Samar

Un altro appuntamento con la rubrica SCRABBLE. Collezione di parole ci farà approfondire il significato di una parola, attraverso la letteratura.

————————————————————————-

Ogni lingua porta con sé una peculiare concezione del mondo, quel modo naturale di ogni cultura di suddividere ciò che ci circonda in categorie. Dai modi di vedere e percepire la realtà nascono gli intraducibili: non solo parole che non trovano un corrispettivo preciso e perfetto in un’altra lingua, ma scrigni potentissimi di identità culturale. In questo nuovo appuntamento ne aggiungiamo uno alla nostra collezione di parole: samar.

Samar è un sostantivo arabo, sensuale, profondo e ricco di significato e sfumature. Non posso offrirvi una traduzione diretta, per mezzo di un altro sostantivo, ma posso provare a consegnarvi il mondo che svela. Il termine può essere utilizzato in diverse accezioni, ma il suo uso più comune, e quello su cui mi soffermerò, indica la “veglia prolungata fino a tardi, molto dopo il calar del sole, nell’incanto del racconto, in una danza ininterrotta di parole”[1].         
Il termine è come un tuffo nel passato, quando il racconto era uno scambio, il mezzo per poter tramandare la propria storia, la propria identità, la propria cultura. Poi la notte, l’intimità, la componente emotiva, l’incontro, l’aprire il proprio cuore all’altro ed esprimere attraverso il racconto tutto ciò che non si ha il coraggio di dire alla luce del sole.

L’intraducibilità del termine e le sue sfumature mi riportano al mondo della poesia, quella sussurrata, quella decantata, quella urlata; un linguaggio ogni volta unico, potente e delicato che riesce a dar forma al proprio mondo interiore, quello che sarebbe impossibile raccontare altrimenti. Così, come il samar arabo, la poesia è schiudersi attraverso la parola, invitare chi legge e chi ascolta nella propria intimità, in modo istintivo ed evocativo. Il mezzo poetico permette a Jacques Prévert (Le jardin) di compiere un’impresa impossibile e raccontare in tutta la sua potenza ciò che neanche migliaia d’anni permetterebbero di dire: il secondo di eternità di un bacio.          
Quando il sole cede il passo alla luna, il silenzio avvolge il mondo, le difese vengono abbassate, ci si ritrova simili nella melodia delle parole; privi di certezze, risposte o spiegazioni, come in Non chiederci la parola, di Eugenio Montale, o soli e inermi davanti la brevità dell’esistenza, come ha raccontato, in modo ermetico, ma d’impatto, Salvatore Quasimodo (Ed è subito sera).

Anche Max Della Porta ci invita nella sua personale “danza ininterrotta di parole”, offrendo ai lettori, dopo vent’anni di produzione, trentuno delle sue poesie raccolte inGli orizzonti sono coincidenze (Edizioni Il Papavero, 2022). L’autore cela nei suoi versi la sua anima, quella di un uomo che ha compreso che la poesia non è una fotografia ma un’interpretazione della realtà, la sua realtà, in cui tempo, memoria e destino sono pilastri fondamentali.

Deve esserci un momento preciso
un istante esatto
in cui le strade diventano scelte
e il cammino si tinge di destino

Attraverso la poesia, come spiega nella prefazione Francesco Ferracuti, Max Della Porta si addentra in quel luogo, la memoria, che custodisce i sentimenti; un luogo in cui parole, immagini e legami si mescolano, “tutt’altro che limpido”, ma accogliente, come casa, come samar.


[1] Ella Frances Sanders, Lost in Translation, Marco y Marcos, 2015.

Print Friendly, PDF & Email

About Martina Bruno

Martina Bruno, laureata in Lingue e Letterature Moderne, classe 1996, fermamente convinta che la comunicazione e la cultura, in tutte le sue sfaccettature, siano elementi fondamentali per entrare in relazione con gli altri e con il mondo. Non posso smettere di essere curiosa e osservare, c’è troppo da scoprire, assaporare e raccontare.