnanti. Una falla sempre più evidente; negli ultimi anni invece proprio gli insegnanti hanno acquisito la capacità di navigare a vista in mare aperto con un susseguirsi micro-riforme dettate dal ministro di turno. Dall’emergenza COVID ci si è reinventati un nuovo modo di fare didattica a distanza, cambiamenti continui spesso in contraddizione tra loro. Voti sì, voti no, in nome di una scuola a tessuto aziendale dove conta il risultato, ma mai il processo. La figura dell’insegnante è messa sempre in discussione come avulsa, intrappolati nel ‘900 come se non contassero i continui stimoli che le generazioni susseguitesi hanno messo in campo, come se anni di esperienza non contassero in nome di un dato puramente anagrafico. Eppure la formazione nasce dalla forte relazione tra docente ed alunno a qualsiasi età questa avvenga, la relazione affettiva, di ascolto di com-passione è l’unica capace di dare alla persona quella competenza di navigare nel mare aperto che il Bianchi richiede.

La scuola ha bisogno sì di mezzi, edifici sicuri, personale in numero adeguato, un numero di alunni per classe consono, sicuramente di contatti con la comunità con il mondo del lavoro, ma l’insegnante deve ritrovare un ruolo riconosciuto da quella comunità, dignità professionale e ascolto dei reali bisogni. Pur incentrando il discorso puramente politico-economico sulla scuola, in cui giustamente rivede il suo riflesso, e pur sottolineando la necessità di formare la persona, non si dà il giusto peso alle persone coinvolte in primis in questo processo formativo necessario allo sviluppo del Paese.

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About Angela Ristaldo

Angela Ristaldo, giornalista pubblicista per inseguire una passione per il giornalismo nata tra i banchi di scuola come espediente didattico privilegiato per educare i ragazzi, anche in tenera età, all'autonomia di giudizio e al senso critico. Organizza da anni un giornale scolastico che spazia tra gli interessi dei ragazzi agli stimoli circostanti che la realtà propone. Laureata in Lingue è dal 2005 insegnante di scuola primaria per scelta, credendo fortemente nella scuola come veicolo e velivolo formativo di cultura: unica arma per essere vincente in questi tempi così cangianti e difficili. Amante dell’Arte, spazia nei suoi articoli, tra le più svariate tematiche dal sociale alla scuola senza mai perdere di vista la bellezza insita in tutte le cose se la si sa osservare e valutare.