Ricordi

Un altro appuntamento con la rubrica SCRABBLE. Collezione di parole ci farà approfondire il significato di una parola, attraverso la letteratura.

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Esiste un angolo, in ognuno di noi, in cui vengono custoditi i nostri ricordi, con il loro carico di emozioni. Immagini, profumi, suoni e persone che non appartengono più al momento presente, ma il cui segno resterà sempre dentro di noi, sussurrandoci chi siamo stati, chi siamo diventati, da dove veniamo e, chissà, dove vorremmo andare. Dando il benvenuto al nuovo anno, brindiamo anche a ciò che è stato e navighiamo in una nuova parola dal sapore unico e personale: ricordi.  

Il ricordo è il segno che una vicenda, un’esperienza, una persona ha lasciato nella nostra coscienza e che viene riportato alla mente grazie alla memoria. Ma dove vengono impressi questi segni? Dove si cela questo luogo, scrigno dei nostri attimi? Per gli antichi romani, la sede della memoria era il nostro cuore. In latino il termine ricordare, recŏrdari, deriva, infatti, da re-cordis ovvero ‘fare ritorno al cuore’. Lì, nel nostro angolo più intimo e prezioso, attraverso il ricordo, rivive in modo autentico, unico e irripetibile tutto ciò che non c’è più.

I romani avevano individuato altri due luoghi della memoria: l’orecchio, che deve essere libero di accogliere, e la scrittura che rende indelebili e intramontabili le storie. À la recherche du temps perdu, capolavoro di Marcel Proust, vede tra i suoi temi portanti proprio la memoria, quella di un’epoca, dei luoghi, di un tempo ormai svanito che continua, però, a vivere nei ricordi, che, indomiti e incontrollati, portano a galla emozioni che credevamo aver perduto per sempre.
Cornici della nostra vita, malinconici, gioiosi, frustranti, i ricordi possono trasformarsi in un’arma dolorosa quando non controllati, quando, legati a momenti che vorremmo poter cancellare, ci sopraffanno. Così, l’incapacità di dimenticare il dolore subito trasforma i ricordi di Heathcliff, protagonista del celebre romanzo di Emily Brontë Wuthering Heights, in ossessione, desiderio di vendetta.    
I ricordi possono rappresentare una potentissima arma per ognuno di noi, in grado di trascendere il personale e diventare memoria collettiva, testimonianza storica, esortazione per l’umanità a non dimenticare il passato, a migliorare, se si è disposti a imparare da esso. Ne è un esempio prezioso Il Diario di Anna Frank.

I ricordi, per Raffaele Della Fera, autore di Quando torna il silenzio (Edizioni Il Papavero) “ti si cuciono addosso come una seconda pelle […] determinano le tue scelte […] costruiscono la tua vita.” e tornano nel silenzio, sussurrandoti tutto quello che ti hanno dato e tutto quello che ti hanno tolto. I ricordi, così come il silenzio, co-protagonista del suo libro, bisogna avere il coraggio di ascoltarli, di analizzarli e comprenderli.

Nei racconti che compongono l’opera di Raffaele Della Fera c’è il vissuto di Michele, archetipo della società moderna, alle prese con le giornate frenetiche, come a recitare ogni giorno lo stesso copione, immerso nelle contraddizioni della vita e preda del potere. Michele, però, è anche colui che trova il coraggio di cambiare, di contrapporsi alla grande macchina che è la società, ponendosi in ascolto del silenzio.                                     
La memoria diventa come un puzzle da comporre per interrogarsi sulla strada intrapresa e quella da intraprendere, per aprire finalmente gli occhi e ripartire, ricostruire. Con i ricordi di Michele, Raffaele Della Fera ci consegna tra le mani un prezioso invito a fermarsi e cambiare la rotta, contro tutto e tutti, per recuperare la propria libertà, i valori di un tempo e le bellezze autentiche della vita.

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About Martina Bruno

Martina Bruno, laureata in Lingue e Letterature Moderne, classe 1996, fermamente convinta che la comunicazione e la cultura, in tutte le sue sfaccettature, siano elementi fondamentali per entrare in relazione con gli altri e con il mondo. Non posso smettere di essere curiosa e osservare, c’è troppo da scoprire, assaporare e raccontare.