NOTTI DI NOTTE

Incontro con l’autore Antonio Santoro

Venerdì 11 marzo alle ore 18,00 presso la Sala Consiliare di Mercogliano sarà presentato il libro Notti di notte, scritto da Antonio Santoro, per Scuderi Editrice. Il libro è una raccolta di racconti in cui l’autore, medico cardiologo presso l’Unità Operativa Complessa di cardiologia dell’Azienda ospedaliera S. Giuseppe Moscati di Avellino, ha riportato alcuni episodi avvenuti soprattutto durante i turni notturni.

Da qui il titolo Notti di notte.

Prima della presentazione abbiamo realizzato un’intervista con l’autore per i lettori di WWWITALIA.

Essendo una raccolta di storie realmente accadute, il libro è molto vario ed estremamente simpatico. Nella sua simpatia, però, non tralascia quegli aspetti etici fondamentali della professione del medico.

Innanzitutto, devo dire, che arrivata alla terza storia ho controllato se non avessi capito male, in quanto gli episodi narrati mi sembravano più attinenti ad un reparto di neurologia che di cardiologia! Invece, non mi ero sbagliata e ho ben presto compreso che la vita dei medici “operativi”, quelli cioè che scendono in campo ogni giorno in ospedale, sia davvero un palcoscenico da cui poter trarre esempio e ispirazione.

D: Chiedo, quindi, al Dottore se condivide questa mia riflessione e quando ha pensato di mettersi a scrivere.

R: Riguardo l’interpretazione sono d’accordo. In effetti, capita che la realtà superi anche la fantasia. Il medico ha uno spaccato di vissuto dal quale chi non è addetto al mestiere è inevitabilmente escluso.I racconti, in effetti, erano già impressi nella mia mente perché avevo l’abitudine di annotare i caposaldi degli episodi su un quadernino, quando capitavano delle situazioni tragicomiche. Negli anni ’80 ho deciso di selezionarli e di scartare quelli con un epilogo tragico, scegliendo i più emblematici e  ho scritto il libro in occasione del mio pensionamento, lo scorso marzo, per regalarlo a tutti amici del reparto.  È nata, quindi, diversi anni fa l’idea mentre la concretizzazione c’è stata all’inizio del 2015.

D: Immagino che debba essere stato davvero troppo entusiasmante e stimolante scrivere un libro del genere. Quante volte ha sorriso durante la sua stesura?

R: Mi sono divertito moltissimo, ricordando soprattutto i personaggi. Gli episodi ora sembrano solo divertenti ma quando sono avvenuti non è stato così facile. Ero in ospedale da poco,  durante il sisma del 1980 e non potrò mai dimenticare ciò che accadde e forse scrivere gli episodi più simpatici è stato un modo per esorcizzare la tristezza degli episodi drammatici.

D: I racconti sono intervallati da poesie. Le è risultato facile scrivere in versi?

R: Diciamo che più che poesie le definirei intermezzi! Sì, ero molto bravo al liceo classico e le filastrocche che recitavo in reparto erano molto apprezzate!

D: Le poesie sono particolari, quasi tutte in rima e anch’esse rappresentano vita vissuta come la gerarchia del personale, la burocrazia, la necessità di un nuovo presidio ospedaliero. Nello stesso tempo la personalità fa sempre capolino come, ad esempio, in Magnifica ignoranza. Ce ne parla?

R: Magnifica ignoranza mi ha molto divertito e sono convinto che chi crede di sapere tutto sbagli e  molto. La presunzione è inutile. Ho ripetuto per questo anche un pensiero di Aristotele secondo il quale è meglio essere che apparire.

Per questo libro mi sono molto meravigliato del fatto che esso abbia avuto un riscontro positivo anche con i non addetti ai lavori perché sorprende per la semplicità che solo le cose vere hanno. Purtroppo oggi molto è falso, è solo apparenza.

D: Due racconti: Angelo biondo e L’età dei perché riguardano tre bambini e sono pieni di amarezza. Si sente, infatti, tutto il rammarico del medico di fronte all’impotenza nel migliorare le condizioni del giovane paziente. Ci si sente tanto sconfitti in queste situazioni? Vorrei sapere se ha mai cercato l’angelo biondo…

R: Forse non è proprio sentirsi sconfitti ma è affrontare qualcosa che non ci si aspetta, perché non puoi mi accettare che un bambino muoia. Erano casi molto tristi, drammatici. Non ho cercato Angelo biondo, perché era impossibile recuperarla in quanto nei giorni del terremoto, l’urgenza era curare. Non esistevano le cartelle cliniche ma solo emergenza e confusione. Non conosco neanche il suo nome, che non volle dirmi, e è impossibile rintracciarla. È stato angosciante, davvero angosciante.

D: I racconti sono ironici per la maggior parte ma, come dicevo inizialmente, si riscontrano aspetti fondamentali per la professione del medico.

Ad esempio ho notato la sottolineatura, da parte sua, dell’umanità, della premura e della capacità di saper affrontare l’aspetto psicologico del paziente: il panico, il nervosismo, l’immaginazione.

Inoltre nelle sue considerazioni finali lei getta una lancia  a favore dei medici scrivendo che spesso i pazienti dimenticano che anche i medici sono esseri umani. Penso che, soprattutto in medicina, la professionalità dell’operatore non riesca a distaccarsi dalla personalità.

A volte i medici dovrebbero essere più gentili e i pazienti più tolleranti?

Quanto conta l’aspetto relazionale?

Il caso, ad esempio, de La Mercedes Benz è emblematico di come “esperienza” significhi anche rapporto umano con il paziente, non solo competenza.

R: Al Congresso Nazionale a Roma tenutosi ad ottobre 2015, è stato ribadito che il medico dedica solo 20” al racconto del paziente e utilizza 15-20’  per compilare le formalità burocratiche. Mentre è stato dimostrato che il rapporto medico-paziente migliora l’efficacia della terapia. Oggi non si ascolta il paziente e non lo si visita, si prescrivono e si guardano solo gli esami.

 Ricordo che una volta ci fu un paziente che arrivò in ospedale  in fin di vita, fu più volte defibrillato da me e il tutto avvenne davanti al paziente del letto accanto. Due giorni dopo l’uomo era davanti alla porta ad aspettarmi per ringraziarmi perché il suo vicino gli aveva raccontato ciò che avevo fatto per salvargli la vita. Molte volte anche i pazienti non sono riconoscenti, sembra tutto scontato, tutto dovuto.

Per il medico è vero che salvare una vita è un successo ma la gratificazione è importante allo stesso modo della delusione. Sono fondamentali l’impegno e la dedizione.

D: Mi ha molto colpito il fatto che prima di andarsene, dopo aver terminato il suo turno, lei andasse spesso a visitare i pazienti che aveva soccorso di notte. Sa che non tutti i medici lo fanno?

R: Credo che la colpa sia da attribuire alla corsa, alla vita frenetica che magari costringe a intensificare più la professionalità che il rapporto umano.

D: Le illustrazioni di Re Felice interpretano i racconti. Sono state disegnate proprio per il libro?

R: Si, sono delle tempere originali, bellissime, che rappresentano la sua interpretazione dei racconti.

D: La sua professione di medico le ha dato soddisfazione? Farebbe di nuovo tale scelta?

R: Sicuramente farei la stessa scelta, mio padre era medico ma non mi influenzò. Rifarei tutto anche se sono cambiate molte cose, la gente, la società, i modi di vivere.

È stato per me un vero piacere conoscere il Dott. Antonio Santoro e lo ringrazio per la simpatia dei suoi racconti: storie vissute di dedizione e serietà.

Maria Paola Battista

 

@riproduzioneriservataWWWITALIA

 

 

 

 

 

 

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