Anita e Nora, due donne in fuga da Wagna a Trieste. La recensione di Carmine Leo

“Anita e Nora due donne in fuga da Wagna a Trieste”, della storica Gaetana Aufiero, è un romanzo che propone al lettore un mondo polimorfo e variegato di luci, colori, immagini, figure che dal neorealismo, passando per il verismo, sfocia nel realismo. È Neorealistico, quando descrive intensamente vicende quotidiane e i contesti storici, con una luce soffusa, ma sempre ferma nel denunciare socialmente e politicamente gli avvenimenti bellici e razzisti che nella prima metà del’900 hanno insanguinato il mondo. E, ancora, quando sceglie i protagonisti, gente comune, che s’interfacciano con dignitari, potenti e carnefici restando sempre fedeli ai propri valori umani, morali e religiosi, anche quando la realtà attorno a loro è pregnante di dolore, di distruzione e di morte. L’excursus narrativo è oggettivamente realistico e racconta, con pathos, il travaglio, la ribellione dell’essere umano, quando questi si sente discriminato, oppresso, derubato della propria dignità, della propria libertà e della vita.  E, allora, dalle storie individuali dei personaggi emergono vissuti ricchi di sentimenti: amore, odio, tenerezza, patriottismo, ribellione appartenenza, identità, accoglienza, inclusione. E tutti i personaggi sono così verosimili che non si distinguono i reali da quelli inventati con maestria dall’autrice. L’intreccio della trama è snello e lineare rendendo, così, la lettura più avvincente e più attrattiva, con la voglia di arrivare presto fino in fondo. 

Gaetana Aufiero, alla sua prima esperienza da romanziera, con “Anita e Nora, due donne in fuga da Wagna a Trieste”, dimostra di essere una scrittrice colta, creativa ed elegante. La scorrevolezza del rigo, la musicalità del fraseggio, l’eleganza della costruzione sintattica, la prosa poetica sono tutti elementi che esplodono mano a mano che, leggendo, ci si lascia trasportare da quelle onde del mare che bagna l’amata Trieste, Capodistria e la penisola Istriana. Anche la scelta tematica di raccontare la storia di due donne è altrettanto significativa.

L’autrice non ha voluto raccontare la guerra negli aspetti più brutali, la lascia come sfondo del suo quadro pittorico, ben supportato dalle molte introduzioni storico- documentali, ma analizza i sentimenti e le risposte dei personaggi agli eventi diretti e indiretti delle guerre. Analizza i sentimenti materni di Anita e di Nora, quelli filiali di Mara e di Attilio, di Marija frutto di un stupro di un soldato austroungarico, che Nora, coraggiosamente, ha voluto tenere per amore. Narra il vibrare delle corde di un violino, suonato da un bambino, che fa vibrare i cuori di tanti bimbi detenuti, degli adulti e persino dei carcerieri. È quella musica, il pezzo musicale “Per Anita” che abbatterà l’odio e ricondurrà tutti al “doloroso vivere”, costruendo quei ponti di condivisione, di solidarietà e di fratellanza per rigettare la logica della guerra e abbracciare un mondo colorato. Nel romanzo serpeggia, ancora, una componente del verismo verghiano. Da un mare ad un altro, si potrebbe dire. Risalta l’attaccamento di Anita e di Nora per la loro “roba”: la casa di Trieste di Anita, il pianoforte, la casa al mare, i cimeli del teatro, il Caffè Ricciotti Garibaldi, il Caffè degli intellettuali, il violino e per Nora la casa della nonna, che la vezzeggiava, le sue erbe, il pozzo, il podere, ma soprattutto Marija sua figlia.

Saranno proprio le case e il Caffè l’inizio di una nuova vita, di una nuova famiglia che si ricostituirà con il ritorno di Attilio e di Marija dai campi di battaglia. La scomparsa di Anita, prima e di Alessio, dopo, fanno nascere un maggior afflato tra i componenti della nuova famiglia; Mara ha dismesso i veti di razza e di condizione sociale nei confronti di Nora e di Marija, accettandole rispettivamente come sorella – cognata e nipote. Attilio ha compreso la grandezza d’animo di Nora e se n’è innamorato, sposandola e assumendosi l’onere della paternità di Marija. Nora ha ritrovato la famiglia di Anita e ora ne fa parte e Marija ha trovato un padre e una nuova famiglia, dove, annullate le diversità di rango, di razza, di appartenenza, si praticano valori come la fratellanza, la condivisione, la solidarietà, la pace e l’amore. Un romanzo intriso di realismo romantico e di verismo da cui emerge l’umanità che in tutti gli uomini è indistruttibile. 

Anita e Nora sono donne forti che hanno saputo superare la solitudine e la disperazione con la fede nei valori reali della vita, hanno vissuto con dignità alla loro esistenza.

Un esempio di vita, di valori vissuti che, contestualizzandoli nell’oggi, tanti giovani e meno giovani del terzo millennio, che non hanno vissuto quegli orrori, devono sempre rammentare e tramandare.

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About Carmine Leo

Dopo gli studi filosofici e teologici a Roma, è stato docente di religione in diversi Istituti superiori di Napoli e provincia. Giornalista pubblicista, ha pubblicato alcuni libri ed è socio fondatore dell'Associazione Nazionale Operatori della Comunicazione ANOC, con la quale promulga negli istituti scolastici di ogni ordine e grado tecniche e lingueggi della comunicazione, tra cui il giornalismo quale mezzo didattico cognitivo. Dirige Lo Squillo, giornale scolastico pluripremiato.