RECENSIONE BEASTS OF NO NATION (no spoiler)

In un paese imprecisato dell’Africa occidentale, l’esistenza di Agu, un bambino che vive con la famiglia in un villaggio, viene scombussolata dallo scoppio di una sanguinosa guerra civile e dall’incontro con il battaglione del comandante dei ribelli, il Comandant, uomo brutale e senza scrupoli. Queste sono le premesse di “Beasts of No Nation”, capolavoro sulla guerra ricco di citazioni e spunti di riflessione confezionato da Cary Fukunaga.

 

 

A dirigere il film è, dunque, il regista nippo-svedese, famoso principalmente per la magistrale ed impeccabile regia della prima stagione di True Detective, che si era innamorato della storia dopo aver letto l’omonimo romanzo di Uzodinma Iweala. Netflix, il servizio di video on demand sbarcato da poco anche in Italia, ha subito fiutato l’affare, curandone sia la produzione che la distribuzione.

Come già anticipato prima, il protagonista della vicenda è Agu, un bambino che, dopo drammatiche e traumatiche vicissitudini, si ritrova da solo in un paese sconvolto dalla guerra civile. Il ragazzo si imbatterà, così, nel battaglione guidato dal Comandant, capo delle truppe dei ribelli della NDF (Native Defense Force), che lo arruola tra i suoi uomini e lo sottopone ad una serie di prove cruente, tra cui quella di uccidere un uomo disarmato con un machete. Agu, diventato così un bambino soldato, si lascia l’infanzia alle spalle e conosce il dolore, la droga, gli orrori di una guerra in cui non ci sono buoni o cattivi.

Agu è interpretato dal giovanissimo Abraham Attah, alla sua prima esperienza cinematografica. Il ragazzo è abilissimo e bravissimo a prendersi sulle spalle il peso del film, a rendere alla perfezione le insicurezze e le paure di un bambino trovatosi da un giorno all’altro senza famiglia e costretto ad uccidere per sopravvivere. L’altra figura che emerge nel film oltre al protagonista è il Comandant, interpretato da un perfetto Idris Elba (The Wire, Luther). L’attore britannico veste magistralmente i panni di un comandante senza scrupoli, che approfitta delle menti stancate dalla guerra dei suoi soldati e li manipola, portandoli a rischiare la loro vita per lui. Il Comandant prende sotto la sua ala protettiva Agu, a cui insegnerà l’arte della guerra, delle stragi e una visione della vita che si risolve in una semplice dicotomia tra “leader” e “seguaci”.

Eccellente è soprattutto la regia di Fukunaga, che all’interno del film colloca sapientemente una serie di citazioni di film di guerra, da “Full Metal Jacket” al visionario “Apocalypse Now” (in particolare per la delirante scena della marcia compiuta nell’erba alta da Agu sotto l’effetto della droga). Queste citazioni non sono messe a caso all’interno della pellicola ma sono legate l’una all’altra, realizzando un insieme incredibilmente piacevole a vedersi. L’occhio del regista è lontano dalle vicende narrate, acquisendo alle volte un piglio quasi “documentaristico”, che si tiene a distanza dai personaggi pur descrivendone alla perfezione gli stati d’animo, mantenendosi ben alla larga dalle parti in guerra.

Francesco Medugno

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