Partita la campagna archeologica al Castello di Monteforte. Tomeo: «Dopo gli scavi la ristrutturazione»

Una storia affascinante quella che avvolge il Castello di Monteforte Irpino (AV). Posizionato in un luogo strategico per il passaggio dalla Campania Felix, oggi Terra di Lavoro, e la verde Irpinia, sulla strada che conduceva e conduce nel granaio d’Italia, la Puglia, il Castrum vide momenti di gloria in un passato lontano e nel periodo normanno visse il suo massimo splendore. Oggi si tratta di ruderi aggrediti dal tempo e avvolti dalla vegetazione, divenuti instabili, pericolanti e quindi inaccessibili ai visitatori.
L’Amministrazione comunale guidata da Costantino Giordano sembra però aver imboccato la strada giusta, grazie all’impegno dell’assessore all’urbanistica e riqualificazione urbana Carmine Tomeo e all’ottenimento di un finanziamento pubblico di 800.000 euro, utile a iniziare a porre fine a questo degrado. Ne ho parlato con Tomeo per capire quali sono i progetti sul Castello.
«Grazie al finanziamento che abbiamo ottenuto per la riqualificazione dell’area – mi ha spiegato – saremo in grado finalmente di mettere in sicurezza l’area occidentale, quella della Torre Angioina, per capirci, creando anche un percorso di visita, accessibile anche ai disabili, per rendere questo luogo fruibile ai visitatori, aprendolo anche all’esecuzione pubblica di concerti tra le mura, per qualificare l’area come un’area a vocazione culturale. Per farlo, abbiamo preso contatto con l’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli e abbiamo fatto eseguire dei rilievi, abbiamo poi mostrato loro il sito ed è nata una collaborazione che permetterà di studiare la storia di questo castello e di scoprirne i misteri.»
Sono entrata nel Castello, il cui accesso è stato impedito da anni da un cancello chiuso, e mi sono ritrovata davanti la storia. Vedere gli studenti chini nel sito, intenti a lavorare in quel luogo abbandonato e dimenticato, per ritrovare tra la terra e le pietre sconnesse di mura desolate una traccia di vita, mi entusiasma. Sarà il contagio della gioia che questi giovani mostrano nella ricerca o saranno queste mura che continuano a parlare di una storia misteriosa ed avvincente.

L’archeologa Alessia Frisetti e l’assessore Carmine Tomeo
Ho incontrato anche la dottoressa Alessia Frisetti, archeologa medievista dell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, membro del L.A.T.E.M., Laboratorio archeologia arte antica e medievale dell’Università e responsabile dello scavo al Castello di Monteforte che, con un sorriso radioso, ha risposto alle mie domande in una mattina particolarmente soleggiata e ventosa.
Dottoressa, com’è nata quest’avventura tra le mura del Castello?
Un anno fa, più o meno, il comune di Monteforte si rivolse all’Università Suon Orsola Benincasa per un rilievo in 3D e una relazione archeologica relativa al sito da includere nell’esecutivo del progetto di restauro e riqualificazione dell’area. Da questo è nata una convenzione che è stata stipulata, senza scopo di lucro, tra il Comune e l’Università, che include percorsi a favore degli studenti, che possono così utilizzare la pratica sul campo per i loro crediti formativi.
Un’ottima occasione che va a tutto vantaggio degli studenti, certamente, ma anche del paese che potrà vedere valorizzato un sito storico finora poco conosciuto e studiato, ma che nasconde certamente dei segreti da scoprire. Chi sono i ragazzi che partecipano agli scavi?
Sono ragazzi in corso di laurea presso il nostro ateneo, ma nel secondo turno – ogni turno di scavo dura due settimane – si aggiungeranno alcuni ragazzi provenienti da Roma 3. Termineremo lo scavo il prossimo 25 ottobre.
Cosa si aspetta di trovare in questo sito?
Beh, siamo appena all’inizio e stiamo lavorando nell’area Sud del Castello, dove già sta emergendo un ambiente con delle nicchie di cui dobbiamo capire la funzione, ma è certo che il soffitto ha subito un crollo e la copertura presenta interessanti elementi da studiare. Grazie all’accoglienza del Comune, che si è fatto carico dell’alloggio degli studenti, abbiamo anche a disposizione un ambiente per lo studio degli elementi ritrovati. È troppo presto per dare informazioni ma anche nell’area della Torre, la zona Ovest, alcune evidenze murarie lasciano pensare all’esistenza di ambienti detentivi ma, come le dicevo, sono solo ipotesi e non voglio anticipare in alcun modo risultati che non abbiamo. Mi aspetterei comunque di trovare quelle evidenze delle fasi più antiche dell’edificazione del Castello e di scoprire la funzione dei diversi ambienti.
Ma, secondo lei, i longobardi quanto hanno pesato nell’edificazione del castello?
I longobardi, almeno nelle nostre zone, parlo della Campania in particolare, non costruivano opere murarie come quella di cui oggi vede i resti. Erano piuttosto insediamenti in forma di villaggi e difficilmente possiamo attribuire a loro la costruzione di opere murarie di questo tipo. Lo dice la letteratura e gli scavi che ho condotto in altre zone lo confermano. A Monteforte dobbiamo ancora vedere però come si manifestò la presenza longobarda. Certamente la fase normanna è più importante in questo castello. Ma non so se in cosi poco tempo potremo dare delle vere risposte. Confido però nei sondaggi che saranno realizzati per la realizzazione del progetto di recupero della Torre angioina.
La ringrazio e auguro buon lavoro a lei e ai suoi ragazzi. Ci aggiorneremo alla fine degli scavi.
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